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L’impianto elettrico di cantiere: tra normativa e consigli pratici

Lo scopo di questo articolo è descrivere alcuni aspetti generali dell’impianto elettrico di cantiere, anche con riferimento agli adempimenti e alle decisioni che competono a persone che potrebbero conoscere l’impiantistica elettrica in modo sommario

La principale normativa che regola l’impianto elettrico di cantiere

Appare del tutto pleonastico dire che in cantiere ci sono apparecchiature manuali, altre che sono azionate da motori autonomi (ad esempio endotermici) ed altre che, dotate di motori elettrici, necessitano di un “allacciamento” di energia che può essere fornita da un gruppo elettrogeno o da Rete Elettrica.

A valle dell’allacciamento c’è tutta l’impiantistica che porta l’energia all’utilizzatore, cioè l’impianto elettrico

CEI 64-8 parte 7La norma CEI principale in materia di impianti elettrici nei cantieri, CEI 64-8 parte 7 paragrafo 704, elenca alcune fattispecie di cantieri (lavori di costruzione di nuovi edifici, lavori di riparazione, trasformazione, ampliamento o demolizione di edifici esistenti, opere pubbliche, lavori di movimentazione di terra) aggiungendo poi alla fine “lavori simili”. Nei commenti della norma: “Per lavori simili si intendono anche quelli per interventi di manutenzione in banchine, per costruzione di teleferiche, ecc.”. 

Pertanto l’identificazione di “cantiere” è estesa e lascia ad altri il compito di identificare dove applicare lo specifico punto normativo. In sostanza è chi valuta il rischio che deve identificare se la fattispecie può essere considerata cantiere e necessita di un impianto adeguato. Per esemplificare chi decide nei cantieri mobili e temporanei è il Committente o Responsabile dei lavori tramite il Coordinatore per la sicurezza, qualora nominato, ovvero nei casi di una sola impresa l’appaltatore. In un intervento all’interno di una fabbrica dove per la sicurezza viene adoperato un DUVRI (documento unico di valutazione dei rischi interferenti art. 26 DLGS. 81/2008) è il datore di lavoro committente. Nel seguito si farà riferimento quasi esclusivamente ai cantieri temporanei e mobili.

Il falso requisito della temporaneità

Per l’identificazione, verrebbe da dire: basta che sia un’installazione temporanea. Andrebbe anche bene, ma quanto sia questo lasso di tempo nessuno lo sa. Su questo è caduto anche il Legislatore dove nel DM 37/08 art 10.2 cita anche: “Sono esclusi dagli obblighi della redazione del progetto …………la fornitura provvisoria di energia elettrica per gli impianti di cantiere e similari, fermo restando l'obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità”.
A me sono capitati dei cantieri dove l’impianto è rimasto in opera per quasi 10 anni, alla faccia della provvisorietà o temporaneità. Per di più ci possono essere casi di impianti di cantiere complessi (ad esempio se ci sono contemporaneamente un centinaio di persone non può essere semplice) e magari addirittura con cabina elettrica propria perché serviti a 20 kV. 

Il DM 37/08 è diventato famoso (anche) per aver sancito, finalmente, che per tutti gli impianti è necessario un progetto ad eccezione, ahimè, per un luogo delicato come un cantiere.

Il requisito della pericolosità

Statisticamente il cantiere, in quanto pericoloso, è un posto in cui occorre fare un’attenta valutazione del rischio. Ritornando alla norma impianti CEI 64-8, si compone di 6 parti che si applicano in generalità alla grandissima parte degli impianti, mentre la parte 7 riguarda ambienti e situazioni particolari su cui vengono date prescrizioni aggiuntive o particolari. Come già detto in questa parte sono contemplati anche i cantieri, in buona compagnia con luoghi a maggior rischio in caso d’incendio e con luoghi medici. Per tutti e tre, se luoghi di lavoro (cioè quasi sempre), il Dpr 462/01 prevede che la verifica periodica dell’impianto elettrico di terra sia biennale anziché quinquennale come succede nei luoghi di lavoro “ordinari”. Quindi in gergo i cantieri sono fra i luoghi a “maggior rischio elettrico” (dizione corrente che però nella normativa non si trova).

La corrente elettrica e i rischi per l'uomo

Tutti sappiamo che la corrente elettrica se percorre il corpo è pericolosa portando facilmente alla morte del malcapitato. Sappiamo anche che in genere questo può succedere toccando due conduttori nudi, uno con la mano destra e uno con la sinistra, ma fra i due fili deve esserci una differenza di potenziale elettrico che provochi una circolazione di corrente nel “conduttore umano” braccio-tronco-braccio. Sappiamo anche che crea un fenomeno detto “tetanizzazione” che paralizza il malcapitato, ma in aggiunta fibrillazione ventricolare (causa principale di morte) e ustioni (per chi volesse approfondire esiste la norma specifica CEI 64-18). 

Quello che invece conoscono i più esperti, ma oramai quasi tutti, è che questo può succedere anche toccando un solo conduttore (contatto diretto) in tensione, perché l’altro punto potrebbe essere ad esempio un piede (ci sarebbero le scarpe che sono isolate ma si capisce bene che qualora bagnate l’isolamento può essere basso). Ma non è detto che tocchi un conduttore, ma può essere che, a causa di un guasto, ceda l’isolamento interno di un’apparecchiatura e quindi la tensione me la ritrovi sulla carcassa metallica (contatto indiretto). Per evitare questa trappola esiste un sistema che interrompe l’alimentazione qualora ceda l’isolamento (per lo più con la messa a terra degli involucri, dette masse). Siccome il normatore non può sapere quale sarà la corrente che percorrerà il corpo ha preferito porre un limite di tensione di contatto. Questa è di 50 V nei luoghi ordinari, mentre nei cantieri è più bassa cioè 25 V. Per cui già questo porta a dire che in caso di utilizzo di un impianto esistente, essendo i limiti di contatto differenti, occorre verificare che vada bene anche per il cantiere.

Impianto fisso, quasi fisso e impianto mobile

Una delle individuazioni che vanno fatte in un impianto elettrico di cantiere è quella di distinguere la parte fissa. Ad esempio la cassetta con il contatore provvisorio del distributore la possiamo considerare fissa, così come la linea che porterà l’energia a un quadro principale (fisso anche questo) e le linee che porteranno poi da questo ai sottoquadri (fissi anch’essi). Per tutta questa parte l’installatore dovrà rilasciare la dichiarazione di conformità DM 37/2008 (DICO) con relativi allegati.

Il quasi fisso sta perché a seguito dell’evoluzione dei lavori i quadri fissi possono essere collocati in altre posizione e di conseguenza spostate o rifatte le linee originariamente fisse. Quest’eventualità molto probabile in cantieri medio-grandi deve essere giustificata da un’altra DICO anche se spesso, erroneamente, non lo si fa. Comunque da evitare assolutamente l’intervento del muratore-elettricista.

Tutto quello che non è fisso è ovviamente mobile. Questa parte è effettivamente quella temporanea e che deve durare il breve tempo necessario per il lavoro, poi alla fine va scollegata o messa in sicurezza.

Si riporta uno schizzo indicativo:

bozza-schema-impianto.JPG

Occorre per questo punto una precisazione importante che dallo schizzo semplificato non emerge: l’impiantistica non indispensabile al lavoro di cantiere (ad esempio le cosiddette baracche di cantiere) non è soggetta alle specifiche normative di cantiere. 

Le prese a spina e le prolunghe

Intanto occorre dire che le prese e le spine che si adoperano in ambito civile non sono in generale utilizzabili nei cantieri. Le tipologie da impiegare sono del tipo industriale CEE (CEI 23-12). Va posta attenzione al grado di protezione in quanto in generale sono protette contro gli spruzzi (ad esempio IP44), ma in caso ci siano getti d’acqua o pozzanghere il grado di protezione deve essere diverso (ad esempio IP67). La differenza che emerge subito è che quelle IP67 hanno una ghiera di chiusura con guarnizione.

Per le prolunghe i cavi da impiegare sono quelli per posa mobile (di cui si dirà) e gli avvolgicavo da impiegare devono essere specifici e non auto costruiti (devono avere una targa specifica con nome del Costruttore e i dati elettrici specifici).

I cavi: occhio al tipo di posa

I cavi per posa fissa devono essere adatti al tipo di posa. Questo l’elettricista che esegue l’impianto dovrebbe saperlo bene, ma è sempre il caso di ricordarglielo, perché spesso per ragioni economiche si utilizzano cavi non adatti. È buona regola andare a vedere le dichiarazioni del costruttore a catalogo. Soprattutto in caso di posa aerea va vista la temperatura d’impiego, perché soprattutto con temperature basse potrebbe deteriorarsi l’isolamento (ad esempio cavi isolati in PVC). Non tutti i cavi contemplati dalla direttiva costruzioni (CPR) vanno bene e potendo essere l’impianto all’esterno di una costruzione potrebbero anche andar bene i vecchi cavi non più CPR (ad esempio FG7).

I cavi per posa mobile (ad esempio per le prolunghe) devono essere con guaina resistente all’acqua e all’abrasione (ad esempio H07RN-F isolato in gomma e con guaina in neoprene). Si distinguono, in genere, perché di colore nero e morbidi al tatto; se sono grigi, azzurri, rossi o verdi, e non sono quelli originali di una macchina da cantiere, probabilmente non vanno bene.

Il complesso "caso" delle normative sui cavi

I quadri da cantiere

Se i quadri sono in posa fissa e fuori della zona cantiere, purché adatti all’ambiente e opportunamente protetti, vanno bene anche quelli di uso corrente. Si sottolinea però che i quadri come componenti di impianto devono avere una targa identificativa con il nome del costruttore con le caratteristiche elettriche e con la normativa impiegata. Il costruttore può essere anche l’elettricista stesso, ma deve porre la targa sul quadro con la relativa presa di responsabilità. Viceversa per i quadri specifici del cantiere i quadri devono essere stati sottoposti da prove di tipo e con relative istruzioni di montaggio e componentistica compatibile (ACS in passato ASC).

Occhio agli errori da non fare

La foto che segue, anche se un po’ vecchiotta, mostra un quadro di distribuzione “fissa” e un quadro da cantiere per prese. Ma ci sono diversi errori che vediamo assieme.

 

Errori di un impianto elettrico di cantiere

Il quadro di distribuzione si trova in zona cantiere e quindi non avendo una protezione meccanica adeguata era da installare in altro luogo oppure se non spostabile era da confinare entro un contenitore adatto per “portarlo” fuori del cantiere. Il quadro prese sarebbe anche da cantiere, ma con tutta probabilità non ha una protezione sufficiente. Ancora, con tutta probabilità la carpenteria è stata forata senza mettere un pressacavo e quindi il quadro ha perso la sua classificazione. 

Questa è una situazione corretta.

impianto elettrico di cantiere corretto

Lo sgancio di emergenza, ne basta uno?

Poiché il cantiere è un luogo di lavoro è scontato che ci sia uno sgancio di emergenza, ma ne basta uno? Gli sganci di emergenza devono essere identificati, noti e soprattutto raggiungibili prontamente. Sarebbe auspicabile che ogni quadro di prese cantiere ne avesse uno (se chiuso con chiave deve essere esterno!). Attenzione a non confondere questo con un pulsante di arresto di emergenza di una macchina (tipo la betoniera) che oltre a essere sul posto della macchina deve garantire che a seguito di una mancanza di corrente poi la macchina non si riavvii autonomamente.

Perché il Coordinatore della sicurezza deve occuparsi dell’impianto elettrico di cantiere?

Laconicamente, siccome deve interessarsi dei rischi interferenti e l’impianto elettrico nel cantiere lo usano tutti, è un rischio interferente ed è un costo della sicurezza. Pertanto, almeno come rischio, va valutato, va giudicato congruo e va seguito nel suo evolversi.

Tra le documentazioni da tenere in cantiere dovrebbe esserci un registro che tiene conto delle operazioni fatte (da elettricista qualificato) sull’impianto.

I luoghi conduttori ristretti

Nei cantieri si trovano di frequente. Anche questi sono contemplati dalla CEI 64-8 parte 7 e sono luoghi a maggior rischio elettrico. In estrema sintesi sono quei luoghi dove chi opera può essere a stretto contatto con ampie superfici conduttrici o quasi e ha poca possibilità di evitarlo. Se si trova fra pareti metalliche il discorso è scontato (ad esempio palancolate), ma il caso più frequente in un cantiere è quello di chi opera all’interno di uno scavo in trincea o in sede ristretta, perché il terreno è generalmente umido è può essere un buon conduttore. Tale situazione aggrava quanto detto precedentemente sulla questione della pericolosità elettrica. In tale situazione se non si può evitare di impiegare apparecchiature elettriche o alimentate a batteria (anche gruppo elettrogeno all’interno dello scavo) o si deve ricorrere ad alimentazioni particolari (ad esempio separazione elettrica con trasformatore di sicurezza fuori dello scavo).

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