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Permesso di costruire: quali differenze tra proroga e rinnovo? E per quanto tempo si può procrastinare?

Tar Salerno: le due fattispecie tendono ad avvicinarsi sotto il profilo sostanziale, atteso che il rilascio di una proroga del termine, al pari dell’adozione dell’atto di rinnovazione, ha comunque una connotazione discrezionale, decisamente più circoscritta rispetto al secondo, di cui è riservataria esclusiva l’Amministrazione comunale

Rinnovo e proroga del permesso di costruire non sono la 'stessa' cosa ma ci vanno molto vicino; in ogni caso, la responsabilità decisionale spetta al comune, che può decidere se prorogare per una, due o 'enne' volte un titolo abilitativo e per quanto. Non può, invece, non rispondere alla richiesta di proroga.

Tutte queste interessanti conclusioni si evincono dalla sentenza 634/2020 dello scorso 4 giugno del Tar Salerno, inerente al caso della seconda richiesta di proroga di un permesso (art.15 dpr 380/2001) per dei lavori di ristrutturazione di una casa (di durata triennale), al quale l'amministrazione comunale, che aveva concesso di procrastinare nella prima occasione, non ha risposto alla seconda con il conseguente ricorso.

Permesso di costruire: tre proroghe sono troppe?

Il Comune rimaneva inerte a fronte della istanza di proroga e, segnatamente, della richiesta a provvedere, a pronunciarsi, cioè, in modo espresso ed inequivoco sull’iniziativa privata di apertura procedimentale, a prescindere dall’esito decisorio finale, satisfattivo o meno.

Tanto basta - inizia così il Tar - per integrare il perfezionamento della fattispecie del silenzio inadempimento e giustificare l’accoglimento del ricorso da parte del Collegio, il quale può addivenire ad una declaratoria d’illegittimità del silenzio serbato, ma non può spingersi fino alla condanna al rilascio dell’atto richiesto, nel caso la proroga del termine, incorrendo nel limite invalicabile di cui all’art. 31, comma 3, che consente al giudice uno scrutinio nel merito della fondatezza della pretesa dedotta nonché della giuridica spettanza del bene-interesse della vita unicamente a fronte di un’attività vincolata o quantomeno carente di scelte discrezionali. Nel caso in esame, infatti, la delibazione sottesa al provvedimento di proroga implica necessariamente una valutazione comparativa e ponderativa dei vari interessi in gioco, di esclusiva spettanza dell’Amministrazione.

Proroga e rinnovo del permesso: differenze labili

Il confine di demarcazione è davvero sottile:

  • la proroga del permesso di costruire rappresenta per definizione un atto accessorio al titolo abilitativo che, dilatando i confini operativi della sua efficacia temporale, realizza, di fatto, quella che viene definita una vera e propria novazione del termine nell’ambito di un provvedimento ancora efficace;
  • la rinnovazione, in quanto atto autonomo sotto il profilo giuridico, costituisce l’esito di un nuovo e diverso iter procedimentale di contemperamento e ponderazione degli interessi in gioco.

Nonostante le diversità funzionali, le due fattispecie tendono ad avvicinarsi sotto il profilo sostanziale, atteso che il rilascio di una proroga del termine, al pari dell’adozione dell’atto di rinnovazione, ha comunque una connotazione discrezionale, decisamente più circoscritta rispetto al secondo, di cui è riservataria esclusiva l’Amministrazione comunale.

Negli incisi normativi “la proroga può essere accordata” di cui al comma 2 dell’art. 15 del DPR 380/2001 e “la proroga è comunque accordata” ex comma 2 bis della medesima disposizione si intravede sempre una riserva di competenza, in termini sia pure di discrezionalità tecnica, propria degli organi amministrativi comunali, che afferisce tendenzialmente al quid, ovvero all’ampiezza temporale della proroga, sulla cui definizione incidono scelte e valutazioni peculiari, per nulla suscettibili di essere incise dal sindacato giurisdizionale.

Quindi: il Tar non può condannare l'Amministrazione intimata, secondo quanto richiesto dalla parte ricorrente, ma solamente accogliere come peraltro fatto il ricorso, chiedendo cioè al comune di esprimersi entro il termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione o dalla sua notificazione a cura di parte, se anteriore.

In caso di ulteriore inadempimento, si nomina sin d'ora Commissario ad acta il Prefetto competente, o suo delegato, che provvederà al compimento degli atti necessari all'esecuzione della presente decisione, a semplice domanda di parte ricorrente, ove decorso inutilmente il predetto termine perentorio.

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