I limiti del Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU)
Il Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU) è un documento rilasciato dal Comune che indica le regole urbanistiche applicabili a un terreno o immobile, come l’uso consentito, i parametri edilizi e i vincoli paesaggistici. Tuttavia, l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 6469/2025, evidenzia che il CDU non può prevalere sui piani urbanistici ufficiali già approvati e pubblici, né può modificare vincoli pubblici di inedificabilità.
Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU): cos’è e norma
Il Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU) è un documento, rilasciato dal Comune, che indica quali siano le regole urbanistiche applicabili su un determinato terreno o immobile.
La sua funzione è quella di far conoscere quali attività sia possibile svolgere su una determinata area (es. destinazione prevalente di tipo agricolo), verificare se un terreno possa essere edificabile, o se lo steso sia soggetto a vincoli (es. paesaggistici).
Nel CDU vengono generalmente riportati:
- l’uso consentito del terreno;
- i parametri urbanistici, inerenti alle possibilità edificatorie;
- i dati catastali;
- vicoli e limitazioni sugli interventi edilizi.
Il CDU ha la durata di un anno dalla data in cui viene rilasciato e viene richiesto in vari casi, come la vendita, la donazione, una successione ereditaria affinché possa essere stabilito il potenziale dell’immobile e quindi il suo più plausibile valore.
Esso risulta, inoltre, spesso fondamentale quando vi è l’intenzione di effettuare una variazione di destinazione urbanistica del terreno o dell’edificio.
Per ottenere il CDU si presenta una domanda al Comune dove si trova il terreno o l’immobile.
Tale richiesta può avvenire online, oppure di persona presso l’ufficio tecnico comunale.
Il costo del rilascio varia da Comune a Comune, ma in genere comprende marche da bollo e diritti di segreteria.
Relativamente alle tempistiche del rilascio del certificato l’art. 30 comma 3 del DPR 380/01 chiarisce che “Il certificato di destinazione urbanistica deve essere rilasciato dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale entro il termine perentorio di trenta giorni dalla presentazione della relativa domanda. Esso conserva validità per un anno dalla data di rilascio se, per dichiarazione dell'alienante o di uno dei condividenti, non siano intervenute modificazioni degli strumenti urbanistici.”
Il certificato di destinazione urbanistica deve essere obbligatoriamente allegato agli atti che riguardano terreni, quando si trasferiscono o modificano diritti di proprietà come chiarito dall’art. 30 comma 2 del DPR 380/01: “gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni sono nulli e non possono essere stipulati né trascritti nei pubblici registri immobiliari ove agli atti stessi non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano quando i terreni costituiscano pertinenze di edifici censiti nel nuovo catasto edilizio urbano, purché la superficie complessiva dell’area di pertinenza medesima sia inferiore a 5.000 metri quadrati.”
A tal proposito, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6469/2025 si è preoccupata di chiarire i limiti di validità del certificato di destinazione urbanistica, qualora in conflitto con i piani urbanistici ufficiali già approvati.
I limiti del Certificato di Destinazione Urbanistica (CDU)
Di recente la Corte di Cassazione ha posto un punto relativamente al certificato di destinazione urbanistica (CDU) chiarendone quali siano i limiti.
La vicenda che ha portato al giudizio in Cassazione ha inizio quando il ricorrente chiede un risarcimento al Comune di Ghedi, ritenuto responsabile per aver rilasciato, nel dicembre 2008, un CDU che non indicava la presenza di vincoli idrogeologici imposti con l’adozione del nuovo piano urbanistico, avvenuta poche settimane prima. Il ricorrente infatti, aveva acquistato un terreno convinto della sua edificabilità, salvo poi scoprire che la nuova pianificazione ne aveva radicalmente mutato la destinazione, rendendolo inedificabile.
Inizialmente il Tribunale di Brescia, in primo grado, aveva riconosciuto la responsabilità del Comune, ma in appello, la Corte territoriale ha ribaltato la decisione, sostenendo che l’efficacia normativa del PGT o PUC, una volta approvato e pubblicato, comporta una presunzione legale di conoscenza opponibile a tutti, compresi i privati che effettuano compravendite immobiliari. Di conseguenza il ricorrente, non potesse legittimamente invocare l’ignoranza dei vincoli, essendo questi pubblici e conoscibili.
Il ricorrente ha quindi promosso ricorso in Cassazione, sostenendo varie argomentazioni tra cui il fatto che il Comune avesse emesso un certificato di destinazione urbanistica fuorviante, inducendolo in errore circa la reale edificabilità del fondo.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso sottolineando che “(…) è lo stesso ricorrente a evidenziare che, secondo il Piano per l’Assetto Idrogeologico (PAI), quei terreni erano già assoggettati a vincoli che ne escludevano la edificabilità. Ebbene, il PAI è un altro strumento di pianificazione territoriale che (…) già sottoponeva l’area a vincoli di inedificabilità, avendo efficacia erga omnes ed essendo a sua volta assistito dalla presunzione legale di conoscenza, rende privo di decisività (…)” l’omissione in sede di CDU.
Questo significa che il certificato di destinazione urbanistica (CDU) non può prevalere su piani urbanistici già in vigore e accessibili a chiunque. In altre parole, il CDU non è una fonte ufficiale e definitiva sulla reale situazione urbanistica, soprattutto quando è in contrasto con vincoli di piani in pubblicazione o in adozione. La Corte ha inoltre ricordato che sull’area esistevano già vincoli di inedificabilità previsti dal Piano per l’Assetto Idrogeologico (PAI), che è un atto valido e di pubblico accesso. Di conseguenza, l’eventuale omissione di queste informazioni nel CDU non ha avuto un ruolo determinante, perché si trattava di dati che il ricorrente avrebbe potuto conoscere usando una normale attenzione.
In conclusione, la sentenza chiarisce bene che il certificato di destinazione urbanistica (CDU) non può modificare o annullare quanto stabilito dai piani urbanistici già approvati e resi pubblici. Per questo, bisogna informarsi con attenzione, anche chiedendo supporto a tecnici del settore, sul reale potenziale edificatorio di un terreno senza basarsi solo sul CDU.
L'ORDINANZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE È SCARICABILE IN ALLEGATO.

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