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Vizi costruttivi e difetti edilizi: responsabilità contrattuale e professionale di impresa, direttore dei lavori e progettista

Nel settore edilizio il ruolo e gli obblighi di progettisti, imprese e altri soggetti tecnici è disciplinato dalla norma che punisce severamente ogni inadempienza. In particolare gli artt. 1667 e 1669 del Codice Civile, chiariscono i limiti temporali e le condizioni di garanzia in relazione a difetti e vizi delle opere edilizie. La trattazione si arricchisce con l’esame dell’ordinanza della Corte di Cassazione n. 7176/2025, che approfondisce le modalità di attribuzione di responsabilità in casi di vizi costruttivi e difetti progettuali, distinguendo tra responsabilità contrattuale e professionale.

La responsabilità dei professionisti nel settore delle costruzioni

La responsabilità dei professionisti nel settore delle costruzioni rappresenta un tema di grande attualità e complessità, che coinvolge non solo aspetti giuridici ma anche tecnici e assicurativi. Quando si realizza un’opera si richiede la collaborazione di diverse figure tecniche che vanno dal progettista all’impresa costruttrice, dal direttore dei lavori ai fornitori di materiali. Ognuna di queste figure ha delle responsabilità e dei precisi obblighi, affinché venga garantita la qualità dell’opera realizzata e la sicurezza per il committente.

In particolare, la legge distingue tra vizi normali, disciplinati dall’art. 1667 c.c., e vizi gravi, regolati dall’art. 1669 c.c.

Questa distinzione è fondamentale poiché, in base alla tipologia di vizio, variano i termini per la denuncia e per la prescrizione.

Il Codice Civile chiarisce quali siano le responsabilità quando si parla di opere edilizie, in particolate l’art. 1669 sottolinea che “Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia.”

Quindi già il Codice Civile nel 1942 riconosce all’appaltatore precise responsabilità per i difetti gravi di un'opera, infatti se entro dieci anni dalla fine dei lavori l'opera presenta gravi difetti realizzativi, l’impesa costruttrice ne è responsabile verso il committente e i suoi aventi causa.

Cosi come l’art 1667 del c.c. chiarisce che “L’appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera. La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché in questo caso, non siano stati in malafede taciuti dall'appaltatore. Il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta. La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati. L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera. Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna.”

L'appaltatore deve prestare garanzia dell’opera al committente in caso di difformità o vizi dell'opera realizzata. In particolare viene stabilito:

  • se l'appaltatore è responsabile per difetti o difformità dell'opera;
  • che non deve garanzia se il committente ha accettato l'opera e i difetti erano conosciuti o riconoscibili dal committente e non sono stati taciuti in malafede dall'appaltatore.

Inoltre il committente deve denunciare i vizi o le difformità entro sessanta giorni dalla scoperta, tuttavia non è necessaria la denuncia se l'appaltatore ha riconosciuto i difetti.

Invece, la responsabilità anche del progettista e/o del direttore dei lavori è regolata dalle norme generali sull'inadempimento contrattuale, previsto dall’art. 1218 del c.c. e secondo il quale colui “che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Per cui, il tecnico che non esegue esattamente la prestazione dovuta (mancato adempimento degli obblighi professionali) è tenuto al risarcimento del danno, a meno che non dimostri che l'inadempimento o il ritardo è stato causato da un'impossibilità della prestazione derivante da una causa a lui non imputabile.

Tutti questi principi di responsabilità vengono chiariti con l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 7176/2025, la quale offre importanti chiarimenti sulle modalità con cui si attribuiscono le responsabilità in caso di vizi costruttivi, difetti progettuali e inadempimenti contrattuali.

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La responsabilità professionale e responsabilità contrattuale nell’edilizia

Il caso dell’ordinanza n.7176/2025 della Corte di Cassazione nasce da una controversia tra un Condominio e la società che aveva realizzato e venduto l’immobile. Il Condominio aveva denunciato gravi difetti strutturali emersi durante un accertamento tecnico preventivo (ATP), chiedendo il risarcimento dei danni per le spese sostenute per riparare i vizi.

La società, si era difesa a sua volta, chiamando in causa il geometra che aveva rivestito i ruoli di progettista e direttore dei lavori, chiedendo di essere esonerata da eventuali obblighi risarcitori. Il tecnico a sua volta, aveva coinvolto una compagnia assicuratrice, sua garante per la responsabilità professionale.

In prima battuta, il Tribunale di Brescia aveva accolto le richieste del Condominio, condannando la società a risarcire il Condominio, riconoscendo la responsabilità solidale del geometra (50% del danno) e dichiarando che la compagnia assicuratrice fosse obbligata a coprire la somma, salva la franchigia.

In seguito anche la Corte d’Appello di Brescia confermò la sentenza, rigettando gli appelli della società e del geometra.

A questo punto sia il geometra che la società hanno proposto ricorso in Cassazione che a sua volta ha respinto tutti i reclami.

In particolare il geometra sosteneva la presunta violazione dell’ art. 1669 (termini di decadenza per i vizi), ma la Corte sottolinea che “(…) la responsabilità contrattuale dell'appaltatore è regolata dagli artt. 1667 e ss., collocati nel capo del codice civile dedicato al contratto d'appalto, mentre tali articoli nulla dispongono sulla posizione del progettista che cumula anche l’incarico di direttore dei lavori, sicché la responsabilità contrattuale di costoro è regolata in base alle norme generali sull'inadempimento dei contratti e, per quanto siano applicabili, dalle norme sulla prestazione d'opera e sulle professioni intellettuali (artt. 2222 - 2238 c.c). Dunque, nel rapporto tra la convenuta *** *** e il terzo chiamato oggi ricorrente, trova applicazione il principio secondo cui: le disposizioni di cui all'art. 2226 c.c. in tema di decadenza e prescrizione dell'azione di garanzia per vizi non sono applicabili alla prestazione d'opera intellettuale, in particolare alla prestazione del professionista che abbia assunto l'obbligazione della redazione di un progetto d'ingegneria o della direzione dei lavori ovvero dell'uno e dell'altro compito, cumulando nella propria persona i ruoli di progettista e direttore dei lavori (Cass. Sez. U., 28/07/2005, n. 15781, Rv. 583089 - 01).”

Viene quindi chiarito che il rapporto tra la società e il geometra era di natura contrattuale soggetto alla disciplina generale dell'inadempimento (art. 1218 c.c.) e non alla normativa specifica sull'appalto.

Precisamente, la Corte sottolinea che il rapporto tra le parti andava regolato in base alle norme generali sui contratti e, per quanto applicabili, alle disposizioni sulla prestazione d'opera e sulle professioni intellettuali (artt. 2222-2238 c.c.), con esclusione della disciplina speciale dell'appalto e delle relative garanzie per vizi.

A sua volta la società aveva presentato ricorso sostenendo un utilizzo del criterio equitativo nella ripartizione delle responsabilità, ma la Corte sottolinea che “(…) ha dovuto individuare le singole responsabilità del progettista e direttore dei lavori rispetto a quelle attribuibili esclusivamente al costruttore per l’imperizia nella materiale esecuzione dell’opera. Dunque, il giudice del merito ha dovuto accertare e ripartire le rispettive quote di responsabilità non avendo accolto la tesi di *** *** circa l’esclusiva responsabilità del *** ***. (…) Il criterio equitativo deve intendersi riferito solo alla determinazione del danno derivante dall’inadempimento del *** *** rispetto a quello che *** *** aveva dovuto corrispondere al Condominio originario attore, data l'oggettiva difficoltà di individuare le diverse entità degli apporti causali.”

Quindi in presenza di un concorso di responsabilità tra professionista e impresa costruttrice, il giudice del merito gode di un ampio margine di discrezionalità nella quantificazione delle rispettive quote di danno, soprattutto quando la complessità della fattispecie non consente una precisa determinazione delle singole responsabilità.

La decisione conferma alcuni principi cardine in materia di responsabilità professionale e appalto, sottolineando come nessuno possa nascondersi dietro la superficialità o gli errori altrui.

Il costruttore non può scaricare sul progettista colpe che gli competono, così come il professionista non può eludere le proprie responsabilità con cavilli procedurali. Chi opera nell’edilizia deve ricordare sempre come il proprio lavoro coinvolga i cittadini che usufruiranno in futuro dell’opera, di conseguenza è sempre meglio lavorare con scrupolo oggi, piuttosto che risarcire i danni un domani.

 

L'Ordinanza della Corte di Cassazione n. 7176/2025 È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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