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Abusi edilizi: quando la domanda di sanatoria è dolosamente infedele

La domanda di condono è dolosamente infedele se contiene una materiale rappresentazione dei fatti completamente divergente dalla realtà.

Dopo aver trattato l'argomento dell'onere della prova (della data di realizzazione e della reale consistenza di un edificio) per poter beneficiare di un condono/sanatoria, oggi ci soffermiamo sulla domanda di sanatoria, in particolare su quella "dolosamente infedele".

Il caso per trattarlo è rappresentato dalla sentenza 8109/2023 del Consiglio di Stato: nella specie, un Comune aveva respinto la domanda di sanatoria ritenendola dolosamente infedele (art. 40, comma 1, legge 47/85) avendo il richiedente in realtà realizzato un unico capannone della superficie di circa 310 mq ed essendo l'oblazione stata determinata in forma dolosamente inesatta (art. 32, comma 37, legge 326/03), con il pagamento di una somma nettamente inferiore; inoltre, il Comune ha rilevato che l’area era interessata da vincolo ambientale e da vincolo idrogeologico per cui l’opera non era suscettibile di sanatoria (comma 27, punto d, della legge 326/03 e punto 6 della circolare del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti 7 dicembre 2005, n. 2699).

Condono edilizio e domanda di sanatoria dolosamente infedele: il caso

Il TAR respingeva il ricorso del privato sottolineando che:

  • il ricorrente aveva dichiarato di aver realizzato nel 2003 una struttura metallica e tamponata con lamiera di tipo sandwich della superficie di 40 mq - senza peraltro allegare alla domanda la documentazione fotografica richiesta dal comma 35, lettera a), del D.L. 269/2003, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326 - mentre l’Amministrazione aveva al contrario accertato - come si rileva anche dalla documentazione fotografica - che in tale data il ricorrente aveva in realtà realizzato un unico capannone della superficie di circa 310 mq, ricadente anche sulla attigua particella n. 849;
  • che successivamente alla presentazione della domanda, il ricorrente aveva provveduto a demolire parte di tale capannone, separando la parte del capannone per la quale era stato chiesto il condono (di circa 49 mq) dal resto della struttura e che le foto di tale mutato stato di fatto erano state inviate al Comune nel 2015 ad integrazione della domanda originaria;
  • che il Comune avrebbe correttamente accertato che la domanda di condono presentata dal ricorrente nel 2003 era “dolosamente infedele” in quanto conteneva una materiale rappresentazione dei fatti completamente divergente dalla realtà (realizzazione di un manufatto di 40 mq invece che di 310 mq) ed idonea ad indurre in errore l'Amministrazione al fine di ottenere una sanatoria non dovuta, dato che, in base al comma 25 dell’art. 32 del D.L. 269/03, opere abusive di quelle dimensioni non avrebbero potuto beneficiare del condono.

Si arrivava dunque fino a Palazzo Spada, che confermava la decisione del TAR.

Se la domanda di sanatoria contiene una rappresentazione dei fatti completamente diversa dalla realtà

Ad avviso del Collegio il raffronto del contenuto della domanda originaria di condono del 18.2.2004, sia con la documentazione fotografica dei vigili urbani del 10.11.2003, raffigurante una situazione di fatto successiva al 31.3.2003 (ultimo termine di esecuzione di abusi edilizi di cui all’art. 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, cd. Terzo Condono Edilizio, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326), sia con la documentazione trasmessa dalla parte appellante a titolo di integrazione documentale della domanda di condono al Comune di in data 27.11.2014, non dà spazio ad alcun dubbio sulla sussistenza nel caso concreto di una materiale rappresentazione dei fatti, contenuta nella domanda di condono del 18.02.2004, completamente divergente dalla situazione di fatto emergente dalle foto dei vigili urbani del 10.11.2003, comportamento senza dubbio idoneo ad indurre in errore l’Amministrazione comunale al fine di ottenere una sanatoria non dovuta, per cui, contrariamente all’assunto della parte appellante, non si tratta di una mera errata qualificazione della tipologia di abuso.

Di fronte alla documentazione fotografica dei vigili urbani del 10.11.2003 - della cui genuinità e veridicità non si ha alcun dubbio e la quale non risulta contestata dalla parte appellante - l'appellante non fornisce elementi concreti in grado di escludere la fraudolenza della domanda che non può non condurre alla reiezione della stessa.

Il TAR ha, pertanto, correttamente affermato che la domanda di condono presentata dal ricorrente nel 2003 era “dolosamente infedele” in quanto conteneva una materiale rappresentazione dei fatti completamente divergente dalla realtà (realizzazione di un manufatto di 40 mq., invece che di 310 mq.) ed idonea ad indurre in errore l'Amministrazione al fine di ottenere una sanatoria non dovuta, dato che, in base al comma 25 dell’art. 32 del D.L. 269/03, opere abusive di quelle dimensioni non avrebbero potuto beneficiare del condono”.

Terzo condono in zona vincolata: i margini sono strettissimi

Tra l'altro, chiude Palazzo Spada, la dimensione e la consistenza del manufatto (capannone per uso non residenziale) non consente la riconducibilità della fattispecie al c.d. terzo condono in presenza di vincolo paesaggistico ed idrogeologico.

L'applicabilità del terzo condono in riferimento alle opere realizzate in zona vincolata è limitata alle sole opere di restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, su immobili già esistenti, se e in quanto conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.


LA SENTENZA INTEGRALE E' SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE

Allegati

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