SCIA in sanatoria e mancata datazione dell'opera edilizia: quando l'accertamento di conformità è impossibile
Per il Testo Unico Edilizia, è di ostacolo alla sanabilità la non conformità delle opere alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento, sia al momento della presentazione della domanda
Su alcuni manufatti edilizi inquadrabili come nuova costruzione mediante realizzazione di volumi, per di più con modifica della situazione esterna dei luoghi in zona vincolata, in assenza di autorizzazione paesaggistica, non è possibile l'accertamento di conformità e quindi non è ottenibile la sanatoria.
Lo ha chiarito il Consiglio di Stato nella sentenza 4580/2023 dello scorso 8 maggio, interessante perchè tratta dell'articolo 37 del Testo Unico Edilizia, rubricato "Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità".
La SCIA in sanatoria rifiutata
Un comune ha respinto la SCIA in sanatoria presentata da un privato per la precedente realizzazione, avvenuta senza permesso, di:
- “un volume … composto da una struttura in legno e muratura, il tutto per una superficie utile in ampliamento di circa mq. 39,00 X 2,76 (altezza media)”;
- “un’area pavimentata con maioliche”
- “una tettoia in plexiglass sorretta da profilati in legno di circa mt. 5,60 x mt. 3,00 di altezza”.
Secondo il TAR competente, le opere in questione correttamente sono state inquadrate quali interventi di nuova costruzione o come “interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, … nonché … che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”, per i quali è, comunque, richiesto, ai sensi dell’art. 10, comma 1, del DPR n. 380/2001, il permesso di costruire e non già la SCIA edilizia.
Peraltro, le stesse opere integrano, in relazione alle dimensioni ed alle caratteristiche costruttive ivi riferite, la creazione di un nuovo organismo edilizio e non sono, perciò, riconducibili all’“attività edilizia libera”, prevista all’art. 6 del DPR n. 380/2001, o agli interventi pertinenziali “minimi” privi di rilevanza volumetrica, di cui alla lett. e.6) del citato comma 1 dell’art. 3 dello stesso Testo Unico Edilizia.
La datazione delle opere
Tra gli svariati motivi del ricorso, parte ricorrente sostiene che la sentenza del TAR sarebbe errata in quanto:
- avrebbe fondato il proprio convincimento esclusivamente nel provvedimento di irricevibilità della SCIA ignorando del tutto la relazione tecnica allegata all’istanza di accertamento di conformità nella quale è rappresentato lo stato dei luoghi e ne sarebbe dimostrata la conformità urbanistica e paesaggistica;
- le opere in oggetto, su cui sarebbe stata eseguita solo la manutenzione, non sarebbero di recente realizzazione bensì risalenti ad epoca anteriore sia alla legge urbanistica del 1942 sia al DM del 23 gennaio 1954, quindi i nuovi interventi, non avendo comportato alcun aumento né della volumetria né della superficie, sarebbero riconducibili agli interventi di manutenzione o, comunque, al genus degli interventi pertinenziali di cui all’art. 3, comma 1, lett. e.6) del DPR n. 380/2001 (anche tenuto conto della minima portata delle opere e del collegamento funzionale con l’immobile principale) e sarebbero assentibili con SCIA ai sensi dell’art. 37 del DPR n. 380/2001.
Per Palazzo Spada l'argomentazione non 'regge', in quanto l'appellante sostiene che le opere di cui si discute siano risalenti ad epoca anteriore alla legge urbanistica del 1942 nonché al decreto ministeriale del 1954 di apposizione del vincolo su tutto il Comune, ma di tale affermazione non è stata fornita alcuna prova e non basta la relazione tecnica allegata alla SCIA in sanatoria, di cui l’appellante lamenta il mancato esame da parte del TAR.
Dalla documentazione fotografica allegata si rileva con chiarezza che gli abusi contestati consistono nella realizzazione di volumi sull’area del terrazzo, indicata nella relazione.
Non essendovi prova del fatto che tali volumi risalgano ad epoca antecedente al 1942, la realizzazione degli stessi è pacificamente abusiva: infatti non è stato allegato alcun titolo abilitativo la cui esistenza è stata, al contrario, espressamente esclusa dal tecnico di parte.
Nuova costruzione: le modifiche su un abuso sono abusive di conseguenza
Peraltro, non c'è alcun dubbio che tali manufatti siano inquadrabili come nuova costruzione, mediante realizzazione di volumi, per di più con modifica della situazione esterna dei luoghi in zona vincolata, in assenza di autorizzazione paesaggistica.
Ne discende che, anche ammettendo che, come ritiene l’appellante, le più recenti modifiche siano consistite in opere di “manutenzione o, comunque, al genus degli interventi pertinenziali di cui all’art. 3 – comma 1 – lett. e.6) del D.P.R. n. 380/2001”, le stesse ritrarrebbero la loro abusività dall’abusività dei volumi originariamente realizzati sul terrazzo.
L'accertamento di conformità è impossibile: ecco perché
Per tale ragione gli abusi in questione non sono suscettibili di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 37 DPR 380/2001.
Ostano a tale possibilità, infatti:
- la natura delle opere, consistenti nella creazione di nuovi volumi non riconducibili all’attività edilizia libera, prevista all’art. 6 del DPR n. 380/2001, o agli interventi pertinenziali “minimi” privi di rilevanza volumetrica, di cui alla lett. e.6) del citato comma 1, dell’art. 3, del DPR n. 380/2001;
- la non conformità delle stesse alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento (come già visto non databile ad epoca antecedente l’entrata in vigore della legge urbanistica), sia al momento della presentazione della domanda.
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