Pavimenti in resina: cosa si intende per "crack bridging capacity" del rivestimento?
Questa è la seconda di una serie di quattro note tecniche utili a informare professionisti e applicatori su alcune questioni che riguardano i pavimenti in resina. Al centro di questa nota il “crack bridging capacity”, ovvero la capacità della resina di fare da ponte ad una fessura presente nel supporto in calcestruzzo senza che si ripercuota sul rivestimento resinoso.
Fessure non gradite sul pavimento in calcestruzzo.. applichiamo la resina
Il pavimento in calcestruzzo presenta una serie di fessure non gradite dal committente, onde ragion per cui si vuole coprire con un rivestimento resinoso questa non conformità. Ma il più delle volte, lo stato fessurativo viene sottovalutato con il conseguente errore di scegliere un ciclo applicativo errato insufficiente a mascherare le fessure.
Attraverso questa nota tecnica indichiamo le situazioni del supporto da analizzare per trattare poi la “crack bridging capacity" del rivestimento resinoso, parametro non riportato sulle schede tecniche della resina ma importante per la scelta del ciclo applicativo.
Cosa significa "Crack Bridging Capacity
Crack Bridging Capacity é la capacità di una membrana liquida poliuretanica, o epossipoliuretanica, di resistere senza rompersi, ai movimenti di una fessura del supporto su cui é applicata in adesione.
Il concetto di “crack-bridging capacity” lo abbiamo preso in prestito dalle normative che regolano le membrane impermeabilizzanti allo scopo di evitare la penetrazione dell’acqua, proprio per il parallelismo con il rivestimento resinoso utilizzato che dovrà coprire lo stato fessurativo presente nel pavimento in calcestruzzo.
In questo caso, il rivestimento resinoso deve possedere la capacità di fare da ponte ai movimenti futuri delle fessure presenti nel pavimento di calcestruzzo, senza che il rivestimento stesso si “strappi”.
Nelle schede tecniche la crack-bridging capacity è indicata in mm.
Norme tecniche di riferimento
La capacità di un rivestimento di fare da “ponte ad una fessura” non è una teoria, ma è un concetto determinante e degno di attente indagini sullo stato fessurativo presente nel pavimento da coprire da parte dell’applicatore.
Che ci crediate o no l’argomento “Crack Bridging Capacity” viene trattato dalle norme:
- EN 14891 tratta i “prodotti impermeabilizzanti applicati liquidi”;
- EN 1062-7 tratta la “determination of crack bridging properties”;
- Anche l’organizzazione Europea EOTA nel rapporto tecnico TR nr. 013 tratta la “determinazione del crack bridging capacity”.
Due parole sullo stato fessurativo del supporto
Il pavimento di calcestruzzo è un’ampia superficie esposta alla situazione climatica dell’ambiente. Ovvero, per definizione è una “piastra” quindi una struttura piana soggetta a forze perpendicolari al piano medio che risulta inflessa.
Quindi, un elemento strutturale (deve sopportare carichi) soggetto a deformazioni e ritiri anche se non caricato.
Un elemento non protetto da casseri e con un periodo di vulnerabilità incontrollabile per le prime 24 ore, dal momento dello scarico in opera al momento dell’applicazione dello stagionante e dell’esecuzione dei giunti di contrazione.
Quindi, il pavimento è un elemento soggetto alla fessurazione, vuoi per il ritiro in fase plastica, vuoi per le contrazioni contrastate da elementi in elevazione. Ne consegue che la formazione di fessure visibili sulla superficie della pavimentazione deve essere interpretata in relazione alla loro apertura ed estensione.
La misura dell'apertura può essere effettuata anche mediante semplici fessurimetri o con microscopi dotati di reticolo di riferimento. Quindi, l'eventuale rilievo della stabilità nel tempo richiede una ripetizione sistematica delle misure, specialmente perché è cosa nota che il ritiro della piastra di calcestruzzo si protrae nel tempo.
Infatti, le piastre di cemento si restringono a un ritmo relativamente lento perché tutta l'umidità deve evaporare attraverso la parte superiore della piastra. Una stima ragionevole del tasso di ritiro è: 30% nei primi 30 giorni; 50-60% nei successivi 335 giorni; 80-90% nel primo anno.
Man mano che il calcestruzzo perde umidità, si restringe di dimensione. Se il calcestruzzo fosse lasciato così com'è, si fessurerebbe in modo casuale. Per evitare fessure casuali, creiamo giunti ad intervalli regolari, indebolendo così la piastra in un reticolo. Questi giunti, chiamati giunti di controllo (o contrazione) costringono la fessurazione a verificarsi in linea retta al di sotto dei giunti che di solito vengono tagliati con disco diamantato.
In altre parole, la piastra si sta ancora restringendo molto tempo dopo che ha raggiunto le resistenze a compressione a 28 gg. Pertanto, le giunture e le fessure potrebbero continuare ad aprirsi anche durante il primo anno o due.
I rivestimenti resinosi non sono un gioco per ragazzi
Preme far notare che l’argomento trattato non deve sembrare come una nostra eccessiva attenzione agli aspetti teorici. È comunque bene sapere che molte fessure sul rivestimento resinoso, dipendono proprio da una carente considerazione progettuale ed applicativa rivolta a questo concetto pratico ed importante per il rivestimento resinoso.
Il rivestimento resinoso richiede attenzione e competenza. Prima di tutto perché non tutti i sistemi resinosi hanno le stesse caratteristiche e specifiche tecniche, anche se i rivestimenti che si applicano sono carrabili.
Secondariamente perché il supporto su cui verrà applicato il nostro rivestimento resinoso per “coprire” lo stato fessurativo, è costituito da un calcestruzzo soggetto a ritiri e quindi soggetto a movimenti nel tempo più o meno lungo (per 1 o 2 anni).
Ecco allora la necessità di possedere le giuste competenze sullo stato fessurativo da “coprire”:
- indagando sul come eseguito;
- interpretando i dati del rivestimento riportati sulle schede tecniche;
- indagine sul come eseguito
Lo stato fessurativo deve essere indagato per conoscere se l’ampiezza delle fessure tende ad allargarsi nel tempo (fessure in movimento). Questo perché le norme sulla capacità di una “membrana” resinosa di assorbire i movimenti del supporto fessurato indicano il valore di 0,75 mm come requisito minimo, mentre sovente i ritiri del pavimento in calcestruzzo tradizionale (privo cioè di agenti espansivi) risultano maggiori.
Allora impariamo a seguire i principi, seppur teorici, del crack bridging applicandoli ai nostri rivestimenti resinosi incrementandone gli spessori e perché no adottando una eventuale sottile armatura.
Tutto ciò indagando su come è stato eseguito il pavimento di calcestruzzo al fine di scegliere il giusto ciclo applicativo capace di fare da ponte all’eventuale stato fessurativo in movimento.
Sarebbe bene indagare sul calcestruzzo posto in opera, anche con indagini strumentali se fosse necessario.
Non tutte le fessure dipendono da una singola causa, pertanto l’applicatore dovrà procedere ad una attenta analisi indagando:
- sull’ampiezza della fessura, tenendola monitorata per un periodo di tempo sufficiente per capire se l’ampiezza si modifica;
- sull’estensione dello stato fessurativo da cui se ne può dedurre la causa;
- sui dati prestazionali del formulato resinoso riportati nelle schede tecniche.
Considerando poi che la capacità del materiale resinoso a “fare da ponte” su una fessura in movimento nel tempo senza che si strappi dipende:
- dalla temperatura dell’ambiente al momento dell’applicazione;
- dallo spessore del rivestimento applicato;
- dall’età del pavimento per valutarne i ritiri,
- dal residuo secco diverso per ciascun tipo di rivestimento resinoso.
Per la capacità di un rivestimento resinoso a “fare da ponte” ad una fessura in movimento si considerano come riferimento le istruzioni contenute nella norma UNI EN 14891 dove il requisito di crack-bridging deve essere > 0,75 mm non solo a condizioni di temperatura standard, ma anche a bassa temperatura (-5°c) e molto bassa (-20°c) quali le celle frigorifere.
Non dimentichiamo che il pavimento di calcestruzzo ha un comportamento ben diverso alle alte e alle basse temperature. Quindi, per coprire lo stato fessurativo di un pavimento sito all’esterno tipo un piazzale, si devono valutare e non trascurare i movimenti derivanti dall’irraggiamento diretto e quindi dalle diverse situazioni climatiche derivanti dall’esposizione (nord o sud).
Dobbiamo inoltre chiarire che i rivestimenti resinosi sono prodotti liquidi più o meno viscosi, che una volta applicati in opera divengono solidi per evaporazione della parte volatile. Quindi l’applicatore competente leggerà attentamente la scheda tecnica del prodotto per essere informato e quindi consapevole sui parametri:
- del residuo secco;
- del modulo elastico.
in quanto si tratta di parametri altamente correlati con la capacità del rivestimento di fare da “ponte ad una fessura” in movimento. Vediamone come:
Il residuo secco viene normalmente riportato nelle schede tecniche o in peso o in volume. In peso esprime la percentuale di solido che rimane sulla superficie. In volume esprime la percentuale di solido che resta in superficie rispetto al volume iniziale.
Esempio di calcolo per raggiungere lo spessore contrattuale, o prescritto:
Per ottenere un rivestimento di 120 gr/mq di una resina con residuo secco dell’85% si dovranno applicare 141gr/mq di resina (120:0,85). In caso di una verifica il rivestimento risulterà insuffuciente.
Il modulo elastico è l’allungamento massimo riferito alla resina tale quale. Aggiungendo il quarzo il sistema si irrigidisce riducendo la sua elasticità. Quindi a maggior ragione lo spessore del rivestimento deve essere aumentato per meglio consentire al sistema di “fare da ponte” sopra le fessure in movimento presenti nel supporto.
In conclusione, applicare un rivestimento in resina sul supporto in calcestruzzo fessurato richiede:
- una attenta analisi del supporto e del suo stato nel tempo;
- una attenta lettura delle schede tecniche per verificare che:
- il residuo secco consenta di applicare il giusto spessore di prodotto;
- la elasticità del prodotto prescelto sia compatibile con la previsione di movimento delle fessure presenti nel supporto;
- la crack-bridging capacity del prodotto sia compatibile con lo spessore del rivestimento resinoso per la previsione di movimento delle fessure presenti nel supporto.
QUATTRO COSE DA SEPERE SULLE RESINE
Questo articolo fa parte di una raccolta di quattro note tecniche volte a informare gli addetti ai lavori. Informazioni che purtroppo nell’arco degli anni si sono perse per diversi motivi, vuoi perché l’informazione non può raggiungere tutti, vuoi anche per il ben noto disinteresse di tanti.
Le quattro note tecniche trattano rispettivamente i seguenti argomenti:
- Rivestimenti resinosi e il problema della fessurazione nelle pavimentazioni
>>> LEGGI LA 1° NOTA
- Cosa si intende con il termine “crack bridging capacity” del rivestimento
>>> LEGGI LA 2° NOTA
- La tecnica dei "Travetti in resina" per la riparazione dei bordi dei giunti
>>> LEGGI LA 3° NOTA
- Cosa si intende con "capacità di lavoro" del sigillante resinoso
>>> LEGGI LA 4° NOTA
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