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Energia e Clima: alcune considerazioni sul PNIEC 2023

Le linee strategiche nazionali per lo sviluppo dei temi energia e clima (PNIEC) sono state presentate per l’approvazione richiesta all’Unione Europea. Il documento, implementazione del precedente Piano del 2019, è stato sviluppato per adeguare le traiettorie e gli obiettivi ad una migliore sicurezza energetica, alla tutela dell’ambiente e per consentire l’accessibilità dei costi dell’energia. Tuttavia, il raggiungimento degli obiettivi posti passa attraverso alcune ulteriori azioni fondamentali per consolidare le traiettorie proposte.

La versione 2023 del PNIEC

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) ha recentemente inviato all’Unione Europea la versione del PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) 2023 per la dovuta approvazione.

Il Piano contiene le linee strategiche di sviluppo per l’Italia sui temi energia e clima ed evidenzia sin da subito una piena condivisione dell’orientamento comunitario “teso a rafforzare l’impegno per la decarbonizzazione dei sistemi energetici ed economici europei, e a portare l’Europa ad essere la prima area regionale ad avere una dimensione sociale, economica e produttiva totalmente ad emissioni nette nulle”.

Occorre rilevare come l’implementazione del precedente PNIEC 2019, che pure poneva obbiettivi estremamente sfidanti e rimasti lontani dal loro raggiungimento, si è resa necessaria al fine di ridefinire al meglio, alla luce dei complessi eventi internazionali, dalla pandemia COVID – 19 agli eventi politico-economici, le traiettorie e gli obiettivi per sviluppare adeguate misure per migliorare sicurezza energetica, tutela dell’ambiente e accessibilità dei costi dell’energia.

Tuttavia, il percorso di transizione impone una decisa accelerazione rispetto a quanto fatto fino ad oggi.


Le sfide per la decarbonizzazione

Il successo della sfida che l’Italia, assieme agli altri paesi UE e non UE, si trova ad affrontare per decarbonizzare il sistema economico e di sviluppo è strettamente interrelata a due macro-parametri: il tempo e l’efficacia.

Infatti, la necessità di raggiungere una decarbonizzazione completa (o quasi) entro il 2050 è fondamentale per la mitigazione del cambiamento climatico ed evitare una variazione di temperatura superiore ai 2°C. o entro un aumento superiore ai 2°C.

Chiarita questa premessa, un generico miglioramento fallace nei tempi o nel grado di efficacia, non è sufficiente a raggiungere l’obiettivo mondiale e metterci al sicuro da impatti non sostenibili del cambiamento climatico.

In questo quadro, già di per sé complesso e sfidante, serve infine tenere in attenta considerazione i vari aspetti di sostenibilità economica e sociale, nonché di compatibilità con altri obiettivi di tutela ambientale.

Quanto ai tempi, purtroppo la versione 2019 del PNIEC ha portato a risultati al di sotto dei target fissati.

Dunque, nella nuova versione, oltre alla revisione dei nuovi obiettivi e alla verifica della loro aderenza ai nuovi ritmi di decarbonizzazione fissati dall’Unione Europea, serve una formulazione più incisiva e stringente di azioni per l’implementazione.

Le azioni devono essere definite, chiare ai vari livelli di gestione delle politiche (da nazionale a locale), coordinate, misurabili e misurate.

Una chiara definizione della governance (chi è responsabile di cosa) e degli strumenti finanziari (corretti meccanismi di sussidi e incentivi) potrà essere d’aiuto.


Le linee strategiche del nuovo PNIEC

Quanto ai contenuti del nuovo PNIEC, gli assi di azione restano ovviamente la diffusione delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, connessi alla riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti, ma pure al miglioramento della sicurezza energetica e alle opportunità economiche e occupazionali per le famiglie e per il sistema produttivo, attraverso un approccio maggiormente volto alla diversificazione delle soluzioni tecnologiche disponibili per la decarbonizzazione, continuando a finanziare lo sviluppo di nuove tecnologie energetiche per la transizione e il loro trasferimento al mondo delle imprese.

In tal senso, gli assi strategici individuati nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) potranno consentire un utile supporto alle scelte future. Il ruolo del digitale e della transizione ecologica saranno fondamentali per le azioni di innovazione tecnologica.

L’applicazione dei principi fondativi dell’economia circolare dovrà diventare fondamentale per gli standard del mondo produttivo e manifatturiero; la variegata situazione nazionale fa sì che ci si imbatta sia su punte di estrema efficienza sia su settori nei quali, ad esempio, il recupero dei materiali debba essere quantomeno intensificato.

Sempre sotto l’ombrello dell’economia circolare, pratiche legate alla LCA e alla misurazione della carbon footprint (introdotte dalla CSDR europea), possono diventare utili meccanismi per un forte avanzamento del settore privato nell’ambito della decarbonizzazione e di un sistema economico e di sviluppo più in equilibrio tra le dimensioni economica, ambientale e sociale. Una spinta alla penetrazione di tali meccanismi richiede però, a livello nazionale, non solo le policy, ma uno snellimento delle procedure e un forte investimento nella capacity building dei tecnici che serviranno.

Il percorso da compiere richiederà dunque uno sforzo estremo sia per quanto attiene la riduzione dei consumi e delle emissioni nei settori quali trasporti, civile, agricoltura, rifiuti e piccola-media industria sia per quanto concerne le azioni di decarbonizzazione dei settori industriali energivori e termoelettrici mediante misure drastiche anche nella riduzione dei consumi e delle emissioni carboniche del terziario, del settore residenziale, e in particolare del trasporto attraverso un deciso shift modale verso il trasporto pubblico e la riduzione dei fabbisogni di mobilità, senza trascurare il ricambio dei mezzi pubblici e privati verso veicoli più efficienti e a ridotte emissioni di CO2.

La ricerca pubblica e privata sarà, nel prossimo decennio, chiamata a sostenere la competitività del sistema economico, accelerando l’introduzione sul mercato di nuove tecnologie, prodotti e servizi innovativi, ad indirizzare la partecipazione dell’industria e dei centri di ricerca pubblici e privati italiani ai futuri programmi di ricerca previsti dal SET Plan/Horizon Europe, per il raggiungimento di un ruolo più incisivo nel settore.

L’azione di ricerca e innovazione dovrà pertanto essere irrobustita per quanto riguarda la finalizzazione delle risorse e delle attività verso lo sviluppo di processi, prodotti e conoscenze che abbiano uno sbocco nei mercati aperti, confermando il sostegno all’utilizzo delle tecnologie per le rinnovabili, l’efficienza energetica e le reti, spingendo per l’integrazione sinergica tra sistemi e tecnologie.


Alcune questioni da non sottovalutare

Non volendo entrare nelle polemiche innescate da diversi interventi, mi limiterei a evidenziare alcune questioni a mio avviso per nulla marginali.

Una prima importante conseguenza, peraltro già nota e comunque evidenziata dal report, è che l’accelerazione indicata comporterà un importante e sostanziale mutamento degli stili di vita e di consumo verso comportamenti caratterizzati da maggior efficienza energetica e minori emissioni.

Laddove non accadesse, d’altronde, sarà necessario promuoverlo. La diffusione e l’accrescimento della consapevolezza dei cittadini e delle istituzioni, a tutti i livelli, è fondamentale e va promossa e progettata.

Per il raggiungimento dei traguardi (condivisibili ed auspicabili) non sarà più sufficiente agire attraverso le fonti di formazione e informazione del pubblico, ma virare decisamente verso forme di promozione o, meglio, di disincentivazione dei comportamenti in funzione della loro sostenibilità.

E qui si apre una prima duplice questione legata non solo alla definizione di quali possano essere tali comportamenti, ma anche al fatto di capire se realmente siamo preparati ad accettare le conseguenze di una serie di “divieti” o “limitazioni” al nostro stile di vita.

Pur riscontrando nel nostro Paese una forte attenzione sui temi di efficientamento energetico, resta un forte problema relativamente alla riqualificazione del parco edilizio (il tasso di riqualificazione sia degli immobili residenziali che del terziario, si dovrà attestare su un valore del 2% nel 2030 e di 2,6% nel 2050, ma oggi risulta essere pari a 0,85%...) e i meccanismi di agevolazione fiscale proposti hanno evidenziato alcuni limiti strutturali che richiedono un rifasamento degli stessi non banale.

Inoltre, considerata la dotazione di patrimonio costruito tutelato del nostro Paese, serve investire in soluzioni ad hoc.

Questa, che per ora può sembrare un’ulteriore complicazione del panorama, se ben architettata può trasformarsi in una risorsa per il Paese e nella genesi di un nuovo settore di eccellenza (un know-how esportabile).

La discussione, che si è già aperta, rischia di arenarsi più su questioni di tipo politico che sugli obiettivi e sulle azioni come Paese dobbiamo porci. Non dobbiamo inoltre scordarci che sullo sfondo (ma neppure tanto) restano temi come la povertà energetica, l’inclusione sociale delle agevolazioni da proporre, oltre che le conseguenze economiche sul mercato immobiliare.

La Pubblica Amministrazione dovrà farsi portavoce della riqualificazione energetica edilizia puntando ad un rinnovamento del 3% annuo di edifici, con una riduzione dei consumi dell’1,9%: come rendere realizzabile un tale traguardo alla luce di quanto fatto sino ad oggi? E mantenendo elevata l’attenzione alla salvaguardia dei Beni Architettonici, alla scelta di materiali compatibili con l’ambiente, all’uso dei Criteri Ambientali Minimi e di Protocolli certificati?

Una trasformazione di tale portata deve essere governata (definire delle priorità?), adeguatamente finanziata e deve coinvolgere tutti.

Gli elementi potenzialmente utili al Piano ci sono, ma occorre verificare che siano funzionali.

Uno strumento importante è la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (SNSvS), approvata dal CIPE nel dicembre 2017: ai sensi dell’art. 34, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la SNSvS rappresenta il quadro di riferimento per la Valutazione Ambientale Strategica di piani e programmi e definisce la necessità di attivazione di un monitoraggio integrato della capacità di raggiungere gli obiettivi di sostenibilità posti dalla Strategia, nonché di valutazione del contributo che i diversi piani e programmi forniscono al loro raggiungimento. Aggiungerei a queste indicazioni la necessità di un coordinamento tra i diversi enti, un controllo e una verifica della modalità e delle caratteristiche delle azioni realizzate.

Infine, ancora relativamente ai temi di Ricerca e Sviluppo: la dimensione della ricerca nel campo energetico presentata nel Piano è certamente intrigante. Ma una ricerca e tecnologia efficienti devono essere supportate da una strategia solida e durevole che prepari, orienti e sostenga le scelte nei prossimi 25 – 30 anni anche e soprattutto con un sostegno economico maggiormente adeguato, almeno in linea con altri Paesi europei.

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