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Abusi edilizi: quando il condono è illegittimo e non evita la demolizione

L'ottenimento del condono edilizio non fa automaticamente decadere l'ordine di demolizione dell'opera abusiva, ad esempio se non c'è conformità tra le opere oggetto di permesso di costruire in sanatoria e quelle effettivamente realizzate.

Ci sono casi particolari nei quali si ottiene un titolo edilizio in sanatoria (permesso o SCIA) ma in ogni caso per quell'opera abusiva non è possibile evitare la demolizione.

Ne tratta la Corte di Cassazione nella sentenza 20286/2023 dello scorso 12 maggio, relativa al ricorso di un privato contro l'ordinanza del Tribunale e per la revoca dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo, sulla base della considerazione che il comune aveva rilasciato, per le opere oggetto di condanna, una SCIA in sanatoria.

Permesso in sanatoria: se non c'è conformità con le opere effettivamente realizzate

Il giudice dell'esecuzione di Catania, con il provvedimento impugnato, rigettava l'istanza ritenendo che l'assenza di conformità tra le opere oggetto di permesso di costruire in sanatoria e quelle effettivamente realizzate (preclusivo alla sanabilità dell'intervento edilizio) non potrebbe essere surrettiziamente eleminata mediante presentazione di una SCIA avente ad oggetto una parte degli interventi edilizi che, in quanto eseguiti su immobile abusivo, non possono che ripetere le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale cui accedono.

Contro tale provvedimento è stato proposto ricorso in Cassazione.

La Corte suprema osserva che in questo caso, a fronte della costruzione di un fabbricato abusivo, consistente in un edificio a tre livelli per una consistenza di circa 280 metri quadri, il ricorrente avrebbe ottenuto un permesso di costruire in sanatoria, che il giudice dell'esecuzione avrebbe ritenuto illegittimo per l'accertata difformità tra lo stato di fatto di quanto realizzato e di quanto oggetto di sanatoria.

Il potere del giudice sull'esame dei titoli abilitativi e i procedimenti di condono e sanatoria

La Corte suprema osserva che la giurisprudenza cassazionale ha sempre ribadito o che il sindacato del giudice penale sul titolo abilitativo edilizio non costituisce esercizio del potere di disapplicazione, bensì doverosa verifica dell'integrazione della fattispecie penale e che tale potere/dovere deve essere esercitato anche riguardo a provvedimenti amministrativi di sanatoria o condono.

Analogo potere/dovere deve essere svolto - sottolinea la Cassazione - nel giudizio di esecuzione, "con riferimento al quale è stato precisato che il rilascio del titolo abilitativo conseguente alla procedura di «condono edilizio» non determina l'automatica revoca dell'ordine di demolizione, permanendo in capo al giudice l'obbligo di accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge".

I lavori realizzati su manufatti abusivi costituiscono attività illecita

Insomma, il giudice dell'esecuzione deve verificare cosa effettivamente è stato realizzato e:

  • «qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l'abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell'attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l'edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente»
  • «non si possono realizzare interventi di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria su un manufatto abusivo, che non sia stato oggetto di sanatoria edilizia, e tale ulteriore attività costruttiva va valutata in modo unitario rispetto alle opere precedentemente realizzata».

E', inoltre, esclusa la possibilità di eseguire interventi soggetti a DIA (oggi SCIA) su manufatti abusivi che non siano stati sanati né condonati, poiché gli interventi ulteriori, sia pure riconducibili nella loro oggettività alle categorie di opere realizzabili tramite tale strumento autorizzativo, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente.

La sanatoria illegittima

Al caso specifico (immobili abusivi non sanati né condonati) va equiparato quello in cui vi sia stata una procedura di condono o sanatoria, ma essa risulti illegittima.

Anche in questo caso, infatti, attraverso il meccanismo della c.d. «eliminazione mentale», il giudice dovrà valutare il manufatto nella sua consistenza materiale prescindendo dal titolo edilizio in sanatoria o condono e verificare se esso sia o meno conforme alla disciplina urbanistica (e paesaggistica e sismica).

Ciò in quanto il giudice dell'esecuzione - investito dell'istanza di revoca o sospensione dell'ordine di demolizione conseguente a condanna per costruzione abusiva - ha il potere/dovere di verificare la legittimità e l'efficacia del
titolo abilitativo
, sotto il profilo del rispetto dei presupposti e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio, la corrispondenza di quanto autorizzato alle opere destinate alla demolizione e, qualora trovino applicazione disposizioni introdotte da leggi regionali, la conformità delle stesse ai principi generali fissati dalla legislazione nazionale.

Nel caso concreto, il giudice dell'esecuzione ha ben operato, valutando in concreto, nell'esercizio dei poteri attribuitigli dall'art. 666, comma 5, cod. proc. pen., i titoli abilitativi rilasciati ed è pervenuto ad un giudizio negativo in ordine alla validità ed efficacia dei provvedimenti, ritenendo, correttamente, che in presenza di un condono o una sanatoria illegittimi per mancata corrispondenza tra le opere effettivamente realizzate e quelle per le quali è stata ottenuta la sanatoria, tutto l'immobile deve ritenersi tuttora abusivo e quindi non sia possibile procedere alla regolarizzazione mediante SCIA delle difformità riscontrate.


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