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Distanze tra edifici: nessuna deroga per dimensioni e ampiezza di cortili e spazi interni

Le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nel codice civile nonché quelle, più restrittive, che integrano le prime devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili.

Le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili.

Lo si evince dal disposto della sentenza 4025/2023 della Corte di Cassazione, interessante perché relativa alla controversia tra due privati in merito alla richiesta per l'arretramento di un fabbricato, in quanto posto a distanza inferiore a quella legale rispetto al fabbricato confinante.

L'oggetto del contendere tra regole sulle distanze e Regolamento comunale

Il giudice di prime cure si era espresso in ordine all’applicabilità della disciplina dettata dall’art. 48 del Reg. Ed. del Comune, in materia di cortili, concludendo, sulla scorta di una consulenza tecnica d’ufficio, che lo spazio tra i due fabbricati andava qualificato come mera intercapedine, come tale assoggettato alla disciplina in tema di distanze legali tra edifici.

Ma la Corte d'Appello ritenne, invece, anche sulla scorta delle misurazioni effettuate dal consulente tecnico, che lo spazio tra i due fabbricati presentasse le caratteristiche di cortile e non di intercapedine.

La Corte territoriale, quindi, evidenziò che il già citato art. 48 del Reg. Ed. del Comune, disciplinando lo spazio libero da rispettare davanti ad ogni finestra, determina una distanza minima di 8 metri, escludendo, quindi, che la medesima distanza potesse ritenersi regolare ai sensi di tale Regolamento e invece irregolare ai sensi della disciplina in tema di distanze tra costruzioni, perché ciò avrebbe significato “creare una contraddizione insolubile”, dovendosi invece ritenere “indubbia” la “pertinenza al tema delle distanze dell’art. 48” medesimo.

Insomma: per la Corte d'Appello anche i minimi scostamenti dalla distanza di 8 metri rilevati dal C.T.U. non valevano a giustificare l’arretramento sollecitato dall’appellato, il quale avrebbe potuto, al più, vantare una pretesa risarcitoria.

Distanze in edilizia: conflitto tra regolamento edilizio e normativa nazionale

Il motivo di ricorso contesta in primo luogo la qualificazione in termini di cortile dello spazio esistente tra gli edifici di ricorrente e controricorrenti, deducendo che tale qualificazione può essere riconosciuta unicamente allo spazio interno ad un edificio, laddove questa caratteristica non ricorre nella specie.

Di conseguenza, in relazione a detto spazio trova applicazione la disciplina in materia di distanze tra edifici, ivi comprese le previsioni del Reg. Ed. del Comune le quali impongono una distanza minima di 10 metri.

Ma in ogni caso, secondo i ricorrenti, la disciplina dettata dal Reg. Ed. per i cortili non può comportare la disapplicazione della normativa nazionale in materia di distanze, operando inderogabilmente tale ultima disciplina in relazione a qualunque spazio intermedio esistente tra edifici.

Cortili e spazi interni? Le distanze vanno rispettate indipendentemente

Per la Cassazione il ricorso è da accogliere in quanto le norme sulle distanze tra le costruzioni, integrative di quelle contenute nel codice civile, devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio che ne risulti e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall'appartenenza di essi ad un unico od a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni (che si riferiscono alle costruzioni su fondi finitimi) e, pertanto, non possono escludere l'applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze.

Ne deriva che le disposizioni che stabiliscono le prescrizioni sulle dimensioni e l'ampiezza dei cortili e degli spazi interni non escludono l'applicazione delle norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra fabbricati, le quali sono dirette ad impedire la creazione di intercapedini dannose.

Infatti:

  • da un lato, le previsioni sulle dimensioni e l'ampiezza dei cortili e degli spazi interni, prescindendo dall'esistenza di fabbricati su fondi finitimi, non hanno alcun riguardo alle eventuali relazioni intersoggettive fra privati né alla distanza degli edifici che insistono sui cortili;
  • dall'altro lato, la presenza di un cortile non esclude l'idoneità del medesimo a creare intercapedini dannose fra gli edifici che su di esso insistono.

Distanze tra fabbricati: nessuna deroga da Regolamenti comunali

In definitiva, la decisione della Corte territoriale diverge dai principi generali, visto che ha ritenuto che le previsioni del Regolamento edilizio del Comune in materia di cortili fossero idonee ad integrare una deroga alle previsioni codicistiche - nonché alle previsioni integrative di queste ultime - in tema di distanze tra fabbricati.

Indipendentemente della stessa correttezza della qualificazione dell’area esistente tra i fabbricati delle parti come cortile, in ogni caso l’applicazione delle previsioni del Regolamento edilizio del Comune in materia di cortili non risulterebbe idonea a determinare una deroga alla disciplina in tema di distanze tra costruzioni.

Il nuovo principio di diritto

Le norme sulle distanze tra le costruzioni contenute nel codice civile nonché quelle, più restrittive, che integrano le prime devono essere applicate indipendentemente dalla destinazione dello spazio intermedio esistente tra edifici e non trovano deroga con riguardo alle prescrizioni sulle dimensioni dei cortili, le quali, siccome rivolte alla disciplina dei rapporti planovolumetrici tra le costruzioni e gli spazi liberi adiacenti, prescindendo dall'appartenenza di essi ad un unico o a più proprietari, non costituiscono norme integrative di quelle codicistiche in materia di distanze tra costruzioni e non possono escludere l'applicazione delle norme specificatamente dirette alla disciplina di tali distanze”.


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