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Legge n. 47/1985: senza prove certe della realizzazione ante-1983 niente condono!

La legge n.47/1985 fissa il 1° ottobre 1983 come data entro la quale le opere devono essere ultimate per poter accedere alla sanatoria, sottolineando come la prova dell’avvenuto completamento sia fondamentale per il “successo” della richiesta. La sentenza del Consiglio di Stato n. 1118/2025 sottolinea l’onere del privato di dimostrare, con documenti certi, la data di ultimazione delle opere e la loro conformità ai requisiti richiesti, in assenza di ciò non può palesarsi il condono.

La legge n. 47/1985 e il limite temporale per il condono edilizio

Il panorama edilizio italiano presenta una problematica fortemente radicata sul territorio riguardante l’abusivismo edilizio. Per fronteggiare questo fenomeno, la legislazione italiana ha previsto il condono edilizio, che consente una regolarizzazione di edifici abusivi. Nel corso degli anni il condono è stato spesso oggetto di dibattito, sollevando interrogativi sulla sua efficacia nel risolvere definitivamente il problema e sul rischio di incentivare nuovi abusi. Sebbene il condono offra una via di regolarizzazione, la sua applicazione è vincolata a precise condizioni, tra cui la verifica:

  • della data di inizio dei lavori;
  • dello stato di avanzamento dei lavori;
  • dell’ultimazione dei lavori.

La legge n. 47/1985 stabilì un limite temporale preciso per l'ammissibilità della sanatoria degli abusi edilizi sanabili. In particolare, l'art. 31 sottolineava che “Possono, su loro richiesta, conseguire la concessione o la autorizzazione in sanatoria i proprietari di costruzioni e di altre opere che risultino essere state ultimate entro la data del 1° ottobre 1983 ed eseguite:

  • a) senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse;
  • b) in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa.

Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente (…).”

La legge quindi fissava come limite temporale, identificato con il 1° ottobre 1983, la data entro la quale i lavori edilizi dovevano essere ultimati affinché potessero essere oggetto di ammissibilità al condono. Tale disposizione mira a regolarizzare edificazioni abusive già esistenti al momento della sua promulgazione, quindi solo gli abusi completati prima di tale data potevano essere regolarizzati, per evitare che i soliti furbetti si sentissero autorizzati a realizzare nuovi abusi. Inoltre, la legge chiarisce anche che per opera ultimata, si intende un edificio con rustico e copertura completati, oppure opere funzionalmente concluse.

Diventa a questo punto fondamentale la sentenza del Consiglio di Stato n. 1118/2025, la quale ribadisce che, per sanare un’opera abusiva, spetta al privato l’onere di dimostrare l’ultimazione dei lavori entro la data limite e ciò deve essere fatto sulla base di una documentazione certa e oggettivamente verificabile. In assenza di tale prova, la richiesta di condono non può essere oggetto di valutazione nel merito e quindi non può essere accolta.

 

Respinto il ricorso sulla sanatoria edilizia: chiarimenti sulla data di completamento delle opere

Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 1118 del 2025, ha emesso un’importante punto ad una questione che perdura da decenni. Respingendo, infatti, il ricorso presentato da una cittadina contro il diniego di condono edilizio opposto dal Comune di Cava de’ Tirreni, i giudici hanno confermato integralmente sancito in modo chiaro l’onere di prova a carico del titolare dell’ abuso.

Il cuore del caso riguarda la richiesta di sanatoria di un fabbricato abusivo edificato in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico. La proprietaria dell’immobile, non è riuscita a fornire prove sufficienti a dimostrarne il completamento entro la data limite del 1° ottobre 1983, stabilita dalla legge n. 47/1985. Tuttavia, l'appellante aveva impugnato il provvedimento comunale di diniego fondato sulla mancata dimostrazione dell’ultimazione delle opere edilizie prima della data indicata dalla normativa sul condono.

Egli aveva, infatti, fornito una documentazione insufficiente a dimostrare la certezza dell'ultimazione entro la data prefissata dalla norma. La documentazione allegata riguardava un contratto di appalto e una ricevuta di pagamento, ritenuti dalla ricorrente indicativi dell’effettivo avvio dei lavori in epoca utile, ma ciò non forniva certezze sulla data di ultimazione delle opere.

Il Collegio ha, difatti, chiarito che “(…) l’appellante non ha fornito elementi atti a smentire le sopra richiamate evidenze documentali, non potendo assegnarsi alcun rilievo probatorio né al parere favorevole rilasciato dalla Commissione edilizia -OMISSIS- (che non attesta la costruzione in data antecedente al rilascio del titolo e in difformità da esso), né al contratto di appalto e alla relativa ricevuta (che possono costituire, al più, prova della conclusione del contratto, ma non della realizzazione dell’intervento) né alle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, in quanto non suscettibili di essere verificate (Cons. Stato, sez. VII, 1° agosto 2024, n. 6925; id., sez. II, 13 febbraio 2024, n. 1449). Per consolidata giurisprudenza, spetta al privato richiedente, e non all’amministrazione, l’onere di dimostrare la data di esecuzione delle opere abusive allo scopo di fruire dei benefici riconosciuti dalla normativa speciale in materia di sanatoria edilizia (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2019, n. 6720; sez. II, 26 agosto 2019, n. 5860; sez. VI, 8 luglio 2019 n. 4769; sez. IV, 14 febbraio 2012 n. 703; sez. V, 5 novembre 2010 n. 7770);(…)”.

Pertanto, ai fini del condono edilizio, il richiedente deve fornire una documentazione oggettiva che dimostri non solo l’esistenza dell’immobile (ad esempio con la data di inizio dei lavori o con documentazione fotografica), ma soprattutto il suo completamento strutturale entro la scadenza normativa. In tal senso, le dichiarazioni sostitutive di atto notorio, il contratto di appalto e il parere favorevole della Commissione edilizia non sono stati ritenuti idonei a dimostrare né la data certa dell’esecuzione delle opere né il loro stato di ultimazione.

Il Consiglio di Stato sottolinea anche che “la concessione edilizia -OMISSIS- relativa all’edificazione ex novo di -OMISSIS- e il verbale di sopralluogo -OMISSIS- che ha, invece, accertato la realizzazione di una costruzione -OMISSIS-, ancora in fase di completamento (-OMISSIS-) costituiscono prova idonea del mancato completamento dell’intervento entro la data del 1° ottobre 1983 (…), il manufatto non poteva dirsi completato poiché, al momento del sopralluogo -OMISSIS-, risultava -OMISSIS-. La nozione di completamento funzionale, contemplata dall’art. 31 comma 2 l. 47/1985, per i manufatti con destinazione diversa da quella residenziale (quale quello per cui è causa) esige che l’opera abbia assunto una sua forma stabile nella consistenza planivolumetrica e una sua riconoscibile e inequivoca identità funzionale che ne connoti con assoluta chiarezza la destinazione d’uso (…) poiché il criterio strutturale del completamento -OMISSIS-, presuppone, un’opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazione, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili”.

Nel caso di specie, è stato determinante il verbale di sopralluogo redatto dall’ufficio tecnico comunale e la precedente concessione edilizia rilasciata nel 1984, in quanto indicavano che l’intervento edilizio era ancora in corso dopo il termine previsto dalla legge.

Un’opera invece può considerarsi completata, e dunque sanabile, solo se già dotata di consistenza planivolumetrica definita e di una configurazione funzionale riconoscibile. Non basta, quindi, la semplice esecuzione di opere parziali o la sola struttura in elevazione priva di tamponature, infissi o altri elementi fondamentali inerenti il cosiddetto involucro edilizio.

In definitiva, il Consiglio di Stato ha ribadito che il condono edilizio può essere applicato solo con la prova dell’ultimazione delle opere entro i termini di legge, e che tale elemento risulti difatti elemento imprescindibile.

 

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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