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Opere abusive senza titolo edilizio? NO al Salva Casa!

Il Decreto Salva Casa (Dl 69/2024) rappresenta un tentativo normativo di semplificazione, volto a dare maggiore spinta al mercato immobiliare in stallo, ampliando i possibili interventi realizzabili in edilizia libera e introducendo delle disposizioni normative di sanatoria per opere realizzate con lievi difformità rispetto ai titoli abilitativi. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16689/2025, ha chiarito che tale decreto non si applica alle costruzioni realizzate in totale assenza di permesso di costruire.

Il nuovo quadro normativo del Decreto Salva Casa

Il cosiddetto Decreto Salva Casa rappresenta un nuovo tentativo di semplificazione e regolarizzazione nel campo dell’edilizia, con lo scopo di fare emergere situazioni di piccole irregolarità formali o sostanziali presenti in migliaia di immobili sul territorio nazionale.

Il provvedimento mira a sanare interventi realizzati in assenza o in difformità dal titolo edilizio, favorendo la regolarizzazione di abitazioni che, pur essendo effettivamente utilizzate, risultano tecnicamente illegittime sotto il profilo urbanistico e/o catastale.

Tuttavia, in tale contesto sono particolarmente rilevanti gli interventi in edilizia libera, ossia quei lavori realizzabili senza bisogno di chiedere permessi (titoli edilizi abilitativi) e autorizzazioni (es. pareri Sopraintendenza, autorizzazioni sismiche), ossia senza presentare documentazioni (anche telematicamente) al Comune. Nella sostanza, il Decreto Salva Casa (Dl 69/2024) è andato a modificare l’art. 6 del Testo Unico dell’Edilizia (DPR 380/2001), estendendo l’elenco dei lavori che possono essere eseguiti senza titolo edilizio.

Ciò non significa che si possa fare tutto in modo disordinato o a caso: anche se non serve un’autorizzazione, bisogna comunque rispettare tutte le leggi e i regolamenti, come quelli sulla sicurezza, sull’antincendio, sull’igiene, sull’efficienza energetica, sul rischio sismico e idrogeologico, nonché in materia di tutela dei beni culturali.
Il problema dell’abusivismo edilizio è da sempre molto discusso e tra regolamenti, tentativi di sanare le irregolarità e leggi sempre più complicate, capita spesso che emergano situazioni peculiari ma che possono interessare una platea più ampia del previsto.

Tra queste si colloca il caso esaminato della corte di Cassazione (sentenza n. 16689/2025), la quale chiarisce che il decreto Salva Casa non rappresenta un condono e di conseguenza non può essere applicato in situazioni in cui l’opera risulti totalmente abusiva, ossia realizzata senza alcun titolo edilizio.

 

Il Decreto Salva Casa non tutela le costruzioni abusive senza permesso

Con la sentenza n. 16689/2025, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso un ordine di demolizione di un immobile irregolare, confermando la legittimità del provvedimento amministrativo, nonostante l’entrata in vigore del Decreto Salva Casa.

Il caso è di particolare rilievo, poiché chiarisce l’applicabilità del DL n.69/2024 convertito con la legge n. 105/2024, escludendo che essa potesse estendersi agli interventi realizzati in totale assenza di titolo abilitativo.
La sentenza impugnata era stata emessa dal Tribunale di Arezzo, che rispondeva a una richiesta presentata dal ricorrente in merito alla revoca, ovvero alla sospensione, dell’ordine di demolizione disposto con una sentenza del 2006 (divenuta definitiva nel 2009).

L’immobile oggetto del provvedimento era un edificio in muratura, parzialmente seminterrato e con portico, realizzato abusivamente in assenza di qualsiasi titolo edilizio.
Solo nell’aprile 2024 il pubblico ministero ha emesso l’ingiunzione a procedere alla demolizione. In seguito, il ricorrente aveva presentato istanza di revoca, basata sull’entrata in vigore delle nuove disposizioni normative introdotte dal decreto “Salva Casa”.

Il Tribunale aveva però respinto la richiesta, sottolineando che non risultavano atti amministrativi che impedissero l’esecuzione dell’ordine di demolizione e che le motivazioni fornite erano troppo generiche. Inoltre, alla data dell’ordinanza (2 ottobre 2024), non era stata ancora presentata una vera domanda di sanatoria. Questa è arrivata solo in seguito e, per giunta, senza indicazioni precise su riferimenti normativi o sulle caratteristiche dell’edificio.

Ne scaturisce il ricorso in Cassazione, dove il ricorrente aveva insistito sulla necessità di considerare l’applicabilità del Decreto Salva Casa, sottolineando come l’istanza di sanatoria fosse stata comunque inoltrata in tempi compatibili con la nuova normativa e sostenendo l’erroneità della valutazione del Tribunale circa l’assenza di ostacoli all’esecuzione della demolizione.

La Suprema Corte ha confermato l’inammissibilità del ricorso, precisando però che secondo “(…) il consolidato e univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità l'ordine di demolizione è sempre riesaminabile in sede esecutiva al fine di una eventuale revoca.

Inoltre la corte sottolinea come la revoca dell’ordine di demolizione sia consentita solo in presenza di atti amministrativi che manifestino l’incompatibilità con l’esecuzione dell’abbattimento, oppure “quando sia ragionevolmente prevedibile, in base a elementi concreti e specifici,” che l’adozione a breve di tali atti.

Fondamentale è il passo in cui la Cassazione sottolinea “che, secondo quanto esposto nel provvedimento impugnato e anche nel ricorso, risulta realizzato in totale mancanza di titolo, con la conseguente chiara insussistenza dei presupposti per poter applicare la disciplina di cui all'art. 36-bis del d.P.R. 380 del 2001 (…). L'art. 36-bis citato, avente ad oggetto un nuovo accertamento di conformità urbanistica, riguarda, infatti, gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA alternativa o con variazioni essenziali, e gli interventi eseguiti in assenza o difformità dalla SCIA semplice”. Secondo la norma “non è quindi applicabile a ipotesi (…) di opere realizzate in totale assenza del permesso di costruire, necessario in ragione delle loro caratteristiche e della loro consistenza.”

Nel caso in esame, l’intervento abusivo non ha nessuna delle caratteristiche richieste per rientrare nelle situazioni sanabili previste dalla nuova legge. Inoltre, il ricorrente non aveva nemmeno tentato di dimostrare l’esistenza dei presupposti per l’accertamento di conformità, omettendo ogni riferimento concreto alle caratteristiche dell’opera e alle norme urbanistiche ed edilizie in vigore.

In definitiva, il decreto Salva Casa permette di sanare solo alcune irregolarità edilizie (come piccole differenze rispetto al permesso di costruire, errori nella SCIA o modifiche importanti), ma solo se gli interventi siano in regola con le norme urbanistiche attuali e con quelle edilizie in vigore all’atto dell’esecuzione.

Questa possibilità non è applicabile a costruzioni realizzate senza alcun permesso, come in questo caso.
Quindi, anche a seguito dell’entrata in vigore del decreto Salva Casa, si continua a distinguere chiaramente tra irregolarità sanabili e abusi edilizi gravi. La Cassazione, inoltre, ribadisce che, per evitare la demolizione, occorra una richiesta di sanatoria che presenti prove precise atte a dimostrare il rispetto dei requisiti previsti dalla norma.

 

LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE È SCARICABILE IN ALLEGATO.

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
Il file PDF è salvabile e stampabile.

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