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Varianti edilizie essenziali in zona vincolata: non c'è margine per condono o sanatoria

Un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente, tre condizioni precise. Ecco quali

Non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque d’inedificabilità.

Lo ricorda, ancora una volta, il Consiglio di Stato, che nella sentenza 11747/2022 del 30 dicembre torna nell'alveo delle possibilità - o delle impossibilità - previste dal DL 269/2003, cd. Terzo Condono edilizio.

Il vincolo

Come puntualmente rilevato nella difesa comunale, l’area su cui insistono gli abusi realizzati - e per i quali è stato presentato ricorso - soggiace alle prescrizioni del Piano Territoriale Paesistico (PTP) dei Paesi Vesuviani, in particolare della zona di Protezione Integrale (P.I.), dove vige il divieto assoluto di interventi che incrementino superfici o volumi esistenti.

Il vincolo in questione – risalente al decreto ministeriale 14 dicembre 1995 – è anteriore alla realizzazione delle opere oggetto di condono e, a maggior ragione, all’asserito completamento funzionale.

Sul piano urbanistico, coerentemente al sovraordinato piano paesaggistico, la zona è classificata come ‘A1’, ovvero come zona di interesse ambientale.

Non condonabilità delle opere: le tre condizioni

Palazzo Spada ricorda che il combinato disposto dell’art. 32 della legge 47/85 e dell’art. 32, comma 27, lettera d), del decreto-legge 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge 326/2003, in base a un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 28 ottobre 2019, n.7341; Sez. VI , 17 settembre 2019, n. 6182; Sez. IV, 29 marzo 2017, n. 1434; sez. IV, 21 febbraio 2017, n. 813; Sez. VI, 2 agosto 2016 n. 3487; Sez. IV, sentenza 17 settembre 2013, n. 4587), comporta che un abuso commesso su un bene sottoposto a vincolo di inedificabilità, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere condonato quando ricorrono, contemporaneamente le seguenti condizioni:

  • a) l’imposizione del vincolo di inedificabilità prima della esecuzione delle opere;
  • b) la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio;
  • c) la non conformità alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (nelle zone sottoposte a vincolo paesistico, sia esso assoluto o relativo, è cioè consentita la sanatoria dei soli abusi formali).

Il perimetro del Terzo condono edilizio

Sempre con riguardo agli abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, va pure precisato che il condono previsto dall’art. 32 del decreto legge 269/2003 è applicabile esclusivamente agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 del citato decreto (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, mentre non sono in alcun modo suscettibili di sanatoria le opere abusive di cui ai precedenti numeri 1, 2 e 3 del medesimo allegato, anche se l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e gli interventi risultano conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti (in tal senso anche la giurisprudenza penale: cfr., ex plurimis, Cassazione penale sez. III, 20 maggio 2016, n.40676; peraltro, la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 150 del 2009, ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 26, lettera a, del decreto-legge n. 269 del 2003 nella parte in cui prevede la condonabilità limitata ai soli abusi minori nelle zone sottoposte a vincolo di cui all'art. 32 della legge n. 47 del 1985).

In definitiva, non possono essere sanate le opere che hanno comportato la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in zona assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, o comunque d’inedificabilità.

Il regime d’inedificabilità assoluta rende ovviamente inammissibili anche semplici lavori di completamento (per i quali, peraltro, neppure risultano osservati gli adempimenti prescritti dall’art. 35, comma 14, della legge 47/1985).

La CILA non può bastare

Anche le censure secondo cui le opere sanzionate, in quanto di mero completamento, avrebbero potuto essere realizzate sulla scorta di una mera comunicazione ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001 (inviata al Comune, in data 15 maggio 2008, prot. n. 16871), sono destituite di fondamento per una pluralità di motivi.

In primo luogo, siamo in presenza di un abuso sostanziale, comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico di inedificabilità, come tale neppure condonabile.

In secondo luogo, l’intervento in esame, per le sue caratteristiche costruttive, non rientra neppure nel campo applicativo della disciplina sull’edilizia libera (in disparte la questione della vigenza, all’epoca dei fatti, delle modifiche apportate dalla legge n. 73 del 2010).

Trattasi della realizzazione in ampliamento angolo sud-ovest di una chiusura impegnante un’area di m. 2,00 x1,50, composta da profilati in alluminio e vetro e in uso lavanderia, che si innesta su di un manufatto anch’esso abusivo.

Demolizione sacrosanta

Oltre ai rilievi sopra svolti in ordine alla natura sostanziale dell’abuso, il Consiglio di Stato ricordato che qualunque intervento effettuato su immobili sottoposti a vincolo paesistico è da qualificarsi almeno come «variazione essenziale» e, in quanto tale, è suscettibile di essere demolito ai sensi dell’art. 32, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001.


LA SENTENZA 11747/2022 DEL CONSIGLIO DI STATO E' SCARICABILE IN FORMATO PDF PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE.

Allegati

Abuso Edilizio

L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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