La chiusura di una loggia e trasformazione in soggiorno: CILA, SCIA o permesso di costruire?
La normativa vigente, in particolare gli artt. 3, 10 e 23 del DPR 380/2001, esclude la possibilità di utilizzare titoli semplificati (come CILA o SCIA alternativa) per opere che comportano un incremento della superficie utile o della volumetria, trattandosi di trasformazioni rilevanti sotto il profilo urbanistico. A conferma di tale principio, la sentenza n. 9474/2025 del TAR Lazio ha ritenuto illegittima la CILA presentata per l’intervento, ribadendo che la loggia, se chiusa stabilmente, perde la sua natura pertinenziale e si configura come ampliamento volumetrico, con conseguente necessità del permesso di costruire.
Ristrutturazione edilizia con ampliamento planivolumetrico: titolo abilitativo necessario
Tra le tipologie di intervento più richieste nell’edilizia compare senza dubbio la ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente, utilizzata per adeguare o valorizzare il patrimonio edilizio esistente. All’interno di questa categoria, compare la ristrutturazione pesante, ossia l’insieme di interventi che vanno oltre la semplice manutenzione o la modifica interna, comportando talvolta cambi di destinazione d’uso, alterazioni della sagoma o incrementi della superficie utile e del volume dell’edificio.
L’art. 3 comma 1 lett. d) del DPR 380/01 definisce “interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico”.
Tra le forme più significative di ristrutturazione pesante rientra quella con ampliamento planivolumetrico, ovvero con aumento della superficie in pianta o del volume dell’immobile. Questo tipo di intervento è considerato di particolare impatto urbanistico e non può essere realizzato mediante titoli abilitativi semplificati come la CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) o la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività).
Infatti l’art. 10 (L) comma 1, lett. c) del DPR 380/2001 chiarisce che costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono dipendenti dal permesso di costruire “(…) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e, inoltre, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria.”
È importante sottolineare, inoltre, che l’art. 23, comma 1, del DPR 380/2001 consente l’uso della SCIA alternativa al permesso di costruire solo in alcuni casi e non per ampliamenti planivolumetrici, salvo che la sussistenza degli stessi non sia prevista dagli strumenti urbanistici. “In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante segnalazione certificata di inizio di attività:
- gli interventi di ristrutturazione di cui all'articolo 10, comma 1, lettera c);
- gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, (…), che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti (…);
- gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.”
Ulteriori chiarimenti si hanno con la sentenza n. 9474/2025 del TAR Lazio, la quale conferma la legittimità dell’ordine di demolizione per un intervento edilizio abusivo consistente nella chiusura di una loggia e nel conseguente ampliamento del soggiorno. Il TAR ha ritenuto che l’intervento modificasse l’organismo edilizio preesistente. La loggia, elemento architettonico esterno originariamente separato, è stata inglobata nell’abitazione con effetti non marginali su volumetria, per tale ragione l’opera avrebbe richiesto almeno un permesso di costruire.
Chiusura della loggia e ampliamento: conferma dell’ordine di demolizione
Il TAR del Lazio si è recentemente pronunciato su una controversia riguardante un ordine di demolizione relativo ad alcune opere ritenute abusive. In particolare, nel caso di specie si contesta l’ampliamento dell’unità abitativa mediante la chiusura di una loggetta.
In seguito, ad un sopralluogo dei tecnici comunali si è visto che l’opera ha comportato un ampliamento della superficie utile dell’immobile, intervento che, per legge, non può essere eseguito con una semplice CILA (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata), ma richiede un permesso di costruire.
In conseguenza di ciò, l’amministrazione comunale ha avviato un procedimento repressivo che si è concluso con un ordine di demolizione delle opere considerate abusive.
Il ricorrente di contro sosteneva che la loggia fosse già parte integrante dell’abitazione e che quindi non vi fosse stato alcun aumento di volumetria. A suo dire, l’intervento, realizzato dalla precedente proprietaria, si sarebbe dovuto considerare una semplice variazione interna, legittimamente coperta dalla CILA del 2018. Inoltre, ha affermato che la loggia, chiusa su tre lati e collegata all’appartamento, era già utilizzata come spazio residenziale al momento dell’acquisto dell’immobile nel 2018.
Di contro, l’amministrazione ha evidenziato la non idoneità della CILA a legittimare un ampliamento di superficie residenziale e nemmeno l’intervento non poteva essere giustificato nell’ambito dalle norme sulla tolleranza edilizia, le quali riguardano minime difformità in fase di esecuzione, e non modifiche concluse e non assentite.
Il Tribunale ha respinto il ricorso evidenziando che “da un confronto tra quanto constatato sul posto al momento del sopralluogo ed il titolo presentato (…) si notava la loggia dell’ambiente “soggiorno” in corrispondenza del balcone, era stata annessa alla U.I., costituendo di conseguenza un ampliamento della stessa.(…) Conseguentemente (…) la Direzione Tecnica del Municipio III di Roma Capitale ha comunicato (…) che una parte degli interventi (…) descritti, quella relativa alla chiusura della loggia, non fosse riconducibile alla nozione di manutenzione straordinaria, ma a quella di ampliamento in quanto comportante un aumento di SUL, pertanto subordinato al permesso di costruire. E che neppure potesse invocarsi l’applicazione dell’art. 34, comma 2 ter, d.P.R. n. 380/2001, allora vigente, posto che era riferito alle tolleranze costruttive e non a interventi di ampliamento”.
Inoltre il TAR ha precisato che “(…) condivide quanto eccepito da Roma Capitale, nella propria memoria difensiva, laddove si legge che: «All’interno di un’abitazione la loggia rappresenta pertanto un elemento edilizio calpestabile, coperto al di sopra di esso, e soprattutto, in ciò differendo dal balcone, che non è aggettante o a sbalzo; la loggia deve rientrare cioè nella sagoma dell’edificio, potendo collocarsi anche in posizione arretrata entro il filo della sagoma. Essa, inoltre, deve essere aperta almeno su un fronte esterno dell’edificio, e deve essere accessibile direttamente da uno o più vani interni.» Sulla scorta della definizione soprastante, insomma, la loggia può immaginarsi simile ad un balcone che forma un tutt’uno con la sagoma dell’edificio su cui si innesta.
Carattere essenziale, perché un elemento possa qualificarsi propriamente loggia, è la sua apertura almeno su un lato. La loggia si presenta pertanto come un elemento aperto ed accessorio rispetto all’unità immobiliare, svolgendo una funzione pertinenziale; al contrario, ove detto elemento edilizio subisse un intervento tale da configurare stabilmente uno spazio chiuso, verrebbe a snaturarsi l’originaria natura pertinenziale della loggia, divenendo essa stessa a tutti gli effetti un ampliamento dell’unità immobiliare ed assolvendo ad una rinnovata funziona urbanistica (e un correlato aggravio del carico urbanistico).”
In sintesi, l’intervento è qualificabile come ampliamento volumetrico e quindi soggetto a permesso di costruire. La chiusura della loggia non è stata ritenuta un semplice intervento di manutenzione straordinaria, ma una modifica sostanziale dello stato dei luoghi, con effetti sulla superficie utile dell’appartamento. La loggia è una parte dell’edificio non aggettante, aperta almeno su un lato verso l’esterno e avente funzione accessoria. Essa perderebbe tale funzione qualora venisse chiusa in modo stabile, diventando un vero e proprio ampliamento dell’abitazione, con conseguente aumento arbitrario del carico urbanistico.
La sentenza del TAR Lazio rappresenta un avvertimento sulla necessità di rispettare scrupolosamente la normativa urbanistica e di non cedere alla tentazione di aggirare le regole. L'importanza di una corretta valutazione degli interventi edilizi fin dalla fase progettuale è fondamentale, poiché eventuali errori nella qualificazione degli interventi possono comportare conseguenze significative per i proprietari, anche quando questi non sono direttamente responsabili dell'abuso ma lo hanno ereditato gli stessi dai precedenti proprietari.
LA SENTENZA DEL TAR LAZIO È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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