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Collaborazione & Identità nel mercato digitalizzato della costruzione e dell'immobiliare

Una nota del prof. Angelo Ciribini.

Il significato di «collaborazione» nell'era della digitalizzazione

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La nozione di «collaborazione» è, da sempre, al centro della narrazione sul Building Information Modeling.

Si tratta, in realtà, di una attitudine assai poco diffusa nel settore della costruzione, non solo nei rapporti tra Domanda e Offerta, ma pure anche entro la catena di fornitura: che cosa, tuttavia, essa potrebbe significare?
 
In prima istanza, la collaborazione riguarderebbe la capacità dei diversi attori, coinvolti, ad esempio, in un procedimento di lavori pubblici nell'operare dando il meglio di sé, nel senso delle proprie competenze, anteponendo, tuttavia, a esse l'interesse generale nell'economia del processo.
In altre parole, la esigenza consisterebbe nell'adottare un approccio verticale al proprio operare, tendendo, però, a orizzontarizzarlo.
 
E' interessante osservare, a questo proposito, come, recentemente, McKinsey sottolineasse, tra i principali fattori abilitanti la digitalizzazione e viceversa, i quadri giuridici e contrattuali, proprio perché essi offrirebbero la necessaria razionalità agli attori nel perseguire un fine «comune»; è, tuttavia, parimenti significativo che i giuristi che si occupano di contratti relazionali e collaborativi non intravedano l'inveramento del tema in specifiche clausole contrattuali, in una sorta di tecnicalità intrinseca, quanto in regole di comportamento e in sistemi di convenienze che muoverebbero i contraenti all'interno di un ecosistema digitale, che attualmente, pur essendo poco più che un sistema di gestione documentale, ci ostiniamo a definire impropriamente Ambiente di Condivisione dei Dati, in attesa che, a partire dalle DIN SPEC 91391 parti 1 e 2, esso lo divenga veramente per successivamente entrare a far parte delle grandi piattaforme digitali allestite dalle Technology Company.
 
Il ragionamento sta a significare che gli «strumenti», che siano essi applicativi informativi o modelli contrattuali, non sono risolutivi in se medesimi senza agire alle condizioni al contorno e che, al contempo, la loro intima essenza, se travisata, possa generare effetti controproducenti.
 
Naturalmente, è saggio rimandare gli approfondimenti sulle forme di Project Alliancing, come, tra le altre, al FAC-1, ai cultori veri e propri della materia, ma rileva, in questa sede, accostare il termine collaborazione alla locuzione identità.

Identità dei soggetti in gioco

Ora, è evidente che, almeno in apparenza, la natura dei soggetti in gioco appare definita e immutabile: committenti, finanziatori, assicuratori, controllori, progettisti, produttori, costruttori, manutentori, gestori, ecc., anche se la loro immutabilità non è poi così certa, non foss'altro per il fatto che i processi guidati dai dati creano nuovi soggetti.
 
A mo' di esemplificazione, i fornitori di servizi di rilevazione, per mezzo di sensori, in tempo reale e in cloud delle prestazioni del calcestruzzo gettato in opera saranno presto in grado, grazie a Big Data, di effettuare, meglio di altri, previsioni accurate sui singoli casi (tra gli altri, sul mix design o sui tempi di disarmo delle cassaforme): eppure essi, sino a poco tempo addietro non esistevano né a oggi svolgono un ruolo direttamente attivo.
 
A prescindere dalla ibridabilità degli attori, vale a dire dal loro snaturamento possibile (lo sarebbe anche la riappropriazione, da parte delle imprese di costruzioni, delle strutture tecniche da internalizzare?), la collaborazione presuppone, al meno, una diversa allocazione delle responsabilità tra i soggetti che, inevitabilmente, mettono in discussione le relative identità.
 
Se, probabilmente, la sfida sul piano giuridico dovesse finire veramente per ribaltarsi nella generazione di condizioni culturali per favorire un dialogo non conflittuale tra i contraenti (e i subcontraenti), si dovrebbe ammettere che la configurazione organizzativa, processuale e tecnologica sarebbe, a propria volta, costretta ad accettare una scommessa tendenzialmente sovversiva.
 
Certo, riprendendo le procurement route incentrate su Design-Bid-Build, sarebbe un gioco elementare dimostrare che la separazione degli attori e la distinzione dei ruoli non faccia che incrementare il tasso di rischiosità (leggasi di conflittualità) della commessa o del procedimento, così come sembra intendere fare un atteggiamento revisionista del Codice dei Contratti Pubblici (che, peraltro, oscilla tra il ripristino generalizzato del maggior ribasso e la estensione dell'appalto integrato).
Quel che conta, tuttavia, è comprendere, anzitutto, se la dimensione dialogica insita nei contratti collaborativi possa davvero, come sostiene giustamente Sara Valaguzza, evocare consapevolmente atteggiamenti virtuosi ispirati a «logiche premiali, reputazionali, incentivanti e non antagoniste» oppure se, sarebbe sufficiente adottare una logica strettamente utilitarista, consapevole delle inefficienze che l'approccio avversariale comporta, per motivare la stessa scelta.

Collaborazione e contrattualistica

Che sia per virtù (per maturità) o per calcolo (per strumentalità), sicuramente la collaborazione appare, nella esecuzione di un contratto, una necessità, letteralmente un elemento che non può cedere, venire meno, poiché è palese che il conflitto, ancor prima del contenzioso (tanto più se protratto e dilatato), induca effetti legati alla improduttività, alla immagine e, infine, alla solvibilità, sempre meno tollerabili e tollerati da committenti, assicuratori, finanziatori.
 
Come si diceva, la Valaguzza sottolinea opportunamente l'impronta reticolare e relazionale degli accordi collaborativi, contestualizzandoli nell'ecosistema denominato Common Data Environment, che costituisce la vera e propria infrastruttura per l'esecuzione dei contratti, oltre che per la loro aggiudicazione.
 
E' d'uopo, però, a questo proposito, rammentare che se l'Ambiente di Condivisione dei Dati rappresenta, per il DM 560/2017, l'ossatura portante della digitalizzazione della Domanda Pubblica, assieme al Capitolato Informativo (il combinato disposto di Organization, Asset & Exchange Information Requirements), il Common Data Environment, su cui si addenserà buona parte della nuova giurisprudenza, possegga una duplice natura.
Di primo acchito, esso si presenta, infatti, come rivolto all'accertamento del conseguimento dei risultati (la notarizzazione degli accadimenti grazie ai registri distribuiti ne sarà il finale suggello), ma sussiste un duplice registro, di cui il risvolto supplementare è dato dalle attività di Intelligence.
 
Nell'epoca della Sorveglianza questo aspetto non è secondario né tanto meno poco inquietante, poiché restituisce dell'accordo e della collaborazione una notazione che non sarebbe sfuggita a Foucault e nemmeno alla Zuboff.
 
Il contesto collaborativo a cui accenna ottimamente Sara Valaguzza è, per così dire, liberale, sembrando sposarsi ottimamente all'Information Modeling and Management, di cui si vorrebbe che il settore delle costruzioni (in particolare, quello legato ai contratti pubblici) si impossessasse sistemicamente.
 
La ratio presumibilmente risiede nella possibilità che la facilità di condivisione selettiva dei dati, ed eventualmente la loro totale trasparenza generalizzata, contenuti nei modelli informativi, possa facilitare le logiche delle reti e delle relazioni che suggeriscono di trovare correzioni di rotta accettabili dalle diverse parti in causa, o di, persino, addirittura di originare maggiore valore, per aggiungere, appunto, valore ulteriore nei confronti delle pattuizioni iniziali.
 
In questo senso, la auspicata condizione collaborativa, fine primario della mitigazione dei rischi, vedrebbe nella gestione e nella modellazione delle informazioni il proprio ideale facilitatore, figurando queste ultime, di conseguenza, quale mezzo.
 
Paradossalmente, però, una sua versione più evoluta (magari in gran parte di là da venire), basata sul Data Modeling, se ci si passa questa espressione, maggiormente imperniata sulla dimensione numerica e computazionale dei dati strutturati, la gestione delle informazioni faciliterebbe un dialogo più coatto, in funzione dei soggetti contraenti che detengono la capacità (e la possibilità) di sfruttare le Predictive Data Analytics.
 
Si tratta di un orizzonte attualmente riservato a pochi, ma la fortuna di cui iniziano a godere certi applicativi di Business Intelligence indica che la via non sia poi così remota.
La nozione di «coordinamento», per cui forse nella rete contrattuale degli accordi collaborativi i modelli informativi rappresenterebbero la mappa su cui tracciare e rettificare le rotte e le destinazioni, potrebbe, infatti, trasformarsi in un percorso a guida autonoma in cui il criterio cibernetico divenga etero regolato?
Un quesito riservato al futuro: quanto remoto?
 
Alcune recenti iniziative, legate al mondo della interconnessione, a cui stanno aderendo tutte le Technology Company, sta, peraltro, a dimostrare come si stia creando un autentico mercato dell'ambiente costruito, in cui il tradizionale mercato della costruzione e dell'immobiliare sarà incorporato.
 
Chi ne sarà il dominus?
La risposta è elementare e, dunque, in questo ecosistema occorrerà ridefinire le regole di ingaggio per la collaborazione.

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