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Edifici in c.a. a bassa danneggiabilità in zona sismica: il metodo dello Strength Ductility Design

Descrizione del metodo "strength ductility design" ossia della progettazione per resistenza e duttilità delle strutture in cemento armato in zona sismica, evidenziandone le fasi della procedura, le caratteristiche e i vantaggi.

Nel presente articolo viene descritto un metodo o procedura di progettazione di strutture in cemento armato in zona sismica denominato “strength ductility design – c.a.”, che fa seguito ad analogo metodo trattato per la progettazione di strutture in acciaio in zona sismica.

Il metodo dello strength ductility design, sebbene faccia ricorso nell’analisi teorica alla sola resistenza tiene conto anche della duttilità a livello deduttivo, secondo una progettazione consapevole e controllata delle strutture che segue varie fasi e non solo la modellazione strutturale, che riguardano anche la progettazione a regola d’arte, le prescrizioni costruttive e il controllo di esecuzione, e che conducono alla definizione di tre classi di rischio sismico per gli edifici (CRS/A-CRS/2A-CRS/3A) maggiormente performanti dal punto di vista antisismico rispetto all’attuale normativa.

  

Figura 1 – Fasi strength ductility design e classi di rischio sismico
Figura 1 – Fasi strength ductility design e classi di rischio sismico (@V. Nunziata)

  

L’obiettivo del metodo, come per le strutture in acciaio, è quello di indicare una regola di progettazione che attraverso un percorso diviso in fasi conduca alla fine alla progettazione esecutiva di un edificio in c.a. in zona sismica maggiormente performante (più resistente, ma anche duttile) rispetto a quanto previsto dalla norma NTC 2018, e quindi in grado di far fronte a terremoti di intensità superiore a parità di condizioni iniziali (sito, spettro di risposta, architettonico, ecc.).

Nella trattazione si seguirà la stessa procedura e le stesse fasi, opportunamente adattate, che hanno già condotto a livello universitario alla progettazione esecutiva di edifici civili in acciaio in zone altamente sismiche con un grado di sicurezza sismica perlomeno 3-4 volte superiore alla procedura favorita dalle NTC 2018, la quale si riduce in sostanza all’applicazione dei principi della gerarchia delle resistenze.

Attraverso le fasi previste dal metodo sono trattati principi di natura generale che caratterizzano la corretta progettazione ed esecuzione di strutture in c.a.: dalla composizione della miscela cementizia con le varie componenti, all’esecuzione in cantiere a regola d’arte, ai controlli di esecuzione e normativi, alla modellazione strutturale, agli elaborati esecutivi.

 

Il metodo "Strength Ductility Design (SDD)"

Secondo il metodo di progettazione per resistenza e duttilità (o strength ductility design), in zona sismica: “le strutture presenteranno un comportamento elastico-resistente per il terremoto di progetto (spettro elastico, q≤1,5) con verifica della duttilità a livello deduttivo secondo una progettazione consapevole e controllata”.

Si vuole evidenziare il concetto di “progettazione consapevole e controllata”. In base agli attuali criteri di progettazione lo strutturista nello svolgimento della sua attività professionale deve obbligatoriamente per legge far riferimento, oltre alla scienza e coscienza, ad una serie di normative ed in particolare alle attuali NTC 2018, basate in particolare su procedure di verifica di tipo empirico che tentano di interpretare risultati sperimentali e teorici proposti da vari studiosi.

Giacchè la realtà è molto più complessa dei modelli che cercano di interpretarla, chiaramente tutte le normative per essere applicate devono approssimare oltre la realtà stessa anche i risultati sperimentali e teorici ottenuti secondo delle formulazioni che a volte risultano differenti per lo stesso argomento in base alla normativa di riferimento ed anche in base alla filosofia di progettazione del tecnico legislatore che sta dietro alla norma.

Per questo motivo alcune formulazioni riportate nella norma non sono facilmente comprensibili e molte volte non trovano nemmeno un adeguato riscontro nella realtà, in special modo per quel che riguarda l’effetto del terremoto sulle strutture in c.a., argomento di cui ci stiamo occupando.

Ci si trova spesso ad applicare procedure di progettazione e criteri di verifica che oltre che di difficile applicazione nella pratica, si pensi al passo delle staffe nei nodi, risultano incomprensibili perché nella norma, come è giusto che sia, è riportato solo il risultato finale che avrebbe bisogno però quale supporto alle procedure indicate di una adeguata bibliografia consolidata sull’argomento, che molte volte non esiste.

Pertanto dato le difficoltà applicative e cognitive sulle procedure di verifica riportate nella norma, il progettista strutturale è costretto per non incorrere in eventuali guai giudiziari sull’inosservanza o errata interpretazione della norma ad affidarsi supinamente a dei software di calcolo che garantiscono perlomeno nella brochure pubblicitaria dell’osservanza della norma stessa, sapendo bene che alla fine per eventuali problematiche, figura 2, sarà sempre il progettista strutturale a dover rispondere del proprio operato e non la casa software che ha venduto il prodotto o al limite la norma per eventuali mancanze o errori.

  

Figura 2 – Il progettista strutturale
Figura 2 – Il progettista strutturale (@V. Nunziata)

  

Per questo motivo uno degli obiettivi principali del metodo dello strength ductility design è proprio quello di rendere il progettista strutturale maggiormente consapevole delle procedure di modellazione e verifica strutturale e in grado di controllare con semplici passaggi i risultati del calcolo; il progettista strutturale ritorna ad essere, come in passato, il dominus di quello che lui stesso ha ideato e verificato.

Per far questo dovrà fare affidamento su delle procedure semplificate di calcolo e verifica delle strutture che sebbene osteggiate dalla normativa vigente non sono vietate e quindi applicabili “a norma” di legge.

Per una corretta progettazione strutturale, in particolare in zona sismica, bisognerà seguire delle fasi successive il cui rispetto nei punti significativi condurrà in conclusione alla realizzazione di una struttura caratterizzata da una Classe di Rischio Sismico (CRS) più o meno performante.

Le classi di rischio sismico previste sono tre, con livello di sicurezza crescente: CRS/A – CRS/2A – CRS/3A, come di seguito definite.

Le fasi previste con le relative sottofasi che verranno analizzate ed a cui verrà assegnato un indice sismico IS variabile da 1,0 a 1,5 in base a dei criteri di progettazione in zona simica meno o più performanti, la cui somma condurrà alla definizione della classe di rischio sismico, sono le seguenti:

 

  

Le fasi indicate oltre che facilmente memorizzabili fanno parte già parzialmente del bagaglio culturale del progettista strutturale e vogliono essere una regola da osservare il più possibile duratura nel tempo.

Per esigenze tipografiche dovute alla dimensione dell’articolo, verranno trattate in maniera molto sintetica le fasi previste per lo strength ductility design - c.a. (SDD – c.a.); per chi volesse approfondire l’argomento può consultare il testo: “Strutture in c.a. – guida ad una progettazione consapevole e controllata in zona sismica”; V. Nunziata – 1^ Ed., 2021 - Dario Flaccovio Editore.

  

Criteri generali di progettazione

La progettazione strutturale a regola d’arte dovrebbe tener conto di almeno quattro caratteristiche principali che la struttura dovrà possedere, massimizzandone le efficienze, ovvero:

  • qualità dei materiali
  • forma
  • sovradimensionamento
  • regolarità e semplicità strutturale

La conoscenza dei materiali e dei criteri di progettazione “a regola d’arte” è fondamentale nella progettazione di strutture in c.a., forse anche di più delle strutture in acciaio.

Oggigiorno assistiamo sempre più sgomenti al deterioramento precoce e addirittura al crollo di strutture in c.a. realizzate negli ultimi 50-60 anni (quasi nuove per i tempi del costruito) anche di una certa importanza (ponti e viadotti) che magari all’epoca di costruzione erano state progettate secondo i requisiti richiesti dalla norma.

  

La Durabilità

La durabilità di una struttura in c.a. è un’esigenza sempre più sentita, anche perché stiamo assistendo negli ultimi tempi a crolli di strutture in c.a. dovuti principalmente al precoce invecchiamento del materiale con una concomitante scarsa manutenzione.

Non dobbiamo mai dimenticare che il calcestruzzo è una miscela di vari materiali: naturali (sabbia, pietrisco, acqua) e non naturali (cemento, acciaio, additivi, ecc.) e per una legge di natura ogni materiale non naturale, ovvero prodotto dalla natura stessa, tende a ritornare alla sua forma originale; processo che può durare millenni o poche decine di anni in funzione del tipo di miscela, del grado di aggressività dell’ambiente circostante, della protezione o manutenzione operata dall’uomo.

Diciamo subito che il problema principale delle strutture in c.a. sono le armature in acciaio con la loro tendenza ad arrugginirsi e tornare alla forma naturale di ferro con tutti i problemi conseguenti a tale fenomeno per la struttura, come avremo modo di approfondire di seguito. Chiaramente anche la qualità della miscela cementizia con la relativa resistenza e compattezza influisce sulla durata ma diciamo in via subordinata alla prima causa che è la ruggine, come dimostrato dall’esistenza di strutture in calcestruzzo di calce (di minore resistenza rispetto al calcestruzzo di cemento) non armate realizzate circa 2000 anni fa dai Romani (Pantheon, Roma - 120 d.C.) che risultano ancora idonee e funzionali.

La durabilità di una struttura in c.a. insieme alla resistenza caratteristica sono i due parametri fondamentali per una corretta progettazione strutturale.

Mentre la durabilità è legata ad esigenze di tipo prestazionale della specifica tipologia strutturale in riferimento ad un determinato periodo minimo di servizio prescritto dalle norme, la resistenza caratteristica è invece legata a indicazioni di tipo statistico.

Nella maggioranza dei casi, però, sono le esigenze di durabilità che determinano la classe del calcestruzzo, e di conseguenza la relativa resistenza caratteristica, anche se esuberante rispetto alle pure esigenze statistiche.

Secondo le NTC la durata minima di una struttura in c.a., o vita nominale VN intesa come il numero di anni nel quale la struttura deve poter essere usata per lo scopo al quale è destinata (in assenza di manutenzione ordinaria o straordinaria, che ne dovrebbe rispristinare la durata), è funzione della tipologia strutturale secondo quanto riportato in tabella 1.

  

Tabella 1 – Vita nominale VN per diversi tipi di opere
Tabella 1 – Vita nominale VN per diversi tipi di opere

  

Supposto la struttura in c.a. correttamente progettate, le principali cause che ne condizionano la durabilità, sono:

  • la corrosione delle armature;
  • l’attacco chimico;
  • i cicli di gelo e disgelo

Diciamo subito che tutti i processi di deterioramento del calcestruzzo armato richiedono la presenza di acqua nella matrice, e quindi in generale un calcestruzzo è tanto più durevole quanto minore è la permeabilità all’acqua e di conseguenza agli agenti esterni.

La permeabilità è inversamente proporzionale alla resistenza caratteristica, nel senso che diminuisce all’aumentare della resistenza; infatti, all’aumentare della resistenza caratteristica (o classe di calcestruzzo) diminuisce il rapporto acqua/cemento (a/c) e di conseguenza il volume dei pori capillari potenzialmente penetrabili dall’acqua e da altre sostanze presenti nell’ambiente diminuendo così il fattore permeabilità.

In definitiva un calcestruzzo è tanto più durevole quanto maggiore è la sua resistenza caratteristica o classe.

Si vanno sempre di più diffondendo nella pratica professionale per la realizzazione sia di nuove strutture che nel consolidamento di strutture esistenti in c.a. i calcestruzzi autocompattanti (Self Compacting Concrete o SCC) o calcestruzzi autolivellanti (Self-Levelling Concrete o SLC), di alte o altissime prestazioni meccaniche: si arriva per i calcestruzzi autolivellanti e fibrorinforzati a resistenze a compressione maggiori di 130 N/mm2 (circa 1300 kg/cm2), a trazione maggiori di 7 N/mm2. Tali tipi di calcestruzzi non necessitano di essere vibrati. I materiali di cui sono composti i calcestruzzi autocompattanti sono gli stessi dei calcestruzzi tradizionali ai quali però sono aggiunti fillers (ceneri volanti o filler di calcare), additivi superfluidificanti e agenti viscosizzanti; il cemento è lo stesso mentre la quantità di aggregato grosso è più bassa con diametro massimo non maggiore di 20 mm.

Tra i principali vantaggi dei calcestruzzi autocompattanti è che essi si adattano perfettamente alla forma dell’elemento strutturale (cassaforma) eliminando tutti i vuoti nella matrice cementizia (nidi di ghiaia) anche in presenza di strutture fittamente armate; il principale difetto è il costo molto superiore rispetto ai calcestruzzi normali di analoghe prestazioni meccaniche.

Analizzeremo brevemente di seguito le principali cause che provocano un rapido degrado del calcestruzzo.

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