Il digitale, tra sguardi lenti e strumenti veloci: la sfida dell'HBIM per il recupero del costruito storico. Due casi studio
L'applicazione del BIM agli edifici storici richiede approcci specifici che considerino la complessità materica, storica e geometrica. Questo articolo approfondisce l’HBIM come processo conoscitivo e operativo, analizzando aspetti metodologici e criticità tecniche attraverso i casi delle Rocche di Gradara e Senigallia.
Potenzialità e criticità dell’Heritage Building Information Modeling (HBIM) attraverso due casi studio
Obiettivo del presente lavoro è esplorare il potenziale e le criticità dell’Heritage Building Information Modeling (HBIM) dal punto di vista metodologico e pratico.
A supporto di questa analisi si porterà l’esperienza di due importanti casi studio: la Rocca Roveresca di Senigallia e la Rocca Demaniale di Gradara.
L’intento è quello di restituire un quadro applicativo concreto, evidenziando sia le opportunità offerte dalla metodologia, sia le difficoltà interpretative, operative e tecniche legate alla digitalizzazione del patrimonio storico. L’HBIM si configura infatti come la declinazione del BIM pensata per affrontare la complessità dell’edilizia storica. In Italia, dove il patrimonio costruito di matrice storica rappresenta la norma e non l’eccezione, l’adozione di approcci specifici per l’HBIM si configura come una necessità, più che una scelta.
A differenza del BIM applicato alle nuove costruzioni – dove il "carico storico" è assente o, se presente, può essere considerato secondario – l’HBIM è un processo informativo multidisciplinare con una forte attenzione alla dimensione temporale che assume un ruolo centrale, e il tecnico ha l’obbligo metodologico e deontologico di farsene carico. Progettare su un edificio storico significa “ascoltarne” la storia: questi edifici non sono entità statiche, ma organismi stratificati, trasformati nel tempo da eventi naturali, guerre, terremoti, mutamenti d’uso, oltre che dall’azione lenta ma continua degli agenti atmosferici e del degrado. Noi, oggi, ci affacciamo su questo scenario in qualità di “ospiti” o “spettatori” di una lunga narrazione.
Comprendere tale complessità richiede un processo conoscitivo approfondito, multidisciplinare, che precede e, in certi casi, prescinde dalla modellazione digitale.
La vera base del progetto HBIM non è il modello tridimensionale, ma l’”ascolto del tempo”, la conoscenza stratificata, critica e documentata dell’oggetto architettonico.
HBIM non è solo tecnologia
È importante sfatare alcuni fraintendimenti ricorrenti: il BIM non si riduce all’impiego di tecnologie avanzate per la raccolta dati, al rilievo laser scanner o alla sola restituzione tridimensionale (Cloud-to-BIM), né tantomeno sostituisce la competenza del tecnico con l'automazione. È importante non farsi illudere né sopraffare dalla rapidità di risultato cui può portare la tecnologia.
Strumenti e tecnologie sono mezzi, non fini: devono essere messi al servizio della conoscenza dei luoghi, e consentire una raccolta organica, condivisa e strutturata di dati e informazioni.
Il BIM, infatti, non si limita alla rappresentazione grafica “evoluta” rispetto al tradizionale CAD, ma si fonda sulla gestione integrata di dati, sulle relazioni tra elementi e sui flussi di lavoro. Una relazione geologica, un’analisi storica o una campagna fotografica sono parte integrante del modello informativo tanto quanto una vista 3D. In HBIM, modellare significa prima di tutto conoscere, e solo attraverso la conoscenza è possibile progettare responsabilmente sul costruito storico.
Applicazione dell’HBIM: i casi studio delle Rocche di Gradara e Senigallia
Per esplorare concretamente l’applicazione dell’HBIM a manufatti storici complessi, si presentano due casi studio emblematici: la Rocca Roveresca di Senigallia e la Rocca Demaniale di Gradara. Entrambe sono state oggetto di attività di rilievo e modellazione guidate dal Polo Museale delle Marche, in collaborazione con i principali atenei coordinati dalla Prof.ssa Laura Baratin: Università Politecnica delle Marche, Università di Camerino, Università di Macerata e Università di Urbino [1] .
Gli aspetti conoscitivi legati alle due architetture hanno affrontato dalla ricerca storica e archivistica alle analisi strutturali, dalle indagini archeologiche allo studio dei materiali e delle tecniche costruttive.
L’intero processo informativo ha avuto come obiettivo l’integrazione di questi dati nel modello digitale tridimensionale, rendendo il modello stesso uno strumento operativo di conoscenza e gestione.
Questi due importanti complessi fortificati, accomunati da un’origine medievale (inizialmente strutturati attorno a una torre risalente all’epoca basso medievale, XII sec., probabilmente edificata su preesistenze), hanno subito nei secoli trasformazioni molto diverse.
La Rocca di Senigallia, si distingue per la sua struttura compatta e regolare, con una planimetria quadrangolare e torri circolari ai vertici. L’aspetto esterno austero e chiuso si contrappone a un interno articolato, con lunghi cunicoli, una alternanza quasi disordinata e disorientante di ambienti, e aperture che lasciano filtrare appena la luce e di cui difficilmente si intravede l’affaccio, conferendo all’ambiente una sensazione di spaesamento e mistero.

La Rocca di Gradara, al contrario, si presenta come un ampio complesso castellano, protetto da mura che racchiudono il borgo medievale. Qui convivono la dimensione narrativa – legata alla celebre storia di Paolo e Francesca immortalata da Dante – e quella più cupa, come testimoniano ambienti come la sala delle torture. La sua articolazione planimetrica e simbolica la rende un esempio paradigmatico di stratificazione storica, architettonica e funzionale.

Entrambi i progetti hanno richiesto un processo HBIM fondato su scelte metodologiche avanzate, tra cui:
- La definizione del LOD e LOIN, calibrati rispetto agli obiettivi conoscitivi e gestionali;
- L’impostazione di regole parametriche per la modellazione;
- La classificazione degli elementi architettonici secondo logiche interoperabili;
- L’organizzazione di un pacchetto informativo in grado di integrare dati digitali (rilievi, fotografie, modelli), dati digitalizzabili (es. documentazione storica) e dati non digitalizzabili (es. fonti archivistiche e fotografiche consultabili solo in loco o presso gli archivi).
È importante sottolineare, in base alla nostra esperienza, che questo processo si fonda su un tempo lungo di indagine e riflessione e non è completamente automatizzabile: la tecnologia, per quanto avanzata, non può sostituire la lettura critica, l’interpretazione e la sensibilità del tecnico alla lettura e organizzazione di dati anche molto eterogenei.
Elemento cardine e base grafica per la sistematizzazione dei contenuti informativi è stato il rilievo integrato, condotto secondo una metodologia collaudata fin dal 2010 e basata sulla combinazione di:
- Laser scanner 3D, per l’acquisizione geometrica e cromatica (RGB);
- Aerofotogrammetria da SAPR, per coperture e punti inaccessibili;
- Rilievo topografico, per l’inquadramento in un sistema di riferimento geografico e locale.
Il risultato è stato, in entrambi i casi, una nuvola di punti strutturata in RGB, che ha fornito i dati grezzi, pronti per essere letti, interpretati e restituiti nel modello HBIM. Per la modellazione è stato adottato il software Autodesk Revit, che ha permesso di costruire modelli interoperabili con parametri condivisi e strutturati su diversi livelli (famiglia, tipo, istanza), con l’obiettivo di assicurare flessibilità, coerenza informativa e sostenibilità del lavoro nel tempo.
Sebbene l’obiettivo grafico finale del rilievo fosse la restituzione tridimensionale finalizzata all’HBIM, è risultata fondamentale un’attenta elaborazione parallela in 2D.
La complessità spaziale dei manufatti – marcata da dislivelli eterogenei, articolazioni volumetriche irregolari e distribuzioni planimetriche non convenzionali – ha reso imprescindibile il ricorso alla rappresentazione bidimensionale, intesa come strumento di lettura e interpretazione. Le tavole 2D hanno svolto un ruolo propedeutico essenziale, contribuendo a chiarire l’organizzazione degli spazi e a definire con maggiore consapevolezza l’impostazione della modellazione 3D. Hanno inoltre permesso, laddove ritenuto utile in accordo con la committenza, una restituzione grafica più dettagliata, non prevista nel modello HBIM, per il quale è stato adottato un livello di definizione grafica compatibile con il LOD B.
La Rocca di Senigallia: metodo e “Best Practies”
La Rocca Roveresca di Senigallia rappresenta un esempio paradigmatico di fortificazione di pianura. La sua configurazione attuale – planimetria quadrangolare con torrioni circolari ai vertici – è il risultato di una stratificazione secolare di interventi costruttivi e trasformazioni funzionali. Attraverso l’analisi storica condotta dai gruppi di studio coinvolti, si sono individuate le principali fasi evolutive del manufatto:
- Fase 0 – Torre in calcare (XII–XIII sec.)
- Fase 1 – Edificio in arenaria (XIII–XIV sec.)
- Fase 2 – Espansione in laterizio, cortile (1355)
- Fase 3 – Periodo malatestiano: torri, merli, archi (1385–1445)
- Fase 4 – Sigismondo Malatesta: camminamento, scarpa (1449–1450)
- Fase 5 – Giovanni della Rovere: ristrutturazione in laterizio (dal 1480)


Obiettivi del processo HBIM
L'applicazione dell’HBIM alla Rocca di Senigallia ha perseguito diversi obiettivi fondamentali:
- Organizzare i dati pregressi e pianificare futuri approfondimenti, garantendo interoperabilità tra i sistemi informativi;
- Raggiungere un LOD B generalizzato, con indicazioni per l’approfondimento di specifici elementi fino a LOD superiori (C o D), secondo la seguente tabella di sintesi:
ELEMENTO |
LOD |
LOD RAGGIUNGIBILE CON ULTERIORI INDAGINI |
MURATURE E PARAMENTI ESTERNI |
B, C |
C, D |
MURATURE INTERNE |
B, C |
C, D |
VOLTE |
B |
C |
SOLAI IN LEGNO |
B, C |
C, D |
SCALE |
B, C |
C, D |
COPERTURE IN LEGNO |
B, C |
C, D |
- Creare un database dedicato ai beccatelli, con rilevamento geometrico e informativo (stato di conservazione, materiali, degrado), realizzato in BIM e in GIS.
Gestione e codifica delle informazioni
Le informazioni raccolte sono state suddivise in funzione delle indicazioni dei gruppi di studio tecnico scientifici: Storico, Archeologico, Tecnico-costruttivo, Sismico. Tutti i dati sono stati integrati nel modello attraverso parametri condivisi. La struttura informativa (LOI) è stata organizzata secondo il seguente schema esemplificativo:
OGGETTO |
LOI |
Locale |
Funzione, uso; Fase storica; Stato di conservazione; Fenomeni di degrado osservati; Dissesti osservati; |
Murature, volte, solai, coperture |
Tipologia strutturale; Dati strutturali da indagini specifiche (dati invariabili, dati variabili, dati tabellari numerici); Materiale; Evidenze storiche / trasformazioni / tipicità; Stato di conservazione; Rilievo del dissesto e del degrado; |
Finestre e porte |
Tipologia e Materiale; Stato di conservazione; Rilievo del degrado; |
Scale |
Fase storica; Descrizione strutturale; Materiale; Stato di conservazione; Rilievo del dissesto e del degrado; |
Tali parametri sono stati impostati per le famiglie, per i tipi e per le istanze, in maniera tale da rendere più declinabile possibile l’uso di un solo oggetto famiglia. In questo modo i LOI affinano la loro specificità in maniera gerarchica e il livello di informazione coinvolge il modello dagli aspetti generali a quelli di dettaglio. I LOI sono, come i LOD, aggiornabili nel tempo in funzione dello sviluppo delle azioni di ricerca, progettazione, valorizzazione del bene.
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Commento redazionale: I casi della Rocca di Senigallia e di Gradara mostrano un'applicazione avanzata dell’HBIM, in cui le tecnologie si piegano alle esigenze della conoscenza. L’accurata descrizione del processo modellativo, delle scelte critiche e dei parametri informativi lo rende un contributo prezioso per ogni tecnico che affronta edifici storici.

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