Piscina esterna abusiva: quando è una ristrutturazione edilizia e serve il permesso di costruire
La realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d), del Testo Unico Edilizia, nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio.
Quando una piscina interrata si qualifica come ristrutturazione edilizia realizzabile solamente previa richiesta (e ottenimento) del permesso di costruire? Quando, cioè, si 'scavalca' e non di poco la configurazione di pertinenzialità?
Risponde a queste domande il TAR Campania con la sentenza 1995/2024 del 25 marzo, che ha confermato l'ordinanza comunale per la demolizione delle opere abusive consistenti nella realizzazione di una piscina con i conseguenti volumi interrati, in difetto di titolo edilizio.
Piscina pertinenziale? Ecco quando
In primis, il TAR evidenzia che non si rinvengono ragioni per deflettere dall'orientamento già assunto in sede cautelare, per cui la “la realizzazione di un piscina non può essere intesa sotto il profilo urbanistico-edilizio come pertinenza dando luogo a una durevole trasformazione del territorio (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. III 3 febbraio 2020, n. 483) e non è stato fornito neppure un principio di prova che la struttura fosse preesistente e che quindi sia stato eseguito un intervento di manutenzione o di restauro e risanamento conservativo di strutture già esistenti”.
Di nessuna pertinenza - rientrante nell'alveo dell'art. 6 del dpr 380/2001 che enuclea gli interventi che costituiscono la c.d. “attività edilizia libera” e tra di essi, alla lettera e), “gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici”- si tratta nel caso di specie.
Il TAR, infatti, esamina la questione se la piscina costruita dalla parte ricorrente possa essere considerata un elemento di arredo "pertinenziale" all'edificio principale, il che potrebbe influire sulla sua inclusione nell'ambito dell'edilizia libera.
Per valutare questo aspetto, viene richiamato il concetto di pertinenza, con particolare riferimento alla sua interpretazione nel contesto urbanistico.
In base alla giurisprudenza consolidata, si nota che l'interpretazione civilistica del concetto di pertinenza è più ampia rispetto a quella applicata nell'ambito urbanistico-edilizio ma viene evidenziato che, ai fini dell'edilizia, un manufatto può essere considerato una pertinenza solo se è strettamente legato all'edificio principale, senza avere un valore di mercato autonomo e senza aggiungere un carico urbanistico significativo.
Piscina pertinenziale e Testo Unico Edilizia: quando basta la SCIA? I requisiti
Vanno qualificate come pertinenze urbanistiche ex art. 3, comma 1, lett. e.6), del Testo Unico Edilizia le piscine di piccole dimensioni, destinate ad esclusivo servizio del fabbricato principale, in quanto, non essendo suscettibili di un autonomo uso e/o sfruttamento, non aumentano il carico urbanistico.
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Piscina nell'area adiacente all'abitazione: quando non può essere pertinenziale
La realizzazione di una piscina nell'area adiacente all'abitazione, quindi, non sempre rientra nella categoria di pertinenza urbanistica, poiché può svolgere una funzione autonoma rispetto all'edificio principale, influenzando l'assetto edilizio preesistente e aumentando il carico urbanistico.
Pertanto, tali interventi potrebbero richiedere un permesso di costruire separato.
Il 'nostro' caso: questa piscina è una ristrutturazione edilizia vera e propria
Con specifico riguardo alla fattispecie della piscina, il TAR ha ancora di recente chiarito (TAR Campania, VI, 7 gennaio 2022, n. 105) che “in particolare, quanto alla piscina, non appare ultroneo specificare che, secondo condivisa giurisprudenza:
- a) "tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra di essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede" (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, VII, n. 3358/2018);
- b) pertanto, “la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3 comma 1 lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 14/11/2011, n. 5316)”.
In definitiva, l'opera abusiva contestata nel caso di specie - lungi dal costituire una mera pertinenza urbanistica - rientra certamente nella categoria della ristrutturazione edilizia, tenuto conto della sua autonoma funzionalità, nonché del suo autonomo valore di mercato e della sua intrinseca attitudine a trasformare in modo durevole il territorio.
Né può rilevare l'allegazione di parte ricorrente circa la mera “risistemazione” di manufatti preesistenti.
Serviva, quindi, il permesso di costruire che, non essendo stato ne richiesto ne ottenuto, fa 'scattare' l'abuso edilizio e la conseguente ordinanza di demolizione.
Piscina a servizio degli ospiti: ristrutturazione edilizia o nuova costruzione? Le discriminanti
Se una piscina è di grandi dimensioni e incide in maniera tendenzialmente durevole sull'intorno urbanistico di riferimento, rientra tra gli interventi di nuova costruzione assentibili con permesso di costruire.
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