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Pavimentazioni in asfalto per piste ciclabili: cosa è il trattamento superficiale mediante depolverizzazione?

Quale tipologia di pavimentazione in asfalto scegliere per le piste ciclabili? In questo articolo scopriamo le caratteristiche e le particolarità delle depolverizzazioni.

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Negli ultimi anni, la continua crescita delle aree urbane, unita alle mutate esigenze di mobilità, ha reso sempre più necessaria la predisposizione e lo studio di piani di riqualificazione e ammodernamento del tessuto stradale esistente. Spesso sulle strade urbane sono presenti numerose criticità e punti di conflitto fra traffico veicolare e ciclopedonale, nonché, dissesti e degradi generalizzati delle pavimentazioni.

Le Pubbliche Amministrazioni stanno promuovendo interventi rivolti alla mitigazione dei livelli di rischio e riduzione dell’incidentalità stradale, grazie anche alla razionalizzazione degli spazi urbani, alla riorganizzazione e alla manutenzione delle piattaforme stradali.

Leggi anche: Mobilità lenta e riqualificazione dello spazio pubblico urbano, quali sono gli obiettivi generali nella pianificazione e nella progettazione?

Un altro aspetto, non certo secondario, da tenere debitamente in cosiderazione è quello della pavimentazione. Al fine di regolarizzare e ripristinare la superficie di rotolamento di un percorso ciclopedonale, affinché questa sia il più possibile regolare, performante e a basso impatto ambientale, quale tipologia di pavimentazione in asfalto per piste ciclabili possiamo scegliere? Vai all'approfondimento

Tra le tipologie di pavimentazioni per piste ciclabili a basso impatto estetico ed ambientale vi sono quelle che prevedono l'uso di conglomerati con leganti chiari, quelle realizzate con conglomerati bituminosi riciclati a freddo e quelle prevedono un trattamento superficale per depolverizzazione.

In questo articolo saranno descritti in dettaglio i materiali d’impiego e la procedura pratica per la realizzazione delle depolverizzazioni, illustrandone così le caratteristiche e le particolarità che le contraddistinguono.

Proposte costruttive e materiali per piste ciclabili in asfalto: il trattamento superficiale per depolverizzazione

Generalmente, la depolverizzazione è utilizzata su strade a basso volume di traffico per realizzare un piano viabile a basso costo e con ridotto impatto ambientale. Per tali motivi può essere una soluzione opportuna da valutare anche per i percorsi ciclopedonali. 

Le finalità, per cui solitamente si sceglie di impiegare tale trattamento, sono:

  • Impedire l’infiltrazione dell’acqua nel sottofondo stradale, evitando così la perdita di capacità portante di questo;
  • Realizzare una tessitura superficiale avente alta aderenza e un aspetto estetico naturale;
  • Facilitare il drenaggio superficiale delle acque, evitando lo spogliamento degli aggregati di superficie;
  • Regolarizzare la superficie di rotolamento e allontanare polveri e fanghi.

La depolverizzazione, in particolare, è uno specifico trattamento superficiale che consiste nella stesa di una mano di impregnazione, costituita da legante bituminoso, seguito poi dalla posa di un doppio trattamento con emulsione e graniglia. Si noti che, la mano di impregnazione è solitamente realizzata con una specifica emulsione bituminosa avente bassa densità ma soprattutto “rottura lenta”, cioè bassa velocità di separazione tra i due principali componenti dell’emulsione (bitume e acqua). Tale caratteristica dell’emulsione è essenziale, in quanto è necessario che questa penetri in profondità nello strato sciolto, solitamente realizzato in misto granulare stabilizzando, rendendone così coesa la superficie e garantendo al tempo stesso un buon ancoraggio dei successivi trattamenti multistrato di emulsione e graniglia [Grilli, 2015].

Generalmente, la depolverizzazione è preferita al manto di usura tradizionale in conglomerato bituminoso proprio perché, nel caso di strade rurali o piste ciclabili in ambito rurale, si ottiene una pavimentazione legata strettamente alla superficie trattata, con caratteristiche di flessibilità tali da seguire senza danni gli eventuali assestamenti del sottofondo. Inoltre, tale soluzione ha un bassissimo impatto ambientale, in quanto nella fase realizzativa si opera a freddo grazie all’impiego dell’emulsione bituminosa, ma anche perché la pavimentazione, una volta ultimata, assume una colorazione poco marcata, assumendo la colorazione naturale degli aggregati.

Trattamento superficiale per depolverizzazione: la scelta del legante e il dosaggio

La depolverizzazione può essere eseguita sia con bitume caldo che con emulsione bituminosa. Tuttavia, l’emulsione bituminosa è largamente più utilizzata del bitume caldo, in quanto molto più versatile ed efficace di quest’ultimo, nelle diverse condizioni d’impiego. Per la corretta realizzazione del trattamento, il bitume caldo richiederebbe una temperatura minima dell’aria di circa 20°C e una superficie di posa pressoché asciutta, mentre l’emulsione bituminosa può essere stesa senza difficoltà fino a temperature di circa 10°C, anche su superfici umide. L’emulsione bituminosa consente un’ampia flessibilità di formulazione, permettendo l’utilizzo di qualsiasi tipo di bitume (anche bitumi modificati con polimeri), consentendo allo stesso tempo anche la regolazione delle caratteristiche reologiche.

In particolare, le emulsioni bituminose sono un composto costituito da:

  • Bitume: sotto forma di goccioline, che costituisce la fase dispersa;
  • Acqua: che costituisce la fase disperdente;
  • Agenti emulsionanti: cioè tensioattivi, che hanno lo scopo di mantenere stabilmente il bitume in sospensione nell’acqua, finché questa non evapora. Ciò è possibile, in quanto tali additivi generano una tensione superficiale tra le particelle di bitume, le quali così tendono a respingersi fra loro e a non aggregarsi.

La regolazione della velocità di separazione (“rottura”) dei componenti dell’emulsione, è quindi funzione del dosaggio degli emulsionanti. In dettaglio, il processo di separazione si sviluppa secondo fasi ben distinte:

  • Decantazione: le goccioline di bitume iniziano a sedimentare;
  • Flocculazione: le goccioline sedimentate iniziano ad aggregarsi e ad avvicinarsi fra loro;
  • Coagulazione: le particelle di bitume flocculate iniziano a fondersi fra loro, portando così alla formazione di una fase continua;
  • Presa: il bitume si indurisce e lega gli aggregati con cui è a contatto.

Per la depolverizzazione sarà quindi necessario utilizzare emulsioni diluite e a lenta rottura, al fine di garantirne la percolazione nel sottostante strato misto granulare, trasportando con sé il bitume in profondità.

Il legante da impiegare in tale trattamento deve possedere determinate caratteristiche a seconda della fase operativa considerata. In fase di stesa questo deve avere una bassa viscosità per rivestire uniformemente la superficie stradale e penetrare nei primi centimetri della superficie dello strato sciolto. In fase di rullaggio deve essere sufficientemente soffice per permettere agevolmente l’inserimento e la compattazione degli aggregati nel film di bitume. Infine, all’apertura del traffico il legante dovrà essere sufficientemente rigido, in modo tale da garantire un’adeguata resistenza, necessaria per mantenere aggrappati gli aggregati.

Visto che il legante dovrà soddisfare in fasi diverse caratteristiche diametralmente opposte, se si utilizza bitume caldo soffice, al fine di ottenere una buona stesa e rullatura, si avrà poi che in servizio il manto sarà eccessivamente deformabile. Al contrario, se si impiega bitume caldo duro si avrà una buona resistenza al traffico in servizio a scapito però della posa e della rullatura, a causa della sua scarsa lavorabilità. Utilizzando, invece, l’emulsione bituminosa non si riscontrano le problematiche sopra elencate, in quanto il bitume è veicolato dall’acqua, la quale permette di mantenere la viscosità bassa, garantendo così una ricopertura uniforme, oltreché la permeazione e saturazione delle microfessure superficiali [Grilli, 2015]. 

In particolare, se si utilizza bitume modificato nelle emulsioni, queste offriranno una buona adesione con tutti i tipi di aggregati, evitando così il fenomeno dello spogliamento e dello sgranamento e risulteranno particolarmente indicate in presenza di un elevato volume di traffico o in zone dove si sviluppano azioni elevate di taglio.

Scelta del dosaggio di legante

Nella depolverizzazione il dosaggio del legante è un fattore fondamentale per la corretta realizzazione del trattamento, in quanto questo deve garantire l’incastro degli aggregati fra loro e sul film di bitume, nonché un adeguato ancoraggio allo strato sottostante.

Il dosaggio di legante è funzione delle dimensioni degli aggregati, infatti, generalmente cresce all’aumentare della dimensione minima degli aggregati, cioè la dimensione del lato su cui giace l’aggregato dopo rullatura. La quantità di legante deve essere tale da consentire l’annegamento dell’aggregato per almeno il 50%, ma non più del 70%, del proprio spessore (si veda Figura 8). Infatti, quando gli aggregati sono immersi per più del 70-80% del loro spessore, la rugosità della superficie diminuisce molto, rendendola così scivolosa e suscettibile alla trasudazione locale di bitume. Al contrario, qualora gli aggregati siano immersi per meno della metà del loro spessore, questi risultano essere poco ammorsati nel film di bitume e per effetto dell’azione del traffico tenderanno a sgranarsi. Si noti che, più le dimensioni degli aggregati sono minori, maggiore sarà la loro sensibilità alla variazione di dosaggio di bitume, in quanto a un piccolo incremento di legante corrisponde un forte aumento dell’immersione degli aggregati. Inoltre, il dosaggio di legante, oltreché dalle dimensioni degli aggregati, è influenzato anche dalla porosità e dalla rugosità della superficie su cui viene realizzata la depolverizzazione. Solitamente, sono richiesti dosaggi maggiori se la porosità e la rugosità della superficie sono elevate.

Figura 8 - Schema della ricopertura degli aggregati [Grilli, 2015]

Occorre però tenere in considerazione anche l’eventuale azione di compattazione degli aggregati ad opera del traffico, il quale tende a immergere ulteriormente gli aggregati all’interno del film di bitume. Pertanto, se la pavimentazione trattata è soggetta a un livello di traffico molto intenso, occorre prevedere un dosaggio di legante tale da ottenere un ricoprimento di poco superiore alla metà dello spessore degli aggregati. Al contrario, se il traffico è limitato, è desiderabile dosare il legante fino a raggiungere circa il 70% di immersione.

Trattamento superficiale per depolverizzazione: la scelta degli aggregati

Per la depolverizzazione la scelta degli aggregati ricopre un ruolo altrettanto importante a quello del legante, in quanto saranno questi a conferire alla pavimentazione l’aderenza, il drenaggio e l’aspetto estetico richiesto. Pertanto, è necessario valutare accuratamente sia gli aspetti geometrici che quelli fisico-mineralogici degli aggregati [Grilli, 2015].

Per ottenere un buon ingranamento, livellamento e regolarità superficiale, gli aggregati dovranno avere granulometria il più possibile uniforme, cioè monogranulare, con forma prismatico/angolare, la quale permette allo stesso tempo di ottenere una superficie scabra ad alta aderenza e stabile nel tempo.  

Per quanto riguarda, invece, le dimensioni degli aggregati, è desiderabile non impiegare aggregati eccessivamente grossolani, in quanto renderebbero la superficie eccessivamente rugosa e rumorosa, anche se d’altro canto sarebbero meno sensibili alla variazione del dosaggio di legante e più durevoli nel tempo. 

È opportuno utilizzare aggregati non porosi o a basso assorbimento d’acqua, in modo tale da ridurre l’azione del gelo e aumentare la durabilità della pavimentazione. Inoltre, per garantire un’adeguata resistenza meccanica alla superficie, è preferibile selezionare gli aggregati aventi elevata resistenza all’usura e alla frantumazione.

È necessario, infine, impiegare aggregati trattati e lavati, in modo tale da ridurre il più possibile il contenuto di fine o polveri, le quali altrimenti comprometterebbero l’adesione tra bitume e aggregato.

Quale attrezzatura è necessaria per realizzare una depolverizzazione?

Per la realizzazione di una depolverizzazione è necessario disporre di una specifica attrezzatura. Questa, in passato, era costituita dai seguenti mezzi:

  • Autobotte semovente: aveva lo scopo di trasportare, riscaldare e stendere l’emulsione bituminosa (Figura 9). Questa era dotata di diaframma, al fine di limitare il moto dell’emulsione durante il transito del mezzo, ma anche di un sistema di riscaldamento e di una pompa. Queste ultime due dotazioni dell’autobotte, consentivano di mantenere pressurizzato e uniformemente riscaldato il sistema, e di convogliare il legante alla barra di spruzzaggio, posta sul retro dell’autobotte. Tale barra, indispensabile per la posa dell’emulsione, era dotata di ugelli inclinati di 15-30°, da cui il legante veniva spruzzato sulla superficie interessata. Al fine di ottenere una copertura di uno o più strati di legante uniformi e omogenei, gli ugelli erano opportunamente posizionati trasversalmente e longitudinalmente lungo la barra;

Figura 9 - Autobotte per la spruzzatura dell’emulsione bituminosa [Grilli, 2015]

  • Distributore di aggregati: aveva lo scopo di trasportare gli aggregati e stenderli sulla superficie trattata con l’emulsione (Figura 10). Al fine di ottenere una ricopertura omogenea, era preferibile che questo fosse dotato di un sistema di regolazione in funzione della velocità del mezzo e di un sistema vibrante;

Figura 10 - Autocarro per la distribuzione degli aggregati con sistema ripartitore a pettine [Grilli, 2015]

  • Rullo gommato: solitamente del peso di 14 tonnellate (Figura 11), il cui scopo è quello di incastonare gli aggregati nel film di legante e livellare la superficie. Si noti che, è sconsigliato l’utilizzo di un rullo tandem con cilindri in ferro, poiché questo può provocare la rottura degli aggregati e non raggiungere un livello di compattazione adeguato, nel caso in cui la superficie non sia perfettamente livellata;

Figura 11 - Rullo gommato [Grilli, 2015]

  • Spazzolatrice: utilizzata, prima dell’apertura del traffico, per la pulizia della superficie e la rimozione degli aggregati in eccesso.

Al giorno d’oggi, la cisterna spruzzatrice e il distributore di aggregati sono stati sostituiti da un unico mezzo combinato, riportato in Figura 12, in grado di effettuare simultaneamente e con massima precisione la stesa dell’emulsione bituminosa e della graniglia favorendo una distribuzione più omogenea dei componenti [Grilli, 2015]. 

Figura 12 - Mezzo combinato per spruzzatura di emulsione e simultanea stesa degli aggregati [Grilli, 2015]

Come avviene l'esecuzione di un intervento di depolverizzazione?

L’esecuzione di un intervento di depolverizzazione consiste nell’applicazione di più strati di legante e aggregati in successione. Come illustrato in Figura 13, inizialmente sullo strato di misto granulare stabilizzato si applica, attraverso l’apposito mezzo combinato, un primo strato di emulsione bituminosa molto diluita, avente lo scopo d’impregnare i primi centimetri dello strato granulare sottostante. Subito dopo lo spruzzo, l’emulsione viene ricoperta dagli aggregati, i quali a loro volta vengono immediatamente rullati con almeno cinque passate, aventi velocità pari a 2-3 km/h per le prime tre passate e 8-10 km/h per le restanti. Una volta ultimata la rullatura è necessario rimuovere gli aggregati in eccesso utilizzando la spazzolatrice, la quale però è bene che sia utilizzata almeno due ore dopo la conclusione della rullatura, al fine di evitare la rimozione degli aggregati dal manto realizzato. Una volta concluse le operazioni sul primo strato si procede analogamente per i due strati successivi, utilizzando però aggregati con dimensioni via via minori. Si noti che, solitamente gli aggregati da utilizzare negli strati successivi, hanno dimensione media minore della metà di quella dello strato precedente.

Figura 13 - Schema di esecuzione di un trattamento di depolverizzazione [Grilli, 2015]

Per la corretta esecuzione del trattamento occorre prestare attenzione al dosaggio del legante specialmente per gli strati successivi al primo, in quanto questi presentando una pezzatura degli aggregati più piccola, saranno maggiormente sensibili alla variazione di dosaggio (come illustrato al paragrafo 1.2.1.1.2). È preferibile che l’emulsione venga portata a una temperatura compresa fra 20 e 60°C e che questa sia eseguita nella stagione calda, con superficie asciutta e in assenza di vento [Grilli, 2015].

Si noti che, è buona norma posticipare il più possibile l’apertura della strada trattata al traffico, seppur questa subito dopo l’esecuzione del trattamento possa essere transitata a basse velocità. In caso di pioggia successiva alla stesa, la strada non deve essere riaperta al traffico, perché l’emulsione in tali condizioni non riesce a dare luogo a rottura.

 

Infine, è consigliabile assicurarsi della finitura e delle condizioni del manto dopo il primo giorno di apertura al traffico, al fine di valutare la necessita di un ulteriore passaggio della spazzolatrice per eliminare l’eventuale rigetto di aggregati.

 


Bibliografia di riferimento

  • D.M. 30 Novembre 1999, n. 557 “Regolamento recante le norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili”;
  • D.lgs. 30 Aprile 1992, n. 285 e s.m.i. (Nuovo Codice della Strada) e suo regolamento di esecuzione ed attuazione, D.PR 16 Dicembre 1992 n. 495;
  • D.M. 5 Novembre 2001, n. 6792 e s.m.i “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”;
  • “Ingegneria stradale: Geometria e progetto di strade” a cura di Paolo Ferrari e Franco Giannini, Isedi Editore 2005;
  • “Ingegneria stradale: Corpo stradale e pavimentazioni” a cura di Paolo Ferrari e Franco Giannini, Isedi Editore 2009;
  • “Il riciclaggio a freddo in impianto” a cura di Andrea Grilli, per la rivista “Strade & Autostrade”, 2010;
  • “Il riciclaggio a freddo sulla viabilità provinciale di Ancona” a cura di Maurizio Bocci e Andrea Grilli, per la rivista “Strade & Autostrade”, 2010;
  • “I trattamenti superficiali per la manutenzione stradale” a cura di Andrea Grilli, per la rivista “Strade & Autostrade”, 2015;
  • “Clear Asphalt Mixture for Wearing Course in Tunnels: experimental Application in the Province of Bolzano” a cura di Maurizio Bocci, Andrea Grilli, Fabrizio Cardone, Amedeo Virgili, per la rivista “ScienceDirect”, 2012.

 

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