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Il Consiglio di Disciplina per l’Ordine degli Ingegneri

Un approfondimento estremamente dettagliato del funzionamento dei Consigli di Disciplina degli ingegneri e degli obblighi del codice di condotta. Un documento utile per capire come comportarsi su temi importanti per la professione.

Nota iniziale dell’editore.

Questo articolo che approfondisce il Consiglio di Disciplina per l’Ordine degli Ingegnere scritto da Leonardo Hueber tratta in modo esaustivo l’argomento, e per questo è estremamente ricco di contenuti. Per questo ho ritenuto utile anticipare il sommario del documento.


Sommario dell’articolo sui Consigli di Disciplina degli ingegneri

  • Premessa, principi costituzionali generali.
  • Consigli di Disciplina.
  • I Collegi.
  • La Segreteria amministrativa
  • Gli esposti
  • Trasparenza
  • Incompatibilità
  • Il procedimento disciplinare
  • Atti e diritto di accesso
  • Fase istruttoria
  • Decisioni ed eventuale citazione a giudizio disciplinare
  • Dibattimento e fase decisoria
  • Sanzioni disciplinari
  • Casi particolari: sospensione per morosità
  • Notificazione della decisione
  • Impugnazione delle decisioni
  • Esecutività della decisione disciplinare
  • Sanzioni sostanziali e sanzioni formali
  • Eventuale riapertura del procedimento disciplinare
  • Trattazione dei ricorsi e dei reclami avanti al Consiglio Nazionale Ingegneri
  • Prescrizione
  • Il Codice Deontologico
  • Note sull’equo compenso
  • Normativa
  • Conclusioni

Premessa, principi costituzionali generali.

Gli iscritti all'Albo degli ingegneri sanno che l’attività dell’ingegnere è una risorsa che deve essere tutelata e che comunque implica doveri e responsabilità nei confronti della collettività e dell’ambiente.

Sono consapevoli che, per raggiungere nel modo migliore tali obiettivi, sono tenuti costantemente a migliorare le proprie capacità e conoscenze ed a garantire il corretto esercizio della professione secondo i principi di autonomia intellettuale, trasparenza, lealtà e qualità della prestazione, indipendentemente dalla loro posizione e dal ruolo ricoperto nell’attività lavorativa e nell’ambito professionale.

Vediamo che è dunque dovere deontologico primario dell’ingegnere svolgere la professione in aderenza ai principi costituzionali ed alla legge, nonché sottrarsi ad ogni forma di condizionamento diretto od indiretto che possa alterare il corretto esercizio dell’attività professionale.

Sulla base di tali principi, in osservanza alla legge fondamentale del 1923 ed in particolar modo ad alcuni articoli della Costituzione è stato emanato un Codice Deontologico dal Consiglio nazionale a cui attenersi. Su tale Codice ci si soffermerà in fondo alla trattazione.

Gli articoli della Costituzione citati sono l’art. 4, comma 2: “ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo le proprie possibilità e la propria scelta un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società” e l’art. 9: "la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Possiamo citare anche l’art. 41, commi 1-2: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”. Oltre alla libertà di Impresa si riafferma il principio dell’utilità sociale.

Consigli di Disciplina

L’esercizio del controllo è stato sempre di fatto eseguito.

Comunque, prima furono istituiti gli Ordini ed in seguito il legislatore decise di separare la funzione, anche per evitare la facile contestazione del controllore che controlla se stesso.

Dopo iniziative del 1908, dopo la guerra, nel 1921 l’on. Ciappi, ingegnere, assieme ad altri presentò una nuova proposta a tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri, degli architetti e dei periti agrimensori.

Il progetto di legge istituiva tre Albi Provinciali distinti per gli Ingegneri (diplomati da Università o Istituti Superiori), per gli Architetti (diplomati dalle Scuole Superiori di Architettura) e per i Periti (diplomati dalle sezioni professionali degli Istituti Tecnici). Disponeva, inoltre, la costituzione di Consigli dell’Ordine con funzioni di tutela economica e morale degli iscritti agli albi.

La proposta si arenò, ma il ministro di Giustizia ed Affari di Culto, On. Rossi, di concerto con i Ministri di Pubblica Istruzione, Interno e Lavori Pubblici presentò un disegno di legge con carattere di urgenza letto il 31 maggio 1922 e poiché le condizioni storiche erano mutate la proposta fu approvata nel 1923. (A.Felici).

E veniamo al 2012.

Il D.P.R. 137/2012 ha stabilito che presso gli Ordini professionali debbano essere istituiti i Consigli di Disciplina territoriali a cui sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all'Albo.

Deputato al procedimento disciplinare non è più l’Ordine, ma un organo autonomo, in ossequio alla normativa sulla riforma delle professioni.

Tale decisione deriva dalla commistione ipotizzabile di ruoli tra un organismo di derivazione elettorale quale il Consiglio dell’Ordine e dall’attribuzione allo stesso organismo di funzioni di magistratura, quando invece tali funzioni presuppongono una assoluta terzietà.

Per inciso l’attribuzione ai nuovi Consigli di disciplina dei compiti di istruzione e di decisione dei giudizi disciplinari non significa tuttavia che sia stata sottratto agli Ordini il dovere di vigilare sul comportamento dei propri iscritti, restando in vigore il disposto dell’art. 5 della legge istitutiva n. 1395 del 24 giugno 1923 che attribuisce agli Ordini la funzione di “vigilare alla tutela dell’esercizio professionale, e alla conservazione del decoro dell’Ordine, reprimendo gli abusi e le mancanze di cui gli iscritti si rendessero colpevoli nell’esercizio della professione”.

I Consiglieri componenti dei Consigli di disciplina territoriali sono nominati dal Presidente del Tribunale nel cui circondario hanno sede, tra i soggetti indicati in un elenco di nominativi proposti dai corrispondenti Consigli degli Ordini, composto da un numero di nominativi pari al doppio del numero dei Consiglieri che il Presidente del Tribunale è chiamato a designare.

Sussiste incompatibilità tra la carica di Consigliere dell'Ordine e la carica di Consigliere del corrispondente Consiglio di disciplina territoriale.

Il Consiglio di disciplina ha funzioni e poteri di valutazione preliminare, istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all’Albo ai sensi dell’art. 5, punto 4 della legge istitutiva dell’Ordine (Legge n. 1395/1923) e degli artt. dal 43 al 50 del suo Regolamento attuativo (R.D. n. 2537/1925).

Il Consiglio di Disciplina dell’Ordine è chiamato ad esprimersi sui comportamenti non conformi alle norme del Codice Deontologico vigente all'epoca degli illeciti che gli Iscritti abbiano eventualmente commesso nell’esercizio della professione.

Si noti che il Codice Deontologico del Consiglio Nazionale Ingegneri già nelle premesse dichiara l’intento sociale della categoria degli Ingegneri e i valori morali e deontologici che permeano la professione, definisce poi l’ambito della propria applicabilità e in classi tematiche individua in dettaglio i doveri deontologici.

Una ulteriore considerazione deve essere svolta per quanto riguarda la struttura dei Consigli di disciplina. Tali Consigli, sia per la loro specifica attività, sia per la suddivisione in “Collegi” formati da tre Consiglieri ai quali è delegata l’istruzione e la decisione dei singoli procedimenti, sono assimilabili a veri e propri organi giudiziari piuttosto che a consigli di tipo assembleare. Non è prevista, infatti, alcuna attività riguardante la trattazione dei giudizi disciplinari che sia svolta dal Consiglio nel suo insieme. Le riunioni di tutti i Consiglieri che di fatto avvengono hanno significato unicamente per quanto concerne l’organizzazione interna e la scelta di criteri e metodi per lo svolgimento dell’attività, ferme restando le prerogative attribuite dalla legge al Presidente del Consiglio di disciplina.

Il Consiglio di disciplina opera in piena indipendenza di giudizio e autonomia organizzativa, nel rispetto ovviamente delle vigenti disposizioni di legge e regolamenti. Esso tutela il decoro e anche il prestigio della classe professionale, ma anche le aspettative di coloro che si affidano a professionisti per l’adempimento di quanto da loro richiesto.

Abbiamo dunque un’efficacia diretta nei confronti degli iscritti ed anche una rilevanza indiretta nei riguardi dei terzi che si avvalgono dell’attività degli ingegneri, anche perchè l’Ordine è un Ente pubblico e fu dunque istituito a garanzia della collettività.

Il mancato esercizio di attività di vigilanza e sanzionatorio sui propri iscritti da parte del Consiglio dell’Ordine e relativo Consiglio di Disciplina può originare, oltre che un possibile “commissariamento” del Consiglio (ex art. 8 comma 12 D.P.R. n. 137 del 2012), anche varie forme di responsabilità disciplinari e civili, e logicamente anche amministrativo contabile.

Il procedimento disciplinare ha come finalità l’accertamento di responsabilità disciplinari ascrivibili agli iscritti dell’Ordine degli Ingegneri per azioni, omissioni o violazione di norme di legge o regolamenti, di norme deontologiche o che siano comunque in contrasto con i doveri generali di dignità, probità e decoro nell’esercizio della professione, a tutela dell’interesse pubblico nel corretto esercizio della professione dell’ingegnere.

Il procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi costituzionali d’imparzialità, è soggetto ai canoni del giusto processo, con particolare riguardo al principio del diritto al contradditorio, il che è semplice a dirsi, ma nei fatti servono competenza, capacità analitiche, rispetto e tempo.

I Collegi

Ciascun collegio è composto da tre consiglieri.

Ogni Collegio è presieduto dal consigliere con maggiore anzianità d’iscrizione all’Albo. Per i Collegi vigono le stesse norme procedurali del Consiglio.

Il Presidente, coadiuvato dal proprio Collegio, ha il compito di gestire l’organizzazione del Consiglio di Disciplina costituire i Collegi di Disciplina, assegnare le pratiche ai Collegi, fissare le audizioni, prendere visione dei verbali decisori dei Collegi nei quali si delibera una sanzione disciplinare, predisporre, firmare e inviare notifica delle sanzioni disciplinari alle parti interessate.

Il Segretario del Consiglio di Disciplina ha il compito di compilare il verbale di ogni seduta.

La segreteria gestisce gestire il protocollo della corrispondenza.

Ogni segretario di Collegio ha il compito di redigere i verbali di ogni audizione avendo cura di trascrivere correttamente le dichiarazioni dell’ingegnere convocato e di scrivere i verbali delle riunioni decisorie del Collegio.

In caso di contestazioni si deve riconvocare la sessione e procedere a stesura di nuovo verbale. Il segretariogestisce la documentazione oggetto di procedura disciplinare inviatagli dal Presidente, incluse le eventuali integrazioni fornite dall’incolpato durante le fasi di procedimento. Tali memorie difensive possono essere lunghe e complesse. Egli deve assicurarsi che la documentazione di ogni pratica conclusa sia completa ed archiviata correttamente.

Il terzo Consigliere del Collegio ha il compito di partecipare alle riunioni e alle audizioni decise dal Presidente del Collegio, partecipare alla redazione dei verbali di ogni audizione e dei verbali delle riunioni decisorie del Collegio, collaborare al recupero di normative, atti e materiale di supporto alle indagini preliminari e in fase istruttoria necessari al procedimento.

La Segreteria amministrativa

Il Presidente ha il compito di gestire l’organizzazione, assegnare le pratiche ai Collegi, fissare le audizioni, prendere visione dei verbali decisori, firmare e inviare notifica delle sanzioni disciplinari alle parti interessate e dunque anche la Segreteria amministrativa ha numerosi compiti di istruttoria, notifica ed archiviazione.

Essa ha il compito di ricevere la corrispondenza, valutare la correttezza formale dei contenuti, richiedere eventuali integrazioni/correzioni, gestire il Protocollo e provvedere all’ inoltro tempestivo di atti e informazioni istituzionali a chi di competenza; aggiornare e conservare l’archivio della corrispondenza e delle pratiche; fornire risposte agli Enti e agli utenti secondo la casistica concordata con i Consiglieri; aggiornare il “Registro dei Procedimenti” in base a quanto notificato dai Segretari dei Collegi; convocare le adunanze Consiliari secondo le istruzioni fornite dal Presidente del Consiglio di Disciplina; segnalare i dovuti aggiornamenti organizzativi del Consiglio di disciplina agli uffici, anche per la pubblicazione sul sito ai fini della trasparenza; comporre i fascicoli dei Procedimenti.

In realtà il Consiglio di Disciplina deve riferirsi alla Segreteria dell’Ordine per l’aggiornamento delle schede anagrafiche di iscritti e per l’avanzamento dei procedimenti a carico di iscritti morosi della quota contributiva ed anche irregolari per i crediti formativi CFP; curare i contatti con Inarcassa per l’aggiornamento dei Procedimenti a carico di iscritti inadempienti della annuale dichiarazione reddituale e del volume d’affari; provvedere alla stesura e all’inoltro delle convocazioni di audizione di ingegneri iscritti, nonchè delle notifiche decisorie con carattere d atti giudiziario.

Gli esposti al Consiglio di Disciplina

Gli esposti possono essere inviati al Consiglio di Disciplina a mano, per posta raccomandata o preferibilmente per posta elettronica certificata.

Nel caso di lettere anonime, la decisione di dare eventuale seguito è rimessa al prudente apprezzamento del Consiglio di Disciplina, naturalmente previa verifica dei fatti esposti.

A volte arrivano comunicazioni per conoscenza, in tal caso non è possibile procedere, e si risponde comunque precisando i termini legali della situazione rimanendo a disposizione.

Si precisa che l’esponente non è parte del provvedimento disciplinare, in quanto l’azione disciplinare si svolge specificamente nell’interesse pubblico a perseguire condotte deontologicamente censurabili, con la finalità di salvaguardare l’integrità morale e l’onorabilità della categoria professionale.

In caso di richieste generiche, ad esempio ove non siano precisati il nominativo dell'iscritto o l'esposto pervenga attraverso email non certificata, in mancanza degli elementi necessari per poter avere una provenienza certa dei dati dell'esponente e le generalità dell'incolpato, e comunque di ogni ulteriore informazione ritenuta necessaria, le richieste possono essere dichiarate irricevibili. Anche le decisioni a volte di non luogo a procedere sono dovute all’impossibilità di ottenere atti certi relativi alla questione.

Trasparenza nella gestione degli esposti al Consiglio di Disciplina

In tema di esposti all’Ordine abbiamo un dualismo tra il diritto alla libera manifestazione del pensiero e la tutela della dignità altrui. L’esposto ad un ordine professionale mira infatti di per sé, com’è ovvio, a rendere noto agli organi competenti una manifestazione d’opinione critica sull’operato del professionista, di cui si chiede una verifica in ordine ad eventuali infrazioni.

Tutti gli atti relativi ai Procedimenti disciplinari sono custoditi presso l'Ordine secondo le norme previste dal D.Lgs. 196/2003 e successive modificazioni. I dati personali con i quali viene a contatto il Consiglio di Disciplina sono trattati conformemente alle previsioni del Regolamento UE 2016/679 e del D.Lgs 196/2003 e s.m.i. (Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento UE 2016/679) in materia di tutela dei dati personali.

Per una normativa sulla privacy estremamente stringente e di difficile interpretazione, di tutta questa attività non può esservi traccia sul sito dell’Ordine, non vi è dunque pubblicazione alcuna di delibere in materia disciplinare o estratti delle medesime. Eventuale richiesta di accesso agli atti va valutata in sede legale.

Le sanzioni invece vedono prevalere la disciplina legislativa sulla pubblicità degli albi professionali, i quali, anche in ragione della tutela dei diritti di coloro che a vario titolo intrattengono rapporti con gli iscritti, sono invero funzionalmente soggetti ad un regime di piena pubblicità, che si estende attenzione anche ai provvedimenti di carattere disciplinare.

Detto regime di conoscibilità dei provvedimenti disciplinari, che si fonda su rilevanti motivi di interesse pubblico, deve ritenersi prevalente rispetto all’interesse alla riservatezza del singolo professionista destinatario della sanzione disciplinare, purché la menzione del relativo provvedimento applicativo avvenga in modo corretto e in termini esatti e completi. Ne consegue la liceità della divulgazione di detti provvedimenti.

Incompatibilità

Le incompatibilità dei componenti del Consiglio di Disciplina sono quelle regolate all'art. 3 del Regolamento per la Designazione dei componenti i Consigli di Disciplina territoriale degli Ordini degli Ingegneri, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero di Giustizia n. 22 del 30/11/2012, cui si rinvia.

Ogni componente del Collegio di Disciplina che si trovi in una condizione di conflitto di interessi, anche ai sensi degli artt. 51 e 52 del Codice di procedura civile, ha l’obbligo di astenersi dalla trattazione del procedimento che determina tale condizione, dandone immediata comunicazione al Presidente; quest’ultimo procederà alla assegnazione della pratica ad altro Collegio. In realtà poiché spesso si è in rapporti con i colleghi, capita frequentemente di smistare i casi ad altro collegio per garantire piena indipendenza di giudizio.

Ove un componente del Consiglio di Disciplina venga a trovarsi nelle condizioni di non poter più far parte dello stesso Consiglio a causa di decesso, di dimissioni o per altra ragione, il Presidente del Consiglio di Disciplina provvede alla sua sostituzione attingendo all’elenco dei componenti supplenti già nominati dal Presidente del Tribunale. In caso di assenza di candidati, situazione che potrebbe verificarsi per il ridotto numero di ingegneri sezione B, si procede a nuove nomine da parte del Tribunale.

Il procedimento disciplinare

Il procedimento disciplinare ha come finalità l’accertamento di responsabilità disciplinari ascrivibili agli iscritti dell’Ordine degli Ingegneri per azioni, omissioni o violazione di norme di legge o regolamenti, di norme deontologiche o che siano comunque in contrasto con i doveri generali di dignità, probità e decoro nell’esercizio della professione, a tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione dell’ingegnere.

Il procedimento disciplinare che deve svolgersi nel rispetto dei principi costituzionali d’imparzialità è soggetto ai canoni del giusto processo con particolare riguardo al principio del diritto al contradditorio.

Il Consiglio di Disciplina ha competenza anche nei casi d’inosservanza degli adempimenti obbligatori quali la morosità per inadempienza del contributo annuale, l’esercizio della professione senza aver assolto l’obbligo di aggiornamento professionale per acquisire i 30 crediti formativi ove di legge richiesti, l’esercizio della professione in forma autonoma senza aver stipulato un’assicurazione volta a risarcire eventuali danni derivanti appunto dall’esercizio della libera professione, l’evasione fiscale e/o quella previdenziale, qualora accertata in via definitiva

Il Consiglio di Disciplina, attraverso i Collegi, è chiamato a esprimersi sui comportamenti non conformi alle norme del Codice Deontologico, vigente all’epoca degli illeciti, che gli ingegneri iscritti abbiano commesso nell’esercizio della professione. Si fa riferimento anche ad illeciti al di fuori della professione che abbiano arrecato danno all’immagine della categoria nonché ai dispositivi legislativi che prevedano per la loro violazione il rimando al provvedimento disciplinare.

L’azione disciplinare può essere generata da esposti di persone fisiche o giuridiche che vi abbiano interesse, su richiesta di un Pubblico Ministero o comunque d’ufficio a seguito di segnalazioni di abusi o mancanze a carico degli iscritti, su iniziativa del Presidente del Consiglio di Disciplina, su indicazioni del Presidente dell’Ordine o su decisione del Consiglio di Disciplina. Naturalmente rimane fondamentale la presunzione di innocenza. Non è semplice valutare esposti a volte complessi, ma privi di riferimenti specifici sulle eventuali violazioni o mancanti di segnalazione per conoscenza all’interessato.

In tutte le fasi del procedimento disciplinare l’indagato deve essere posto nelle condizioni di interloquire, gli deve essere assicurata la possibilità di difesa, inclusa l’assistenza legale o tecnica e l’accesso agli atti o quant’altro oggetto del procedimento, previa richiesta ai soggetti o autori degli atti oggetto dell’accesso.​

L’attivazione con la contestazione degli addebiti e la conclusione del procedimento disciplinare con eventuale adozione della sanzione deve essere tempestiva e cioè immediata nel suo inizio e rapida nella sua conclusione. La regola serve a garantire l’effettività del diritto di difesa. In realtà vi sono problematiche dovute alla recente emergenza sanitaria, al reperimento di persone non rintracciabili, alle difficoltà di notifica tramite ufficiale giudiziario. La responsabilità disciplinare è accertata allorché siano provate l’inosservanza dei doveri professionali, l’intenzionalità della condotta anche se omissiva, l’imprudenza, la negligenza, l’imperizia e/o l’inosservanza delle leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Le eventuali comminazioni di sanzioni che possono derivare a seguito di procedimento disciplinare devono essere proporzionali alla gravità delle condotte e/o dei fatti contestati e alle conseguenze che possono essere derivate, o che possono derivare, dai medesimi.

Per principio di omogeneità sancito dalla legge i giudizi disciplinari che riguardano gli iscritti alla sezione B dell’Albo sono assegnati d’ufficio al collegio di cui fa parte almeno un Consigliere proveniente dalla sezione B dell’Albo.

Nel caso di richieste generiche o anonime, la decisione da dare eventuale seguito a procedimento disciplinare è rimessa alle valutazioni e decisioni del Presidente del Consiglio di disciplina, previa verifica dei fatti esposti.

Nel caso di un procedimento disciplinare parallelo a un procedimento giudiziario, il procedimento disciplinare è autonomo e indipendente dal giudizio medesimo e, pertanto, non deve essere necessariamente o automaticamente sospeso.

Il procedimento disciplinare si svolge secondo i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, in pratica secondo un principio di legalità con riferimento al Codice Deontologico del Consiglio Nazionale 23 marzo 2022

In ogni fase del procedimento disciplinare l’incolpato deve sempre essere posto nella piena condizione di interloquire e gli deve essere assicurata la più ampia possibilità di assistenza legale e/o tecnica e l’accesso agli atti e documenti oggetto del procedimento. L’inosservanza di tali previsioni, e quindi la violazione del diritto di difesa, può comportare la nullità alla decisione; pertanto l’incolpato ha il diritto di avere la più ampia possibilità di difesa, essere ascoltato sia su sua richiesta che su proposta del Collegio di Disciplina, presentare spontaneamente o su richiesta del Collegio di Disciplina una sua memoria difensiva scritta presentare a sua discolpa tutti i documenti che ritiene opportuni, documenti che entreranno a far parte, d’ufficio, degli atti del procedimento, anche farsi assistere, in ogni momento del procedimento, da un legale e/o un esperto di sua fiducia. Inoltre ha diritto all’accesso agli atti e documenti oggetto del procedimento in conformità alla normativa ex Legge 241/1990.

Atti e diritto di accesso

Il Procedimento disciplinare innanzi al Consiglio di Disciplina, ha natura amministrativa e, quindi, sono applicabili le regole sui provvedimenti e procedimenti amministrativi, ivi compresi gli art. 22 e seguenti della legge 241/1990 e s.m.i. sul diritto di accesso, che abrogano ogni previgente norma contraria. Il diritto di accesso, che è fondamentale per una perfetta trasparenza del procedimento disciplinare, spetta solo a chi ha un interesse diretto, concreto e attuale che va dimostrato dal soggetto istante nella domanda di accesso.

Il diritto di accesso agli atti o l’esclusione dallo stesso diritto, adeguatamente motivata, sono disciplinati dalla vigente normativa di legge, L. 241/1990 come modificata dalla L. 15/2005, dal D. Lgs. 196/2003, dal DPR 184/2006.

Tutti gli atti relativi ai procedimenti disciplinari sono custoditi presso la segreteria dell’Ordine territoriale secondo le norme previste D.Lgs. 196/2003 e successive modificazioni. Presso la sede della segreteria del Ordine territoriale viene istituito un registro in cui vengono iscritti i nominativi di coloro nei confronti dei quali sia stata applicata una sanzione disciplinare e la sua durata.

Il trattamento dei dati personali, anche sensibili, del professionista incolpato, è disciplinato dal D.Lgs. 30.06.2003 n. 196 e dal Regolamento UE 679/2016.
Il contraddittorio procedimentale è un fondamentale principio procedimentale e processuale, che caratterizza ogni procedimento punitivo e dunque anche quello disciplinare che rispetta il diritto dell’incolpato di potersi pienamente difendere prima dell’adozione della eventuale decisione o anche non luogo a procedere.

Fase istruttoria

Vediamo ora la fase istruttoria.

Deliberato l’avvio del procedimento disciplinare il Presidente qualora non relatore può nominare uno dei tre componenti del Collegio come relatore, dandone comunicazione nel verbale. Il relatore può a sua volta effettuare ulteriori indagini a carattere istruttorio o di verifica dei fatti e quando ritenga che​il procedimento sia sufficientemente istruito, ne informa il Presidente del Collegio di Disciplina.

Il Presidente del Collegio, valutati gli atti, può anche richiedere al Collegio medesimo l’immediata archiviazione senza formalità per manifesta infondatezza della notizia di illecito disciplinare e, nel caso di archiviazione, il Collegio trasmette all’iscritto interessato e al denunciante notizia dell’archiviazione.
Nell’ambito di assunzione di informazioni, il Presidente ovvero l’intero Collegio possono sentire l’incolpato allo scopo di acquisire elementi utili a fornire opportuna informativa al Collegio. Si deve concedere all’incolpato un periodo di tempo per predisporre le proprie argomentazioni di difesa. Può essere richiesta all’incolpato una relazione sullo svolgimento dei fatti. In genere viene presentata una memoria difensiva scritta.

In caso di memorie difensive molto lunghe con narrazioni complesse si ricorda che non è facoltà del Consiglio di Disciplina entrare nel merito delle decisioni della Pubblica Ammistrazione o Enti pubblici in genere.

In primis occorre un serio accertamento dei fatti, potrebbero capitare casi di presunto falso in perizia o mancato rispetto dei tempi di presentazione degli elaborati oppure difficoltà nel subentro tra professionisti o gravi disaccordi tra professionista e amministratori condominiali. Se dalle indagini preliminari eseguite dal Presidente emergono fatti che implichino la necessità di dare corso ad un giudizio, si avvia la fase istruttoria convocando l’incolpato a mezzo raccomandata A/R ovvero tramite posta elettronica certificata per l’audizione prevista ai sensi dell’art. 46 del R.D. 23/10/1925 n. 2537, fornendo ogni elemento utile e dando allo stesso la possibilità di fornire chiarimenti per iscritto e/o a formulare le proprie osservazioni, deduzioni e richieste istruttorie.

Il termine per l’avviso di convocazione per l’audizione non deve essere inferiore a 15 giorni.

Deve essere ricordata la necessità di rispettare il termine minimo a comparire di giorni 15, a pena di nullità della fase decisoria e detto termine deve essere verificato con riferimento alla data di ricevimento dell'avviso da parte del destinatario e non a quello di spedizione. Nel corso della riunione del Collegio il Presidente espone i fatti e relaziona sull’audizione dell’incolpato e sulle informazioni ottenute sui fatti che formano oggetto di imputazione. L’incolpato, eventualmente assistito dal proprio legale e/o dal proprio esperto di fiducia, espone la propria versione dei fatti e svolge le proprie ragioni e difese, anche con eventuali memorie scritte.

Conclusa l’audizione dell’incolpato, l’udienza prosegue, anche in seduta diversa, in forma riservata ed il Collegio discute la situazione e decide se vi sia motivo per dare corso ad un giudizio disciplinare individuando, con riferimento al Codice Deontologico, quali norme si possano ipotizzare violate; ovvero qualora non venga ravvisata alcuna violazione delibera il non luogo a procedere e dispone l’archiviazione del procedimento.

Il verbale della riunione, come tutti gli atti e i verbali riguardanti procedimenti disciplinari in ogni loro fase, è riservato e come tale deve essere conservato. Detto verbale deve contenere le dichiarazioni rese dal Presidente (con eventuale allegazione del rapporto scritto e degli atti e documenti prodotti)​e le dichiarazioni​fornite dall’incolpato, anche tramite l’eventuale difensore e/o esperto di fiducia, con allegazione degli ulteriori atti e documenti eventualmente prodotti. Il verbale deve essere fedele a quanto dichiarato pena la riconvocazione della sessione a seguito di contestazione e stesura di nuovo verbale. Durante la fase istruttoria il Collegio acquisisce atti, documenti, informazioni e quanto altro necessario per una approfondita disamina del caso anche mediante l’opera di consulenti esterni e/o richiesta di atti ad uffici ed amministrazioni pubbliche e privati.

La fase istruttoria deve essere conclusa entro 60 giorni dalla designazione del Collegio di Disciplina; tuttavia tale termine, non perentorio, potrà essere prolungato per giustificati motivi ovvero nelle ipotesi di particolare complessità.

Nel caso in cui l’incolpato o il difensore previamente nominato non siano presenti, il Collegio, se sussiste un legittimo impedimento o un giustificato motivo a comparire, rinvia la trattazione ad altra udienza, dandone comunicazione all’assente. In difetto di giustificato motivo, si procede in loro assenza.

Il Collegio, udita la relazione del relatore incaricato o del Presidente, può deliberare di non aprire il procedimento disciplinare allorquando i fatti palesemente non sussistano, o le notizie pervenute siano manifestatamente infondate. Analogamente non si procede qualora i fatti, allo stato degli atti, non implichino o comportino violazioni di norme di legge, regolamenti e codice deontologico.

Se i fatti non sono stati commessi da iscritto all’Ordine di competenza del collegio, il Presidente del Consiglio Disciplinare procede a trasmettere la documentazione in proprio possesso al Consiglio di Disciplina competente a promuovere l’eventuale azione disciplinare.

La delibera di eventuale archiviazione deve essere succintamente motivata e deve essere comunicata, con lettera raccomandata A.R. o P.E.C., all’iscritto interessato nonché ai soggetti che abbiano comunicato la notizia mediante comunicazione all’indirizzo indicato nell’esposto.

Nel valutare se ricorrono i presupposti per procedere all’apertura del procedimento disciplinare, il Collegio non entra nel merito tecnico della prestazione resa dal professionista oggetto dell’esposto, e nemmeno nelle azioni di competenza di Enti Pubblici, mentre sussiste piena libertà di valutare i medesimi accadimenti nell’ottica dell’illecito disciplinare.

Se nel corso dell’audizione emergono nuovi fatti disciplinari rilevanti, diversi da quelli specificati nei capi d’incolpazione, il Collegio apre un separato fascicolo che rimette al Consiglio di Disciplina perché sia avviato un nuovo procedimento.

Dell’audizione formale viene redatto verbale sottoscritto dalle persone partecipanti all’audizione, dal Segretario e dal Presidente.

L’autore dell’esposto/ segnalazione disciplinare non è e non può essere considerato “parte” in causa: parti del procedimento disciplinare davanti al Consiglio di disciplina sono solamente l’iscritto e la Procura della Repubblica davanti al Consiglio Nazionale, qualora vi sia un ricorso contro un provvedimento disciplinare. Il cosiddetto giudizio disciplinare non è una causa in senso tecnico: il procedimento disciplinare è finalizzato ad accertare se è stato violato il Codice deontologico e se deve, di conseguenza, essere applicata una sanzione disciplinare. Non bisogna, cioè, confondere “giudizio disciplinare” e giudizio civile o penale: nel nostro caso, chi abbia fatto una segnalazione da cui sia scaturita l’apertura di un procedimento, non è “parte” in senso tecnico del relativo procedimento disciplinare; egli può soltanto ottenere che chi ha commesso la violazione, sempre se ritenuto colpevole, sia sanzionato.

Decisioni ed eventuale citazione a giudizio disciplinare.

Al termine dell’audizione, fatto uscire l’incolpato e suoi difensori se intervenuti, il Collegio di Disciplina discute la situazione e decide se vi sia motivo per dare corso a un giudizio disciplinare individuando, con riferimento al codice deontologico e ad altra specifica normativa di legge, quali norme si possano ipotizzare violate.

In questa fase non si tratta ancora di assumere la decisione, ma solamente di valutare se le circostanze che emergono dalle indagini condotte e dall’audizione dell’incolpato implichino o no la necessità di dare corso a giudizio disciplinare.

La decisione può essere assunta immediatamente oppure, ove il Collegio di Disciplina ritenga necessari altri approfondimenti, in una riunione successiva. La decisione viene presa a maggioranza.

Il verbale della riunione, come tutti gli atti e i verbali riguardanti procedimenti disciplinari in ogni loro fase, é riservato e come tale deve essere conservato. Nel caso in cui il Collegio non ravvisi l’esistenza di fatti e circostanze disciplinarmente rilevanti, delibera il non luogo a procedere e l’archiviazione del caso e il Presidente del Consiglio di Disciplina provvederà a notificare (tramite raccomandata o P.E.C.), all’iscritto dell’Ordine e al soggetto che aveva inteso promuovere l’azione disciplinare, le decisioni adottate dal Collegio.

Nel caso in cui il Collegio abbia deliberato che vi sia motivo per il rinvio a giudizio disciplinare, si procede con citazione a giudizio al fine di formulazione di giudizio finale.

La citazione a giudizio deve essere notificata all’incolpato almeno quindici giorni prima della data di comparizione.

La convocazione deve contenere:

  1. l’indicazione dell’autorità procedente;
  2. le generalità del professionista incolpato;
  3. un riferimento sintetico, ma completo, ai fatti oggetto dell’imputazione;
  4. la formulazione del capo di imputazione che é stato identificato all'esito dell'attività istruttoria con l'enunciazione in forma chiara e precisa degli addebiti e delle norme che si ipotizzano violate;
  5. l’indicazione delle norme che si assumono violate non deve far riferimento solo quelle riferite al codice deontologico, ma anche, quando occorra, le norme di legge alle quali la norma deontologica faccia in qualche modo rinvio (esempio in materia edilizia, pubblici appalti, ecc.); tale indicazione deve essere chiara, puntuale e inequivocabile, affinché, nel rispetto del principio del contraddittorio, l'incolpato possa approntare una difesa senza rischiare di essere giudicato per fatti diversi da quelli ascrittigli o diversamente qualificabili sotto il profilo della condotta professionale a fini disciplinari;
  6. l’indicazione della facoltà di avvalersi di un'assistenza legale e/o di un esperto di fiducia;
  7. giorno, ora e sede presso cui avrà luogo il dibattimento con l'avvertimento che, in caso di mancata comparizione, non dovuta a legittimo impedimento o assoluta impossibilità a comparire, si procederà in sua assenza;
  8. l'elenco, eventuale, dei testimoni che il Collegio giudicante intende ascoltare;
  9. la data e la sottoscrizione del Presidente e del Segretario del Collegio di Disciplina giudicante.
  10. l'avviso che l'incolpato, entro il termine di sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, ha diritto, previa richiesta formale, di accedere ai documenti contenuti nel fascicolo, prendendone visione ed estraendone copia integrale; ha facoltà di depositare memorie e documenti; ha diritto di indicare testimoni, con l'enunciazione sommaria delle circostanze sulle quali essi dovranno essere sentiti; ha facoltà di eleggere domicilio presso il proprio difensore per le comunicazioni degli atti del procedimento

Dibattimento e fase decisoria

Nel giorno e nell’ora indicati nel decreto di citazione ha luogo la riunione del Collegio di Disciplina, nel corso della quale, dopo l’esposizione dei fatti da parte del Relatore, ha luogo lo svolgimento delle difese da parte dell’incolpato o del legale e/o di un esperto di sua fiducia.

Il dibattimento si svolge davanti al Collegio giudicante costituito nella sua composizione integrale dal momento che per la validità delle sedute, devono essere presenti tutti i componenti del Collegio dei Disciplina.

Nel corso del dibattimento l'incolpato ha diritto di produrre documenti; fare interrogazioni ad eventuali testimoni per il tramite del Collegio di Disciplina; avere la parola per ultimo, unitamente al proprio difensore.

Il Collegio giudicante acquisisce ed esamina i documenti prodotti dall’incolpato, provvede all’esame degli eventuali testimoni; procede d’ufficio o su istanza di parte, all’ammissione e/o all’acquisizione di ogni eventuale ulteriore prova rilevante per l’accertamento dei fatti; valuta l'ammissibilità delle interrogazioni poste all'incolpato.

Nel caso di rinvii di carattere istruttorio conseguenti alla decisione di assumere ulteriori elementi o procedere a nuovi accertamenti, l’incolpato deve essere avvertito tempestivamente e si deve procedere a nuova convocazione dello stesso avanti al Collegio dei Disciplina nelle forme regolamentari.

Le sedute del Collegio, in sede disciplinare, non sono pubbliche e le decisioni sono assunte senza la presenza degli interessati, per cui, terminata la discussione, fatto uscire l’indagato, i suoi difensori ed eventuali testimoni, il Collegio di Disciplina assume la propria decisione sul merito, oppure in un secondo tempo, eventualmente per l’esigenza sopravvenuta di nuovi accertamenti.

Nella seduta per la decisione di giudizi disciplinari, nessun componente può entrare nella sala riunioni se la trattazione è già stata avviata; può uscire dalla sala riunioni fino a quando non si sia pervenuti alla decisione; può astenersi, ma deve solo votare contro o a favore.

Le decisioni del Collegio di Disciplina sono adottate a maggioranza.

La seduta va verbalizzata in maniera completa e precisa. La decisione del Collegio di Disciplina deve essere sottoscritta dal Presidente, dal Relatore, se trattasi di persona diversa dal Presidente, e dal Segretario del Collegio.

La decisione del Collegio di Disciplina può essere il proscioglimento, ove non si ritengano violate norme deontologiche, oppure l’irrogazione di una sanzione disciplinare.

La decisione deve indicare in maniera esclusiva i fatti e le motivazioni dell'addebito secondo il principio della corrispondenza tra il dedotto ed il pronunciato, essendo logicamente precluso al Collegio di Disciplina di irrogare una sanzione per una diversa qualificazione del fatto oppure in modifica del fatto contestato.

La decisione deve essere esposta con linearità e sinteticità, pur tenendo conto della necessità della completezza della motivazione; è quindi importante che su ogni specifico punto la decisione sia trattata in modo compiuto, senza argomentazioni contraddittorie e facendo riferimento a fatti accertati e non a semplici presunzioni o sospetti. Devono inoltre essere indicati gli articoli delle norme deontologiche violate.

Nel caso ove dagli atti risulti evidente che il fatto non sussiste o che l’incolpato non l’ha commesso o che il fatto non costituisce illecito disciplinare, il Collegio di Disciplina adotta la più favorevole decisione di proscioglimento con la formula del caso. La pratica sarà rimessa, per l’archiviazione, al Presidente del Consiglio di Disciplina, che provvederà a notificare (tramite raccomandata a/r o P.E.C), all’iscritto dell’Ordine e al soggetto che aveva inteso promuovere l’azione disciplinare, le decisioni adottate dal Collegio di Disciplina, allegando copia del provvedimento formale da quest’ultimo adottato con la formula “non esservi luogo a provvedimento disciplinare”.

Nel caso di infrazioni lievi e scusabili, il Collegio giudicante può deliberare il richiamo verbale dell’incolpato che non ha carattere di sanzione disciplinare ed è comunicato all’iscritto con lettera riservata.

Sanzioni disciplinari

Nel caso di violazioni accertate le sanzioni che il Collegio di disciplina può pronunciare saranno correlate alla gravità della violazione che sarà desunta dalla natura, dalla gravità, dai mezzi, dall’oggetto, dall’intensità del dolo o dal grado di colpa, dalla gravità del danno o del pericolo arrecato agli interessi tutelati, dal luogo e da ogni altra modalità del comportamento dell’incolpato. Inoltre il Collegio deve tener conto nell’irrorare la sanzione, anche, delle capacità dell’incolpato a violare la normative professionale desunta dai motivi dell’azione o omissione, da eventuali precedenti disciplinari e, in generale, dal comportamento professionale dell’incolpato, sia prima che successivamente alla violazione disciplinare, nonché dal comportamento tenuto dall’incolpato durante il procedimento disciplinare e dalla collaborazione che ha dimostrato al Collegio nell’esporre senza riserve ogni circostanza utile ad un corretto e proficuo giudizio disciplinare.

Ai sensi dell’art. 4 del R. D. 253/1925, in forma adeguata e proporzionata alla gravità della violazione accertata, il Collegio designato pronuncia contro l’iscritto all’Albo soggetto al procedimento disciplinare una delle sanzioni di seguito descritte:

  • Avvertimento con notifica al colpevole tramite P.E.C. o raccomandata a/r,
  • Censura con notifica al colpevole tramite Ufficiale Giudiziario,
  • Sospensione con notifica al colpevole tramite Ufficiale Giudiziario,
  • Cancellazione con notifica al colpevole tramite Ufficiale Giudiziario.

Avvertimento

Consiste in una comunicazione del Presidente del Consiglio di Disciplina all’incolpato, nella quale viene dimostrato al colpevole quali siano le mancanze commesse, con l’esortazione a non ricadervi. Può essere inflitta nel caso di abusi o mancanze di lieve entità che non abbiano comportato riflessi negativi sul decoro e sulla dignità della professione o che hanno avuto modesto riflesso.

Censura

Consiste in una formale dichiarazione del Presidente del Consiglio di Disciplina notificata all’incolpato, con la quale le mancanze commesse sono formalmente dichiarate e in relazione alle quali viene espressa una nota formale di biasimo. Può essere inflitta in caso di:

  • abusi o mancanze, lesivi del decoro e della dignità della professione,
  • di comportamento scorretto nei confronti di colleghi professionisti e in particolare di quelli che hanno connessioni con la professione dell’ingegnere,
  • di violazioni delle norme deontologiche,
  • in caso di reiterazione della sanzione dell’avvertimento avvenuta per le stesse motivazioni.

Sospensione

Consiste nell’inibizione dall’esercizio della professione e consegue di diritto nel caso previsto e regolato dagli art. 19 e 35 del Codice Penale per tutto il tempo stabilito nel provvedimento del giudice che l’ha comminata.

La sanzione della sospensione è inflitta per un tempo massimo di sei mesi aumentato fino a due anni nei casi previsti dall’art. 29 del DPR 380/2001 (conformità delle opere alla normativa urbanistica, alle previsioni di piano ecc.).

Essa può essere inflitta in caso di violazioni del codice deontologico:

  • violazioni del codice deontologico, che possano arrecare nocumento a utenti/clienti o ad altro iscritto all’Albo,
  • violazioni che possano generare una risonanza negativa per il decoro e la dignità della professione a causa della maggiore pubblicità del fatto,
  • reiterazione della sanzione di censura prevista per le stesse motivazioni,
  • morosità segnalata dalla Segreteria dell’Ordine, dopo che essa ha provveduto a sollecito e comunque dopo una annualità,
    aver esercitato atti di libera professione senza la necessaria assicurazione, per tutto il tempo in cui l’iscritto non dimostrerà di aver ottemperato agli obblighi,
  • aver esercitato la libera professione senza i necessari crediti C.F.P. (la sanzione avrà durata fino al conseguimento dei C.F.P. necessari) ove richiesti.

Per inciso, ai sensi dell’art. 3, comma 3, del Regolamento del CNI relativo all'aggiornamento della competenza professionale degli ingegneri, pubblicato dal Ministero della Giustizia sul Bollettino Ufficiale n. 13 del 15/07/2013, è necessario possedere 30 CFP per svolgere la “professione” così come definita dall'art. 1, comma 1, lettera a, del DPR 137/2012. Tale obbligo è dunque cogente solo per il “professionista”, come definito dall’art.1, comma 1, lettera b, del DPR 137/2012.

Ne consegue che gli iscritti all’Albo degli Ingegneri che non esercitano la “professione” non rientrano nel novero dei “professionisti” cui fa riferimento il Regolamento, perciò non sono soggetti a sanzioni disciplinari né perdono il diritto di restare iscritti all’Albo al raggiungimento degli zero CFP.

Non si evince poi peraltro da alcuna norma che l’atto professionale eseguito in assenza del numero minimo di crediti necessari perda valore ed efficacia, posto naturalmente che chi abbia eseguito l’atto sia un professionista regolarmente abilitato ed iscritto all’Ordine.

Cancellazione

La cancellazione dall’Albo consegue di diritto nel caso di interdizione dalla professione previsto e regolato dagli art. 19 comma 1, 30 e 31 del C.P. per l’intera durata dell’interdizione stabilita dal provvedimento del giudice che l’ha comminata; inoltre può essere inflitta in caso di violazioni del codice deontologico e/o di comportamento non conforme al decoro e alla dignità della professione, di gravità tali da rendere incompatibile la permanenza nell’Albo.

Nel caso di presenza di condanna alla reclusione e alla detenzione, il Consiglio di Disciplina può disporre il provvedimento Disciplinare di cancellazione dall'Albo o pronunciare la sospensione, a seconda delle circostanze.

La sospensione ha sempre luogo quando sia stato emesso ordine di custodia cautelare in carcere e fino alla sua revoca.

Qualora si tratti di condanna tale da impedire l’iscrizione nell’Albo (perdita dei diritti civili) deve essere sempre ordinata la cancellazione dall’Albo. In questi casi il provvedimento di cancellazione è assunto dal Consiglio dell’Ordine, a seguito di formale decisione (trattasi di atto dovuto) e comunicazione del Consiglio di Disciplina.

Nel caso l’iscritto sia inadempiente nei confronti dell’INARCASSA, ai sensi dell’art. 16 della L. 03/01/1981 n.6 e dell’art. 2, comma 3, del regolamento generale previdenza 2012, per omissione, ritardo oltre i termini stabiliti, infedeltà della comunicazione annuale obbligatoria relativa al reddito professionale ai fini IRPEF e al volume di affari complessivi ai fini IVA, il Consiglio di Disciplina, sempre tramite un collegio di Disciplina, può disporre il provvedimento disciplinare di sospensione fino all’adempimento. Naturalmente è opportuna una verifica presso gli archivi dell’ente previdenziale, anche dati i cambiamenti del sistema informatico.

Casi particolari: sospensione per morosità

Il contributo annuo dovuto dagli iscritti all’albo è determinato dal Consiglio dell'Ordine ai sensi degli artt. 18 e 37 del R. D. 2537/1925. A seguito della procedura amministrativa dell’Ordine relativa alla morosità ed a seguito del deferimento ufficiale dell'iscritto al Consiglio di Disciplina si attiva la procedura di cui s’è detto.

Il procedimento disciplinare, nel caso in cui persista la morosità da parte dell'iscritto,
si conclude con la sospensione dell’iscritto medesimo a tempo indeterminato ex art. 2 della Legge 3 agosto 1949 n. 536, e art. 20.2 del Codice Deontologico, e fino a che l’iscritto non provveda a sanare la propria posizione, versando i contributi, le relative penalità ed anche gli eventuali costi aggiuntivi non pagati.

L'esito del procedimento disciplinare viene trasmesso all'Ordine, per poter procedere
agli adempimenti amministrativi legati all’adozione del provvedimento di sospensione, tra i quali anche le comunicazioni ai numerosi enti interessati.

In caso di richiesta di rateazione del contributo di iscrizione all'Albo, nel caso di
mancato pagamento di più annualità, la richiesta di rateazione viene comunicata al Presidente ed al Tesoriere dell'Ordine ed il procedimento disciplinare rimane sospeso fino all'avvenuto pagamento delle rate.

Tuttavia in caso di mancato pagamento di una o più rate da parte dell’iscritto, il Consiglio di Disciplina riprende l’azione disciplinare.

I contributi non versati, le relative penalità e gli eventuali costi aggiuntivi costituiscono crediti dell’Ordine esigibili nelle forme di legge anche in caso di trasferimento dell’interessato ad altro Ordine, in caso di sospensione, in caso di cancellazione.

Ogni anno vi sono colleghi inadempienti, cioè persone che non pagano il contributo di iscrizione.

L’Ordine per gli iscritti insolventi deve comunque versare la quota di legge al CNI e far fronte ad altre spese, comprese quelle di segreteria e dunque il comportamento è disdicevole sotto il profilo deontologico nei confronti dei colleghi i quali provvedono regolarmente.

Per quel che concerne il rapporto con il Consiglio Nazionale come tutti sanno , gli Ordini sono Enti Pubblici non economici posti a tutela e vigilanza di un interesse pubblico che è l’espletamento della professione di Ingegnere (e Architetto, Geologo, etc.) e lo Stato ha posto che il funzionamento sia a carico degli iscritti che devono contribuire con una quota annuale, e in particolare, in conformità dell’art. 18 del R.D. 23 ottobre 1925 n. 2537 il Consiglio Nazionale (CNI) ha stabilito che le quote contributive per il proprio funzionamento devono essere versate dagli Ordini territoriali, e questo in tre rate di acconto ed una finale di conguaglio.

La Cassazione (sezioni unite 1782/2011) ha ricondotto, in una ordinanza, il contributo annuale dovuto per l'iscrizione a un albo professionale alla nozione di imposte e tasse.

E’ possibile il ricorso: gli iscritti che non adempiono al versamento delle quote annuali di iscrizione sono sospesi dall'esercizio professionale a tempo indeterminato ex art. 2 Legge 3 agosto 1949 n. 536, ma solo a seguito di formale e regolare procedimento Disciplinare avanti al Consiglio di Disciplina, avverso il quale è data la possibilità di ricorso, in sede giurisdizionale, davanti al Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
La sospensione così inflitta non è soggetta a limiti di tempo ed è revocata con provvedimento del Presidente del Consiglio di Disciplina quando l'iscritto dimostri di aver pagato le quote dovute.

In caso di richiesta di rateazione del contributo di iscrizione all'Albo, nel caso di mancato pagamento di più annualità, la richiesta di rateazione viene comunicata al Tesoriere dell'Ordine per valutare la richiesta; in caso di esito favorevole della richiesta di rateazione, il procedimento disciplinare rimane sospeso fino all'avvenuto pagamento delle rate.

In caso di mancato pagamento di una o più rate, l'iscritto viene deferito nuovamente al Consiglio di Disciplina, che commina, senza concedere altre rateazioni, la misura della sospensione a tempo indeterminato ex art. 2 legge 3 agosto 1949 n. 536, e fino a che l’iscritto non provveda a sanare la propria posizione.

In caso di cancellazione, ove l’interessato richieda nuova iscrizione, oltre ad avere sanato la morosità per il periodo che ha dato luogo alla cancellazione, deve anche dimostrare il possesso di tutti i requisiti previsti dalla normativa vigente al momento della richiesta. I contributi non versati, le relative penalità e gli eventuali costi aggiuntivi costituiscono crediti dell’Ordine esigibili nelle forme di legge anche in caso di trasferimento dell’interessato ad altro Ordine, e nel caso di sospensione o di cancellazione.

Notificazione della decisione

Conclusosi il procedimento disciplinare, ogni decisione del Collegio di Disciplina deve essere trasmessa al Presidente del Consiglio di Disciplina che provvede a comunicarla nelle forme previste alla persona interessata.

Sarà, altresì, informato il soggetto che aveva inteso promuovere l’azione disciplinare. Il Segretario del Consiglio di Disciplina Territoriale trasmette copia integrale del provvedimento al Procuratore della Repubblica competente per territorio in funzione della residenza del colpevole ed al Presidente del Consiglio dell'Ordine.

I provvedimenti definitivi (ovvero non impugnati) di sospensione dall'esercizio professionale e di cancellazione dall'Albo vengono inviati ai seguenti uffici ed enti):

- Corte di Appello;
- Tribunale;
- Prefettura;
- Camera di Commercio avente sede nel distretto dell'Ordine;
- Ministero della Giustizia;
- Ministero degli Interni;
- Ministero delle Infrastrutture e Trasporti;
- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
- Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca;
- Consiglio Nazionale degli Ingegneri;
- Consigli degli Ordini italiani.

I provvedimenti disciplinari sono annotati nella cartella personale dell’iscritto e sull’Albo Unico.

In effetti in materia di pubblicità dei provvedimenti disciplinari ricordiamo l’art. 61 del Codice in materia di protezione dei dati personali, prima del regolamento UE 679/2016 (D.lgs. 30/06/2003 n.196: "Rispetto a tale regime di conoscibilità dei provvedimenti disciplinari, che si fonda su rilevanti motivi di interesse pubblico, connessi anche a ragioni di giustizia e al regolare svolgimento dei procedimenti giudiziari, non può ritenersi prevalente l'interesse alla riservatezza del singolo professionista"). La conoscibilità delle informazioni relative ai provvedimenti disciplinari rende quindi lecita la loro divulgabilità, purché i dati siano esatti ed aggiornati, nonché riportati in termini di sostanziale correttezza

Impugnazione delle decisioni del Consiglio di Disciplina

Avverso le decisioni del Collegio di Disciplina è ammesso ricorso avanti al Consiglio Nazionale degli Ingegneri nel termine di trenta giorni (solari e continuativi) dalla notifica del provvedimento ed in ogni caso da quando l’incolpato ne abbia avuto piena conoscenza ai sensi dell’art. 10 e 48 del R. D. 2537/1925. Il ricorso è presentato all'organo indicato nella comunicazione o a quello che ha emanato l'atto impugnato, ossia al Consiglio di Disciplina istituito presso l’Ordine territoriale.

Possono proporre ricorso:

  • l’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità;
  • il Consiglio dell’Ordine presso cui l’incolpato è iscritto, per ogni decisione;
  • il Procuratore della Repubblica, in caso di deliberazioni ritenute​contrarie a disposizioni di legge o a regolamenti.

Esecutività della decisione disciplinare

La decisione emessa dal Collegio di Disciplina che non sia stata impugnata nei termini prescritti (trenta giorni), è immediatamente esecutiva.

Le sospensioni e le radiazioni decorrono dalla scadenza del termine previsto per la impugnazione della decisione del Collegio dei Disciplina, se non proposta, ovvero dal giorno successivo alla notifica all’incolpato della sentenza del Consiglio Nazionale degli Ingegneri che decide sull’impugnazione. L’incolpato è tenuto ad astenersi dall’esercizio della professione senza necessità di alcun ulteriore avviso.

Per l’esecuzione di tutte le sanzioni disciplinari è competente il Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri al cui Albo è iscritto l’incolpato.

Quando sia divenuta definitiva la decisione che irroga una sanzione disciplinare ovvero che pronuncia il proscioglimento, il Presidente del Consiglio di Disciplina Territoriale ne dà comunicazione sia all’ordine di appartenenza che a quello che abbia eventualmente attivato il procedimento disciplinare, trasmettendo a ciascuno copia della decisione corredata dalle relazioni di notifica.

Sanzioni sostanziali e sanzioni formali.

Nell’ipotesi di sanzioni sostanziali il Presidente del Consiglio dell’Ordine di appartenenza dell’iscritto, avuta notizia dell’esecutività della sanzione, notifica della decisione del Collegio dei Disciplina ed invia all’ingegnere sanzionato, a mezzo P.E.C. o raccomandata con avviso di ricevimento, presso la residenza o presso il domicilio del difensore designato per il procedimento, una comunicazione recante la data di decorrenza dell’esecuzione della sanzione e quella finale.

Nell’ipotesi di sanzioni formali il Consiglio dell’Ordine degli Ingegneri procede esclusivamente all’inserimento della decisione nel fascicolo personale dell’iscritto.

Considerazioni di merito: nel valutare se ricorrano i presupposti per procedere all’apertura del procedimento disciplinare, il Collegio di Disciplina non entra nel merito tecnico della prestazione resa dal professionista oggetto dell’esposto, ma si attiene esclusivamente alla valutazione dei fatti al fine di rilevare se siano stati commessi illeciti disciplinari. Altresì non si pongono in discussione provvedimenti elencati in atti e che rientrano nella competenza della Pubblica Amministrazione.

Infine, nel caso in cui per gli stessi fatti della vertenza deontologica penda un procedimento civile, penale o amministrativo non vi è alcun motivo ostativo o impedimento nella trattazione del giudizio disciplinare relativamente alle violazioni del Codice Deontologico. Tuttavia spesso in tali situazioni si è di fronte ad una completamente diversa narrazione dei fatti espressa dalle controparti.

Eventuale riapertura del procedimento disciplinare

Il procedimento disciplinare, concluso con provvedimento definitivo, è riaperto:

  1. se è stata inflitta una sanzione disciplinare e, in ipotesi di identità dei fatti oggetto di indagine disciplinare e del processo penale, qualora l’autorità giudiziaria abbia emesso sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l’incolpato non lo ha commesso. In tale caso deve essere pronunciato il proscioglimento anche in sede disciplinare;
  2. se in sede disciplinare è stato pronunciato il proscioglimento e l’autorità ha emesso sentenza di condanna per reato non colposo fondata su elementi rilevanti per l’accertamento della responsabilità disciplinare che non sono stati valutati dal Collegio dei Disciplina. In tale caso i nuovi elementi sono liberamente valutati nel procedimento disciplinare riaperto.

La riapertura del procedimento disciplinare avviene con le forme del procedimento ordinario. Per la riapertura del procedimento e per i provvedimenti conseguenti è competente il Consiglio di Disciplina Territoriale e il giudizio è affidato ad un Collegio diverso da quello che aveva deciso.

Trattazione dei ricorsi e dei reclami avanti al Consiglio Nazionale Ingegneri

Ai sensi degli artt. 10 e 48 del R.D. 23.10.1925 n. 2537 (“Regolamento per le professioni di Ingegnere e Architetto”), e successive modifiche di cui all’art. 4 del R.D. 27/10/1927 n° 2145, l’interessato ha diritto di ricorrere al Consiglio Nazionale degli Ingegneri avverso la deliberazione del Consiglio di Disciplina.

Le modalità relative alla presentazione dei ricorsi sono contenute nel successivo D.M. 01.10.1948 “Norme di procedura per la trattazione dei ricorsi dinanzi al Consiglio Nazionale degli Ingegneri”.

Per quanto attiene alla materia disciplinare i ricorsi avanti al Consiglio Nazionale degli Ingegneri ex R.D. n. 2537/1925 possono riguardare l’impugnazione delle deliberazioni disciplinari dei Collegi di Disciplina.

Le impugnazioni dinnanzi al Consiglio Nazionale Ingegneri possono essere proposte dal professionista interessato e devono essere presentate, pena irricevibilità, entro il termine di 30 giorni dalla avvenuta notificazione del provvedimento impugnato. Il ricorso per impugnazione deve essere presentato o notificato presso il Consiglio di Disciplina che ha emesso la deliberazione che si intende impugnare.

Nel caso in cui le deliberazioni siano ritenute contrarie a disposizioni di legge o a regolamenti, il ricorso può inoltre essere presentato dal Procuratore della Repubblica. Non sono ammessi ricorsi presentati da altri soggetti.

Il ricorso deve contenere i motivi su cui si fonda ed essere corredato della copia autenticata della deliberazione impugnata e dei documenti eventualmente necessari a provare la fondatezza del ricorso stesso.

Il CNI invita le parti a prendere visione del fascicolo ed a produrre memorie difensive e ulteriori documenti e repliche in un periodo di tempo stabilito.

Qualora il Consiglio Nazionale ritenga necessario che l’interessato dia chiarimenti ovvero produca atti o documenti, il Presidente comunica i provvedimenti adottati all’interessato stesso.

Il giorno dell’udienza possono essere presenti il rappresentante del Consiglio di Disciplina dell’Ordine, il ricorrente ed eventuali legali e/o esperti nell’interesse del ricorrente stesso. Si ricorda che le sedute del Consiglio Nazionale non sono pubbliche e le decisioni sono adottate fuori della presenza degli interessati; al termine della discussione la decisione viene posta ai voti e viene decisa a maggioranza.
Prescrizione.

Il termine di prescrizione dell’azione disciplinare, ai sensi delle vigenti disposizioni, è fissato in cinque anni, che decorrono dal momento in cui si è verificata la condotta lesiva delle norme deontologiche.

Il Codice Deontologico

Si è visto dunque come si deve agire e come il Codice Deontologico (CNI 14giu2023) definisca l’ambito della sua applicabilità.

Esso divide i doveri deontologici in classi tematiche, consentendo ai destinatari di individuare con immediatezza la tipologia di obbligo cui si è tenuti.

I destinatari sono gli iscritti ad ogni settore e in ogni sezione dell’Albo, in qualunque forma gli stessi svolgano l’attività di Ingegnere, con ciò comprendendo non solo gli Ingegneri liberi professionisti, ma tutti gli appartenenti alla categoria, operanti sia in forma individuale che in forma associata.

Già nelle premesse si dichiarano l’intento sociale della categoria degli Ingegneri e i valori morali e deontologici che permeano la professione. Nel Capo II vengono sanciti i doveri di diligenza, perizia, prudenza e qualità della prestazione, ed inoltre integrità, lealtà, chiarezza e correttezza, tipicamente connessi al modo di essere e di porsi che il professionista assume nei confronti della committenza, dei colleghi, collaboratori e collettività.

L’articolo 4 specifica le statuizioni concernenti la correttezza, ribadisce il principio dell’autonomia tecnica ed intellettuale, ed in particolare al punto 4.4 viene ribadito il principio per cui qualsivoglia asseverazione, dichiarazione o attestazione resa nell’esercizio della professione deve essere preceduta e supportata da verifiche, affinché possa risultare coerente e corrispondente al reale status dei fatti e dei luoghi. La fattispecie della falsa dichiarazione, pertanto, viene stigmatizzata. Al punto 4.6, sempre quale declinazione del principio di correttezza, viene introdotto l’obbligo di astenersi dal ricevere compensi o remunerazioni che possano pregiudicare l’autonomia di giudizio e al punto seguente la norma chiede che i professionisti pongano attenzione a tutte quelle situazioni in cui il loro comportamento potrebbe facilitare, agevolare o addirittura concorrere a configurare fattispecie illecite.

All’art. 5 viene trattato il principio di legalità, argomento complesso, riassumibile nell’accezione di “non commettere reati”.

All’art. 6 e seguenti viene ribadito il dovere di riservatezza con riguardo a tutte le informazioni assunte dall’Ingegnere nell’ambito dell’incarico professionale. Tale dovere si estende anche a tutti i soggetti che collaborano con il professionista. Si formalizza, anche a livello di deontologia, l’obbligo di formazione e aggiornamento costante, viene ribadito l’obbligo, già sancito dalle norme legislative di riforma degli ordinamenti professionali, di dotarsi di adeguata assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale.

All’art. 9 si ribadisce il principio, già noto nel precedente Codice ed emanato a supporto del principio di leale concorrenza, secondo cui la pubblicità circa la propria attività professionale può essere di carattere esclusivamente informativo.

L’art. 11 è dedicato all’aderenza e attuazione del principio di correttezza verso il cliente. Viene ribadito dunque che i termini dell’incarico ricevuto e i compensi devono essere chiari.

All’art. 12 sono presenti due importanti concetti con forte connotazione deontologica, cioè che il professionista è tenuto ad informare il committente di ogni potenziale conflitto di interesse che potrebbe sorgere durante l’esecuzione del suo incarico, nonchè, a rafforzamento dei generici principi di lealtà e trasparenza, vale il principio per cui il professionista è tenuto alla restituzione dei documenti ricevuti dal committente o necessari per l’esecuzione dell’incarico ogni qual volta il committente li richieda. Il principio in realtà pone la committenza nella posizione di chiedere conto dell’attività che il professionista sta conducendo o che ha condotto, consentendogli di esercitare un controllo sulla corretta esecuzione dell’incarico.

Il Capo III del Codice è dedicato ai rapporti interni, ed anche qui vi sono regole deontologiche. Un caso frequente è la circostanza che nel subentro ad un incarico, l’Ingegnere sostituito deve mettere a disposizione del nuovo professionista incaricato tutti gli elementi necessari per la prosecuzione dell’incarico.

L’art. 14 definisce il perimetro dei doveri che il professionista è tenuto ad assolvere nei confronti dei propri collaboratori.

All’art. 15 viene introdotta una serie di enunciati ed obblighi dedicati a disciplinare la concorrenza.

L’art. 16, rubricato “Attività in forma associativa o societaria”, pone importanti indicazioni in termini di responsabilità. Viene stabilito che nel caso di associazione professionale, associazione in cui manca la personalità giuridica, è responsabile, sotto il profilo disciplinare, solo l’Ingegnere cui si riferiscono gli addebiti e le contestazioni. Invece, in caso di società di Ingegneri iscritte all’Albo, oltre al professionista cui vengono contestati gli addebiti, risponde anche la società iscritta all’Albo sotto il profilo deontologico.

Il Capo IV regolamenta le situazioni in cui il professionista entra in contatto con le istituzioni, collettività e territorio. La denominazione “istituzioni” deve essere intesa in accezione ampia e deve comprendere enti terzi, aventi connotazione sia pubblicistica che privatistica.

Il Capo V si compone di un solo articolo e disciplina sia i rapporti con l’Ordine territoriale di appartenenza sia quelli con gli organismi di autogoverno, sancendo preliminarmente un generale dovere di collaborazione e poi declinandolo in diverse fattispecie e contesti. Preliminarmente viene indicato che l’adempimento puntuale degli obblighi economici verso l’Ordine è un dovere deontologico: la partecipazione economica viene elevata ad obbligo deontologico in quanto consente il sostentamento dell’Ordine che, quale ente pubblico non economico, non ha né può avere introiti diversamente ottenibili.

Il Capo VI formalizza l’esistenza della categoria della “incompatibilità”, definendola a livello sistematico.

All’art.22, sanzioni, si dispone che la violazione delle norme comportamentali di cui agli articoli del Codice viene sanzionata dal Consiglio di disciplina.

Spetta a ciascun Consiglio dell’Ordine territoriale provvedere a recepire il nuovo Codice deontologico del giugno 2023 approvato dal Consiglio Nazionale, mediante una autonoma e formale delibera di Consiglio.

Come dispone l’art.23.1, lettera b), del Codice (“Disposizioni finali”), infatti, ogni singolo Consiglio dell’Ordine territoriale è tenuto a recepire in via autonoma e, se ritenuto, ad integrare o emendare il Codice deontologico nazionale, tramite apposita delibera di Consiglio.

Gli iscritti all’Albo degli Ingegneri della provincia di Padova sono consapevoli che l’attività dell’ingegnere è una risorsa che deve essere tutelata e che implica doveri e responsabilità nei confronti della collettività e dell’ambiente.

L’Ordine è chiamato dunque a garantire il corretto esercizio della professione secondo i principi di autonomia intellettuale, trasparenza, lealtà e qualità della prestazione, indipendentemente da posizioni e ruoli nell’attività lavorativa e nell’ambito professionale.

Abbiamo già visto una modifica effettuata nella seduta del 23 marzo 2022 in cui il Consiglio Nazionale ha deliberato una integrazione dell’articolo 20 del Codice deontologico finalizzata a definire l’illecito disciplinare, conseguente alla violazione delle prescrizioni di legge e regolamentari in materia elettorale. Più precisamente, essa prevede l’introduzione, nel testo del predetto articolo 20, del comma 5, disponendo in questo comma che l’Ingegnere è tenuto a rispettare le disposizioni di legge e regolamentari in materia elettorale, ivi incluse quelle delegate al Consiglio Nazionale degli Ingegneri. La disposizione mira anche a garantire un principio di equilibrio ai fini del rispetto delle pari opportunità nella composizione dei Consigli.

Il Consiglio Nazionale ha optato adesso per una selettiva e mirata integrazione delle disposizioni deontologiche anche al disposto degli articoli concernenti le Definizioni, la citata Disciplina dell’equo compenso e la Presunzione di equità.

Con l’occasione, è stato affinato l’articolo 2 del Codice destinato all’ambito di applicazione inserendo ex novo un passaggio per precisare che le previsioni del Codice deontologico valgono e si applicano per “tutti i titoli professionali stabiliti dall’art.45 del DPR 5 giugno 2001 n.328” e sinteticamente indicati con il termine ingegnere.

(Il D.P.R. 5 giugno 2001, n. 328 era quello che stabiliva Modifiche ed integrazioni della disciplina dei requisiti per l'ammissione all'esame di Stato e delle relative prove per l'esercizio di talune professioni, nonché della disciplina dei relativi ordinamenti.
All’art.45 di questo DPR si parla di Sezioni e titoli professionali. Nell'albo professionale dell'Ordine degli ingegneri sono istituite la sezione A e la sezione B, ciascuna sezione è ripartita in settori e si dice quali titoli professionali spettano.)

Questo nuovo Codice Deontologico emanato dal CNI nel giugno 2023 riguarda sempre principi e doveri generali e rapporti con l’interno e l’esterno della categoria professionale. Sono dunque condivisi e conosciuti i doveri generali di correttezza, legalità, riservatezza, formazione e aggiornamento, assicurazione professionale, pubblicità informativa. Di nuovo viene trattato l’argomento dei rapporti con il committente, incarichi e compensi e svolgimento delle prestazioni. I rapporti con i colleghi e altri professionisti erano di già trattati. Ogni elemento del resto trova puntuale motivazione in dispositivi di legge.

L’articolo 11 del Codice tiene conto delle novità introdotte dalla legge cosiddetta sull’equo compenso (Legge 21 aprile 2023 n.49), di cui si parla più avanti.

Si mira come sempre alla promozione e valorizzazione delle attività professionali, attraverso il riconoscimento del diritto all’equo compenso per i professionisti.

Le motivazioni sono ritrovabili nel calo dei redditi dei professionisti italiani, nella concorrenza al ribasso e via dicendo. Gli importi degli onorari si vogliono dunque proporzionati alla quantità, alla qualità e al contenuto delle caratteristiche delle prestazioni professionali.

In conclusione con la precisa definizione di “compenso equo” la norma delinea la condotta da osservare da parte dei professionisti Ingegneri e, di conseguenza, regola i margini di intervento del Consiglio di disciplina territoriale.

Si spera dunque che, dopo ampia discussione, il Consiglio approvi il nuovo Codice Deontologico.

Equocompenso

Come noto il cosiddetto decreto Bersani, Legge n. 248 del 2006, di conversione del decreto-legge n. 223 del 2006, ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano l'obbligatorietà dei minimi tariffari, che erano garanzia civile e costituzionale della congruità dei compensi rispetto al lavoro.

Successivamente sotto il governo Monti con l'art. 9 del D.L. n. 1/2012, abbiamo avuto l'abrogazione definitiva delle tariffe delle professioni regolamentate, oltre ai minimi, vengono abrogati anche i massimi tariffari.

Infine è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 05.05.2023 n. 104 la Legge del 21 aprile 2023 n. 49 recante disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. Ai fini della citata legge, per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale. Essa interviene sulla disciplina in materia di equo compenso delle prestazioni professionali rese nei confronti di particolari categorie di imprese, con la finalità di rafforzare la tutela del professionista, speriamo che i giovani ne siano favoriti. I princìpi liberali si fondano sulla volontà delle parti senza condizioni di imposizione del più forte al più debole.

Anche l’art.36 della Costituzione sancisce che il lavoratore abbia diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, sebbene enunciato diretto al lavoro dipendente.

Per la verità anche l’art. 2233 del Codice Civile stabilisce che in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.

La legge sarà perfettibile, specie nell’applicazione della norma disciplinare riferita agli Ordini professionali, ma è un passo avanti. Per ciò che concerne il Consiglio di Disciplina la segnalazione di un compenso è inidonea di per sé ad integrare la fattispecie deontologicamente rilevante, solo per gli iscritti all’Ordine, avanti il citato organo: il compenso sproporzionato può valutarsi come tale solo al termine di un giudizio di relazione condotto su termini di comparazione, una volta valutata l’attività espletata, tra la richiesta effettiva e la misura teorica della remunerazione da ritenersi equa ai sensi di legge. Una volta che sia stato quantificato l’importo ritenuto proporzionato, può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione, compensi sotto soglia o eccessività. A garanzia del professionista dobbiamo sentire le parti in fase di istruttoria preliminare ed in seguito in sessione ufficiale verbalizzata con convocazione tramite ufficiale giudiziario. Non abbiamo competenza come Ordine ad obbligare le parti ad indennizzi o risarcimenti cioè ad azioni che spettano al potere giudiziario.

Inoltre, dato che l’art.5 comma 5 della Legge 21 aprile 2023 n.49 di cui parliamo affida agli Ordini professionali il compito di approvare disposizioni deontologiche deputate a sanzionare la violazione da parte del professionista della disciplina dell’equo compenso, è stato pertanto aggiornato il Codice deontologico della categoria.

La Legge 21 aprile 2023 n. 49 è in vigore dal 20 maggio, ma vediamo cosa sia l'equo compenso, a chi spetta, clausole e nullità, azione giudiziale del professionista, indennizzo, ed infine le sanzioni da parte degli ordini professionali.

Come detto lo scopo del provvedimento è quello di assicurare al professionista un compenso commisurato al valore della prestazione e rafforzarne la tutela nel rapporto contrattuale con specifiche imprese, che per natura, dimensioni o fatturato, sono ritenute contraenti forti.

Equo compenso, definizione e a chi spetta

Il provvedimento sull’equo compenso si compone di 13 articoli.

L’equo compenso è definito dall’articolo 1 della nuova legge, come la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche delle prestazione professionale, nonchè conforme ai compensi previsti di legge, come disposto ad esempio per gli avvocati, mentre per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, i valori presi a riferimento sono attualmente quelli stabiliti da Decreto ministeriale n. 140/2012, che dovranno essere comunque aggiornati.

L’equo compenso trova applicazione ai rapporti professionali che hanno ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale (art. 2230 c.c.), regolate da convenzioni e relative allo svolgimento anche in forma associata o societaria delle attività professionali rese in favore di grandi imprese e pubblica amministrazione. (Imprese bancarie assicurative e loro controllate, mandatarie; imprese con più di 50 lavoratori; imprese con ricavi annui superiori a 10 milioni di Euro; pubblica amministrazione e società a partecipazione pubblica).

Clausole e pattuizioni nulle

La rilevanza dei rimedi a tutela del professionista fa perno sulla nullità delle clausole che compromettono l’equità del compenso. In particolare sono nulle le clausole delle convenzioni che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera; le pattuizioni di compensi inferiori a quelli stabiliti dai parametri di liquidazione dei compensi previsti con decreto ministeriale.

Sono nulle anche le pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione o che impongano anticipazione di spese.

Sono logicamente nulle clausole o pattuizioni anche in documenti distinti dalla convenzione che riservino al cliente la facoltà di modifica unilaterale del contratto, la facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto, la facoltà di richiedere prestazioni aggiuntive gratuite, l’anticipazione delle spese al professionista o la rinuncia al rimborso, la previsione di termini di pagamento troppo lunghi.
In ogni caso osserviamo che la nullità delle singole clausole non comporta la nullità dell’intero contratto.

Azione giudiziale del professionista e parere di congruità.

L’azione a tutela del professionista potrà essere promossa davanti al Tribunale del luogo di sua residenza o domicilio, impugnando la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o qualsiasi altro accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati.

Ai fini della rideterminazione del compenso secondo i parametri dei decreti ministeriali, il Tribunale può richiedere al professionista di acquisire dall’Ordine cui è iscritto il parere di congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova delle caratteristiche, urgenza, pregio dell’attività, importanza, natura, difficoltà e valore dell’affare, condizioni soggettive del cliente, risultati conseguiti, numero e complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate. Nel giudizio il giudice può avvalersi, ove indispensabile, della consulenza tecnica.

Il giudice potrà condannare il cliente anche al pagamento di un indennizzo a favore del professionista fino al doppio della differenza, salvo il diritto al risarcimento del maggior danno.

Parere di congruità come titolo esecutivo

Altra rilevante novità a tutela dei professionisti, è nella possibilità di esigere i compensi, avvalendosi, (in alternativa al decreto ingiuntivo o al recupero del credito con la procedura di cui all’art. 14 del D.lgs. n. 150/2011), del parere di congruità emesso dall’Ordine o dal collegio professionale, sui compensi o sugli onorari richiesti.

Al parere di congruità è riconosciuto valore di titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, purché rilasciato nel rispetto delle norme sul procedimento amministrativo e a condizione che il debitore non presenti opposizione all'autorità giudiziaria entro 40 giorni dalla notificazione del parere a cura del professionista.

L’eventuale giudizio di opposizione, instaurato ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., si svolge con le forme di cui all’art. 14 D.lgs. n. 150/2011, davanti al giudice competente per materia e per valore, del luogo in cui ha sede l’Ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere.

Disciplina dell’equo compenso e sanzioni (da parte degli Ordini professionali)

La Legge 49/2023 semplifica l’onere probatorio del professionista che intende tutelare il diritto a ricevere un compenso equo, introducendo una presunzione semplice in base alla quale gli accordi preparatori o definitivi, purché vincolanti per il professionista, si presumono unilateralmente predisposti dalle imprese stesse, salva prova contraria.

Altra facilitazione processuale è stabilita in tema di prescrizione della richiesta di pagamento dell’onorario.
Obiettivo della legge sull’equo compenso, non è solo quello di fornire uno strumento di tutela al professionista contro i grandi committenti, ma anche quello di impedire pratiche di concorrenza sleale tra colleghi che, ribassando oltremodo i compensi, sviliscono il valore della prestazione professionale.

Agli Ordini e ai Collegi sarà affidato quindi il compito di introdurre norme deontologiche per sanzionare l’iscritto che viola le regole sull’equo compenso.
Mentre le tariffe comportavano restrizioni del mercato applicabili a qualunque rapporto contrattuale, in quanto le tariffe limitano la volontà delle parti sempre e comunque, la normativa sull’equo compenso conosce invece una significativa limitazione soggettiva fin dall’origine, in quanto può riguardare unicamente imprese bancarie ed assicurative, o comunque imprese di dimensioni non piccole.

L’art. 7 prevede un nuovo canale preferenziale per ottenere il pagamento del credito professionale. In alternativa alla procedura di ingiunzione di pagamento e a quelle previste dall’art.14 d.lgs. n.150 del 2011, il parere di congruità emesso dall’Ordine o dal Collegio professionale sulla equa parcella del professionista “costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla l. n.241del 1990, e se il debitore non propone innanzi all’autorità giudiziaria opposizione ai sensi dell’art. 281 – undecies cpc del codice di procedura civile, entro quaranta giorni dalla notificazione.

Il compenso, se fosse componente del corrispettivo posto a base d’asta, non è ribassabile precludendo il ricorso al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso; il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, obbligatoria per le gare d’importo pari o superiore a 140mila euro dovrà essere applicato ai sensi del comma 5 dell’art. 108 del Codice dei contratti pubblici, ossia sulla base di soli criteri qualitativi ed a prezzo fisso, con un ribasso praticabile sul solo importo previsto per le spese; il ribasso sulle spese preventivate non può intaccare l’equità del compenso, a pena di nullità della clausola ai sensi della L. n. 49/2023.

L’art. 12 abroga le precedenti fonti della disciplina dell’equo compenso, (art. 13 bis, legge n. 247/2012, dell’ordinamento forense poi esteso con la legge n. 172/2017, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge n. 148/2017 a tutti i professionisti, lavoratori autonomi e a quelli iscritti ad ordini e collegi; lettera a) del comma 1 dell’art. 2 del decreto Bersani, decreto-legge n. 223/2006). Non è possibile ritenere che l’abrogazione riporti in auge le tariffe minime inderogabili, perché è tutt’ora in vigore l’art. 9 del dl n. 1/2012, con il quale il Governo Monti dispose la abrogazione in toto e non solo relativamente ai minimi delle norme tariffarie, cancellando dall’ordinamento le “tariffe” ed avviando la stagione dei cosiddetti parametri.

Normativa.

Fondamentalmente la nuova normativa per la trattazione dei giudizi disciplinari fa riferimento alle seguenti norme:

  1. D. L. n. 138 del 13.08.2011, convertito nella L. n. 148 del 14.09.2011, a cui a fatto seguito il D. P. R. n. 137 del 07.08.2012 - Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, che, all’articolo 8, ha introdotto i Consigli di Disciplina Territoriali da istituire presso ogni Ordine, composti da un numero di consiglieri pari a quello dei consiglieri dei corrispondenti Consigli Territoriali dell’Ordine ed ha stabilito che ad essi “sono affidati i compiti di istruzione e decisione delle questioni disciplinari riguardanti gli iscritti all’Albo”. Le norme indicate dal D.P.R. n. 137/2012 sono state successivamente riprese, per quanto concerne la categoria degli Ingegneri, dal “Regolamento per la designazione dei componenti i Consigli di Disciplina territoriali degli Ordini degli ingegneri”, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero di Giustizia del 30 novembre 2012;
  2. Regolamento per la designazione dei componenti i Consigli di Disciplina Territoriali degli Ordini degli Ingegneri, pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero di Giustizia del 30.11.2012.
    Inoltre si fa riferimento alla normativa precedente non abrogata, per la parti non in contrasto con il D.P.R. n. 137/2012, e tale normativa è rappresentata essenzialmente dalle seguenti Leggi e Decreti:
    L. 24.06.1923 n. 1395 – Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti;
    R. D. n. 2537 del 23.10.1925 - Regolamento per le professioni di Ingegnere e Architetto;
    D. Lgs. 23.11.1944 n. 382 – Norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle Commissioni centrali professionali.
    D. M. 01/10/1948 – Norme di procedura per la trattazione dei ricorsi dinanzi al consiglio nazionale degli ingegneri.

Conclusioni

In conclusione per l’ingegnere si rileva fondamentale la conoscenza delle leggi, delle problematiche di etica e di quelle di deontologia professionale a cui, con l’iscrizione all’Ordine, scaturisce per l’ingegnere l’obbligo del rispetto.

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