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Risorse idriche in Italia: piovosità abbondante, ma il 40% d'acqua non arriva ai rubinetti. Necessari investimenti su infrastrutture

L'Italia non ha problemi di piovosità, ma la cattiva gestione delle infrastrutture mette la penisola a rischio siccità. Lo stress idrico impatta su agricoltura, turismo e industria con danni stimati nell’ordine di 20 miliardi di euro tra 2000 e 2022. Necessario al più presto un cambio di passo.

Precipitazioni medie: l'Italia è 5^ in Europa e a Roma piove più che a Londra

Il rapporto Water Economy in Italy, realizzato da Proger con la collaborazione della Fondazione Earth and Water Agenda, è il primo studio a fornire un quadro completo e dettagliato della risorsa idrica in Italia: quantità, prelievi, utilizzi, infrastrutture e fabbisogni, esaminati in funzione del necessario adattamento al cambiamento climatico.

Il rapporto, che è stato presentato martedì 21 marzo presso il Senato con un evento realizzato in collaborazione con italiadecide, si pone come un completo e articolato spunto di riflessione sull’assoluta priorità della salvaguardia delle acque nelle scelte strategiche del Paese.

L’Italia convive con la minaccia idrogeologica e con una sofferenza idrica importante nonostante non difetti delle condizioni naturali per mantenere l’equilibrio tra la domanda e la disponibilità idrica. La piovosità in Italia è abbondante: su scala nazionale registra 301 miliardi di m3 di pioggia in media, ma solo l’11% delle precipitazioni è prelevata per tutti gli usi. Il nostro paese si colloca al 5° posto in Europa per quantità di precipitazioni medie, Milano è l’area metropolitana più piovosa d’Europa e Roma è più piovosa di Londra.

Considerando le precipitazioni e il patrimonio idrico italiano, la media annua dell’acqua teoricamente utilizzabile risulta 5 volte il livello medio dei prelievi annui per tutti gli usi (civile, agricolo industriale). Il problema è che naturalmente le precipitazioni non sono ripartite uniformemente sul territorio e nel corso dell’anno, e così capita che le stesse aree che sono vittime di ondate di maltempo e alluvioni poi si trovano a fare i conti con la mancanza d’acqua nei mesi più caldi. Un fenomeno che ha un comune denominatore: la carenza di infrastrutture idriche per gestire e utilizzare l’acqua quando e dove serve.

L’Italia è sostanzialmente ferma alle stesse capacità di invaso di mezzo secolo fa, ma con necessità e consumi aumentati enormemente. Ci sono 531 grandi dighe la cui capacità d’invaso sarebbe di 13,652 miliardi di m3, ma i volumi reali sono inferiori del 35% (per ritardi nelle procedure di collaudo tecnico-funzionale, per interramento progressivo per mancato drenaggio e per carenza di nuovi investimenti).

4,8 milioni di italiani vivono in territori a rischio piena con codice rosso. Siamo un paese fragile: del totale delle frane registrate sul territorio europeo oltre l’80% riguardano l’Italia.

Dopo le alluvioni, la siccità è il secondo rischio naturale più oneroso. Tra il 2000 e il 2022 l’Italia è stata colpita da gravi periodi di siccità con danni complessivi tra agricoltura, alimentare, industriale, energetico, pari a 20 miliardi di euro.

Una rete colabrodo: oltre il 40% dell’acqua potabile prelevata non arriva ai rubinetti. A peggiorare il quadro, manca un segnale di prezzo: abbiamo la tariffa media più bassa d’Europa (176,16 € di consumi medi per una famiglia di 3 persone) che non disincentiva l’iperconsumo.

L’Italia versa 165mila € al giorno come sanzione all’UE (circa 60 milioni l’anno) per effetto di diverse infrazioni in materia di infrastrutture idriche. In particolare la mancanza dei sistemi di depurazione e filtraggio delle acque reflue, sia in ambito agricolo che industriale, e il loro riuso, anche in ambito civile.

Inoltre, il bilancio idrico dell’Italia andrebbe considerato anche da una prospettiva storica: siamo il paese inventore degli acquedotti e dei sistemi irrigui, siamo grandi realizzatori di bonifiche e vantiamo l’eccellenza di imprese nazionali specializzate nel disinterramento di dighe e invasi, che però lavorano quasi esclusivamente all’estero, dove sono altamente apprezzate.

In conclusione, il Rapporto presentato da Proger prende in esame il necessario cambio di passo per garantire la risorsa idrica per gli usi civili, agricoli, industriali e per generare energia pulita.

È necessaria una ripresa degli investimenti (pubblici e privati), modifiche legislative e di governance ed uno sforzo tecnico, progettuale ed imprenditoriale per potenziare la capacità di stoccaggio; per la sostituzione e la rigenerazione di reti ed impianti, nonché per la realizzazione di nuove infrastrutture; per il riuso delle acque reflue e per la ricarica programmata delle falde idriche; per la desalinizzazione e l’utilizzo dell’acqua di mare; per l’applicazione di tecnologie innovative e basate sull’intelligenza artificiale che assicurino il risparmio ed il controllo della risorsa.

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