Riqualificare il Paese non è un lusso: incentivi efficaci, strumenti semplici e un nuovo Testo Unico per rilanciare l’edilizia
Paola Marone evidenzia l’urgenza di riqualificare il patrimonio edilizio italiano, obsoleto ed energivoro, con incentivi stabili, inclusivi e integrati a criteri ambientali e strutturali. Serve una riforma normativa organica e una roadmap chiara e duratura per garantire coerenza legislativa, sostenibilità e sicurezza del costruito.
Normativa urbanistica: "C'è troppa frammentazione, Governo lavori ad una riforma complessiva"
Ingegnere Marone, l’indagine della Commissione Ambiente della Camera, pubblicata e commentata su INGENIO, evidenzia che il 55% degli edifici residenziali italiani si trova nelle classi energetiche più basse (F e G). È un dato allarmante. Perché oggi, più che mai, riqualificare il patrimonio immobiliare non è solo un’opzione, ma una necessità strutturale per il Paese?
Paola Marone:
La base di partenza è la considerazione che l’edificio è il ”centro” dell’abitare e di quello che è oramai comunemente identificato come “AMBIENTE COSTRUITO”; in quanto tale coinvolge molteplici settori produttivi della filiera (costruttori, impiantisti, progettisti e professionisti ,produttori di materiali) Occorre quindi una visione integrata che guardi alle complesse relazioni tematiche, economiche e sociali che riguardano l’ “abitare”.
Il cardine dell’attività edilizia è la rigenerazione e riqualificazione urbana per dare corpo al processo ineludibile di miglioramento e adeguamento qualitativo e strutturale del patrimonio edilizio (il 55% degli edifici italiani risale agli anni 60/70 e il 19% è antecedente al 1919, Dati ENEA).
Sempre secondo i dati riportati nell’indagine, il settore civile è responsabile del 17,9% delle emissioni di gas serra, di cui oltre il 66% deriva dal riscaldamento. Cosa significa, in termini pratici, continuare a rimandare interventi di efficientamento energetico nel nostro parco edilizio?
Paola Marone:
Le emissioni degli edifici hanno ampi spazi di miglioramento soprattutto negli immobili più vecchi ed energivori.
Gli edifici vecchi superano nei consumi i 350kwh/m2 mentre gli edifici nuovi consumano 50 kwh/m2 annui. Considerando che i costi energetici in Italia sono i più alti di quelli in ambito europeo è evidente la necessità di intervenire urgentemente. Lo scorso anno il costo dell’energia in Italia ha avuto una media di circa 100/Mwh, contro i 68,88 della Spagna, i 55,96 della Germania e i 30,00 della Francia.

L’indagine propone la costruzione di un sistema di incentivi più stabile, organico, prevedibile. Qual è la sua visione su come dovrebbero essere costruiti i prossimi incentivi fiscali? Quali criteri di selezione, di efficacia ambientale e di equità sociale dovrebbero orientare il nuovo quadro di agevolazioni?
Paola Marone:
Occorre considerare che la casa in Italia costituisce di fatto la gran parte del patrimonio privato. Gli incentivi da programmare, oltre che a dare una prospettiva reale e di lunga durata vuol dire anche intervenire sugli aspetti sociali e di coesione delle comunità urbane. Gli incentivi dovrebbero dunque, privilegiare le fasce più deboli e consentire di selezionare le imprese più strutturate e realmente operative nel comparto.
Un punto sollevato da molti soggetti auditi riguarda la necessità di evitare la frammentazione normativa.
Paola Marone:
La legge fondamentale in materia urbanistica dello Stato italiano, la Legge n.1150 del 16 ottobre 1942, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.244 e in vigore dal 31 ottobre dello stesso anno, rappresenta ancora oggi un punto di riferimento normativo centrale. Il D.Lgs. 179/2009, nell’allegato 1, conferma che si tratta della 763ª legge dello Stato. Questa normativa è stata integrata dal D.M. 1444 del 1968, che ha introdotto gli standard urbanistici, ma rimane evidente che tali norme non sono più adeguate alle esigenze reali del Paese.
Attualmente, il riferimento normativo in materia edilizia è il D.P.R. 380/2001, noto come Testo Unico per l’Edilizia, integrato recentemente dal cosiddetto “Salva Casa”. L’obiettivo è disciplinare il settore in maniera organica, abrogando le leggi obsolete e introducendo una normativa più adatta ai tempi contemporanei.
In questo contesto, non possiamo ignorare la problematica della frammentazione normativa, dovuta ai continui interventi normativi non supportati da una riforma organica che hanno nel tempo portato anche a conflitti tra Stato e Regioni per l’assenza di una chiara delimitazione dei relativi confini.
È dunque necessario che il Governo intervenga con una riforma complessiva, per garantire una maggiore coerenza legislativa su scala nazionale e nello stesso tempo tenere conto dell’evoluzione delle normative regionali più innovative e semplificate che devono rappresentare vere e proprie best practices da inserire nella regolazione statale.
Nel documento si legge chiaramente che il Superbonus 110%, pur avendo attivato investimenti, ha generato distorsioni nel mercato e costi ambientali elevati per tonnellata di CO₂ risparmiata. Secondo lei, cosa possiamo imparare da quell’esperienza e cosa non dobbiamo più ripetere?
Paola Marone:
Con il Superbonus 110% in Italia (elaborazione ANCE su dati ENEA-MASE) è stato riqualificato il 5,8% dello stock edilizio, con una distribuzione diversa tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Mezzogiorno che trova spiegazione anche nelle differenze climatiche presenti nel Paese. Nelle regioni del centro-nord, per esempio, questa incidenza si attesta tra il 7 e il 9% degli edifici potenziali, cioè quelli non troppo recenti né quelli vincolati. È un valore tutt’altro che trascurabile, in soli 3 anni. Dall’inizio del provvedimento, il numero totale degli interventi incentivati con il Superbonus energetico ha raggiunto circa 500.000 richieste, per un investimento complessivo di 119,5 miliardi di euro (comprese le somme non ammesse a detrazione). Per non vanificare questi importanti risultati è necessario implementare azioni volte a riqualificare il patrimonio immobiliare vetusto, così come definito dalla Direttiva Europea “case green”, che necessita senz’altro di modifiche e adattamenti all’evoluzione economica mondiale, ma che ha come obiettivo la riduzione progressiva delle emissioni di CO2 del parco immobiliare.
Tra le misure più discusse emerse nell’indagine ci sono lo sconto in fattura e la cessione del credito. Lei crede che questi strumenti debbano essere mantenuti, regolati meglio o superati? E che ruolo possono ancora giocare in una fase di rilancio della riqualificazione edilizia?
Paola Marone:
Lo sconto in fattura e la cessione di credito sono strumenti necessari per le fasce più deboli. Senza questa possibilità non si potrà affrontare il tema della riqualificazione del patrimonio residenziale degli edifici condominiali ad uso abitativo. Bisogna considerare la frammentazione delle abitazioni soprattutto in ambito condominiale. Sono strumenti indispensabili per gli incapienti che non hanno nessuna convenienza ad investire e scarse possibilità economiche ma che essendo presenti nei condomini paralizzano il mercato.
Alcune proposte contenute nel rapporto finale puntano a legare l’incentivo non solo al risparmio energetico, ma anche alla qualità e alla profondità dell’intervento. Ritiene utile, ad esempio, premiare maggiormente i lavori che integrano riqualificazione energetica e adeguamento sismico?
Paola Marone:
Siamo in territorio sismico e dobbiamo assolutamente prevedere un piano di investimenti per la messa in sicurezza del nostro patrimonio immobiliare pubblico e privato.
Un altro aspetto cruciale evidenziato nell’indagine – ma spesso trascurato nel dibattito – è la sicurezza strutturale. È giusto, secondo lei, che ogni intervento incentivato preveda una valutazione sismica dell’edificio, e, in caso di criticità, imponga obbligatoriamente anche un miglioramento strutturale?
Paola Marone:
Sicuramente. È opportuno che gli interventi che ricevono un incentivo, quindi soldi pubblici, siano orientati ad un miglioramento strutturale in un Paese come il nostro soggetto a rischi di vario tipo, sismico e idrogeologico in primis.
Il DPR 380/2001, che disciplina l’attività edilizia, è stato definito obsoleto da molti esperti auditi. Tre Ministri del MIT hanno annunciato la riscrittura del Testo Unico delle Costruzioni, ma a oggi è uscito solo il decreto “Salva Casa”, che appare molto parziale. Lei condivide la necessità urgente di una riforma normativa? E quali dovrebbero essere le priorità del nuovo testo?
Paola Marone:
Come detto in precedenza attualmente, il riferimento normativo in materia edilizia è il D.P.R. 380/2001, noto come Testo Unico per l’Edilizia, integrato recentemente dal cosiddetto “Salva Casa”. L’obiettivo è disciplinare il settore in maniera organica, abrogando le leggi obsolete e introducendo una normativa più adatta ai tempi contemporanei. Va superata la frammentazione normativa, in particolare le differenze tra normativa statale e delle singole regioni che genera disparità di trattamento tra i cittadini contraddicendo il dettato costituzionale.
È dunque necessario che il Governo intervenga con una riforma complessiva, per ridurre l’asimmetria normativa tra le Regioni e garantire una maggiore coerenza legislativa su scala nazionale. Al tempo stesso, tale riforma dovrà valorizzare le esperienze più innovative e semplificate maturate a livello regionale, affinché possano costituire esempi virtuosi da integrare nella disciplina statale, nell’ottica di un sistema realmente efficace e moderno.
Infine, a partire dalle raccomandazioni della Commissione, quale dovrebbe essere – secondo lei – la roadmap politica, normativa e tecnica per rilanciare davvero la riqualificazione del patrimonio edilizio italiano in modo strutturale, credibile e sostenibile nel tempo?
Paola Marone:
Serve un piano di lungo periodo considerando che l’ambiente costruito nelle sue componenti residenziali e produttive, e sostenibilità ambientale formano un binomio che deve costituire la base per lo sviluppo economico e sociale del Paese; il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione dell’attività edilizia che sono alla base del rapporto costruzioni/ambiente non deve perciò essere visto come vessatorio e per questo è necessaria una corretta e chiara gradualità nell’applicazione delle misure finalizzate al raggiungimento di tali obiettivi, mettendo in campo a livello locale, nazionale ed europeo tutti gli strumenti tecnici, normativi, amministrativi e finanziari utili.
A livello operativo vanno superate le incongruenze tra legislazione ambientale ed urbanistica e i conflitti tra titolari di competenze autorizzative in campo ambientale (regioni, Province, Autorità di bacino, Enti di Bonifica …) e urbanistico (Comuni)

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