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Trasformazione del sottotetto: è nuova costruzione o ristrutturazione edilizia? Quali distanze deve rispettare?

Consiglio di Stato: se sono state attuate opere con cambio di destinazione d’uso al fine di rendere abitabile il sottotetto, senza che rilevi la oggettiva impossibilità di abitabilità per mancanza dei requisiti accertati dal verificatore, la SCIA non basta e l'intervento è abusivo in quanto sarebbe servito il permesso di costruire, essendoci un aumento di volume

Trasformare o tentare di trasformare un sottotetto per renderlo abitabile, aumentandone l'ingombro volumetrico, inquadra un intervento edilizio complesso, che richiede la richiesta e il rilascio del permesso di costruire, non essendo sufficiente una semplice SCIA. Se manca, scatta l'abuso edilizio e la demolizione inevitabile.

Questo ha 'sentenziato il Consiglio di Stato nell'interessante pronuncia 1047/2022, che segnaliamo perché fa chiarezza su uno degli interventi edilizi più gettonati in generale, quello di trasformazione del sottotetto.

Il sottotetto della discordia

I ricorrenti ricorrono contro una sentenza del Tar Lombardia che - confermando l'operato del comune - aveva ingiunto l'ordine di demolire alcune opere realizzate in un edificio.

A livello cronologico, sono questi i passaggi del nostro caso:

  • i) in data 21 giugno 2016 è stata presentata una segnalazione certificata di inizio attività (di seguito Scia) per la realizzazione di modifiche interne all’immobile;
  • ii) in data 22 settembre 2016, una Scia per la formazione del cosiddetto cappotto in facciata (isolamento termico) e la sostituzione della copertura esistente; 
  • iii) in data 15 dicembre 2016, una Scia per la «sostituzione copertura esistente con nuova copertura in legno coibentata, modifica dimensione finestre, realizzazione massetto piano sottotetto».

In particolare, secondo le parti, l’intervento consisterebbe nella sostituzione della copertura in legno esistente, gravemente deteriorata, con una nuova copertura in legno coibentata, al fine di rendere più regolare il profilo del fabbricato in fase di progetto.

Si è aggiunto, inoltre, che il sottotetto non varierebbe la sua destinazione d’uso e sarebbe accessibile ma senza la possibilità di permanenza, avendo una altezza media inferiore a metri 2.40.

Abitabile o no? Che sottotetto è?

Gli appellanti hanno assunto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che si trattasse di una nuova costruzione e non invece di una ristrutturazione edilizia.

In particolare, secondo gli appellanti, non sarebbe corrispondente al vero il fatto che il sottotetto non rispetti le altezze indicate nella Scia del 2016.

Inoltre, si rileva come lo spazio sottotetto prima dell’intervento oggetto della suddetta Scia non risultava abitabile e sarebbe tuttora non abitabile.

Palazzo Spada si affida quindi alle 'prove' concrete, quelle derivanti dall'esame del verificatore, il quale ha accertato che lo spazio sottotetto «non è suscettibile di cambio di destinazione d’uso a fini abitativi in quanto non ha i parametri necessari a consentire la permanenza continuativa di persone».

In particolare si è accertato che «tale spazio sottotetto non rispetta i requisiti di agibilità e abitabilità di sottotetti» imposti dalla normativa vigente «solo per quanto riguarda i parametri di illuminazione e di areazione».

Il verificatore ha accertato, però, che «tali spazi hanno le caratteristiche tipiche degli ambienti di servizi (bagni, ripostigli, corridoi, spogliatoi, etc.) dove è prevista una permanenza illimitata delle persone, tenuto conto che in tali ambienti risultano surrogabili i requisiti di areo-illuminazione».

Nella parte finale della relazione si è affermato che l’intervento nel suo complesso ha determinato «un aumento di superficie lorda di pavimento e conseguentemente di volumetria urbanistica».

In definitiva, in questo caso la tipologia di intervento è differente rispetto a quella oggetto della Scia, in quanto risulta che sono state attuate opere con cambio di destinazione d’uso al fine di rendere abitabile il sottotetto, senza che rilevi la oggettiva impossibilità di abitabilità per mancanza dei requisiti accertati dal verificatore.

Si tratta, pertanto, di un intervento abusivo perché non sorretto da nessun titolo abilitativo idoneo (tale non potendosi considerare la Scia a fronte di un aumento volumetrico), con conseguente legittimità dell’ordine inibitorio e poi dell’ordine di demolizione.

Ma il comune può 'farsi sentire' coi lavori in cordo d'opera?

Gli appellanti hanno anche contestato la sentenza del TAR nella parte in cui non hanno rilevato la doverosità dell’esercizio del potere di conformazione da parte del Comune, non inibitorio e demolitorio, in quanto i lavori erano ancora in corso al momento in cui è stato effettuato il sopralluogo.

Palazzo Spada segnala che l’art.19 della legge 241/1990 prevede, tra l’altro, che: 

  • i) l'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti richiesti dallo stesso articolo per la legittimità della Scia, nel termine di sessanta giorni (trenta giorni nel settore edilizio) dal ricevimento della segnalazione, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa;
  • ii) qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime.

Nel caso in esame, il Comune ha accertato l’effettuazione di un intervento edilizio che risulta differente, per destinazione e natura, da quello oggetto di Scia e, in ogni caso, ha ritenuto non sussistenti i presupposti per l’esercizio dei poteri inibitori. Ne consegue la legittimità, anche sotto tale aspetto, dei provvedimenti impugnati.

Distanze tra costruzioni: le regole

In merito alle distanze tra costruzioni non rispettate, i ricorrenti affermano che «i confini sud-ovest e nord-ovest presentano distanze dai confini inferiori a cinque metri» e che le tali distanze «risultano conformi ed autorizzate regolarmente ai sensi della licenza di costruzione del 31 luglio 1967, n. 333».

Inoltre, non vi sarebbe stata alcuna sopraelevazione, non sarebbe aumentato il carico urbanistico e la modifica della sagoma sarebbe irrilevante.

Anche qui, secondo Palazzo Spada, non ci siamo.

In relazione alla distanza tra le costruzioni, il verificatore ha rilevato che «per le distanze dal confine si può accertare che sono rimaste inalterate e che sono state rispettate le prescrizioni di distanza imposte originariamente nel 1967 di distanza di quattro metri dal confine se si considera il filo esterno del muro perimetrale ovvero come se lo stesso fosse interamente di proprietà dei sigg. ..., ma che le stesse, in virtù dell’innalzamento dei prospetti effettuato nel 2016, non rispettano attualmente la distanza di cinque metri, vigente già dal 2012». Alla luce di quanto puntualmente accertato dal verificatore risulta, nei limiti sopra indicati, violata anche la normativa sulle distanze tra le costruzioni.

In relazione all’altezza del fabbricato, il verificatore ha accertato che:

  • i) «dalla ricognizione dei luoghi è apparso chiaro che gli spazi del piano interrato e terra, con eccezione della camera patronale, non hanno subito cambiamenti di quota»; 
  • ii) «l’altezza massima dell’edificio è allo stato attuale di 5,79 metri e, nonostante risulta variata rispetto all’altezza preesistente, è in ogni caso rispettosa delle prescrizioni contenute nell’allora vigente art. 30 delle norme tecniche di attuazione».

Ne consegue la modifica dell’altezza della camera patronale e dell’edificio nonostante la sua conformità urbanistica, il che potrebbe rilevare in una eventuale successiva richiesta di sanatoria.

Infine, in relazione alla sagoma, il verificatore ha accertato che «la stessa segue quella di progetto della scia ... del 2016, ma non risponde al citato titolo per quanto riguarda le quote altimetriche».

Nella parte finale della relazione si afferma che «la sagoma ha subito una variazione in aumento rispetto ai progetti assentiti attraverso l’innalzamento delle linee di gronda e di colmo della copertura».

In relazione al carico urbanistico, il verificatore ha accertato che «il sottotetto ha portato un incremento dell’ordine di 75 mq di slp».

Troppe discordanze dalle SCIA: è abuso edilizio

In conclusione, l’intervento edilizio si discosta in modo rilevante dal contenuto delle segnalazioni certificate di inizio attività, il che ha giustificato l’esercizio di poteri inibitori e ripristinatori basati sull’assenza di un titolo edilizio idoneo ad autorizzarne la realizzazione.

Lo stesso verificatore ha così concluso: 

  • i) «l’intervento edilizio che ha interessato l’edificio è consistito in un’opera che ha portato l’organismo edilizio ad avere un innalzamento sia delle linee di imposta della copertura sia dell’altezza di colmo rispetto alla preesistenza»;
  • ii) «sono rimaste invariate le quote interne dei vari solai intermedi»;
  • iii) «tale innalzamento ha determinato conseguentemente una maggiore altezza dei prospetti (fronti), un maggior volume e la formazione di uno spazio che, avendo un’altezza media ponderale maggiore di 2,40 mt non rispetta le prescrizioni di altezza massima dettate dalla normativa regionale riguardante il recupero dei sottotetti».

LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN FORMATO PDF PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

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