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Impermeabilità del calcestruzzo in ambienti aggressivi: M. DI Tommaso, R. Marino, M. Felitti

Matteo Felitti e Roberto Marino hanno approfondito con Michel di Tommaso il tema della impermeabilità del calcestruzzo in occasione delle conversazioni del III FORUM CONPAVIPER il 22 ottobre 2022 all’interno del SAIE 2022.

Matteo Felitti ha invitato Michel di Tommaso ad approfondire il tema dell’impermeabilità del calcestruzzo.

Michelle di Tommaso, Direttore Generale Istituto Meccanica dei Materiali SA (Lugano-CH), ha inizialmente ricordato che negli ultimi 20 anni ha potuto lavorare come consulente nella progettazione nella tecnologia del calcestruzzo in ambienti anche molto estremi, come il Medio Oriente.

Di seguito riprendiamo in forma scritta la video registrazione della conversazione di approfondimento del tema dell'impermeabilità del calcestruzzo a cui hanno partecipato Matteo Felitti e Roberto Marino e Michel di Tommaso 

Per quanto riguarda la permeabilità del calcestruzzo «la prima cosa che bisogna dire è perché mai sia così difficile garantire che una struttura in calcestruzzo sia impermeabile».

Con questo fine occorre «tenere in mente che ci sono tre problemifondamentali inerenti il calcestruzzo: uno che non è un materiale omogeneo, due che non è stabile volumetricamente e tre non è continuo. Quindi quando noi mettiamo in opera una struttura in calcestruzzo stiamo utilizzando un materiale prodotto con un processo industriale che non ha la precisione di una farmacia, quindi un processo che ha delle incertezze, i cui materiali componenti sono Incerti nella loro qualità media, in cui la produzione crea degli errori di pesata … quindi il materiale consegnato in cantiere è già un materiale le cui proprietà fisiche cambiano.»

E ovviamente non è finita qui.

«L'impresa nel posarlo nel maturarlo introduce ulteriori fattori di incertezza, quindi sempre da un punto di vista spaziale una struttura in calcestruzzo avrà una permeabilità, ovvero una capacità di assorbire e di diffondere fluidi e gas diversa».

Calcestruzzo, un materiale instabile dimensionalmente e discontinuo

Michel Di Tommaso ha proseguito con il secondo tema «il calcestruzzo è instabile volumetricamente, cioè nel momento in cui lo gettiamo si riscalda, quindi espande, poi si contrae, poi comincia il fenomeno del ritiro idraulico, quindi comincia a evaporare l’acqua, quindi nuovamente si contra. Se poi andiamo verso Calcestruzzi molto performanti con dosaggi di cemento molto elevati ma rapporti acqua/cemento molto bassi subentra un fenomeno di auto essiccazione, in cui l'acqua di impasto viene consumata durante l’idratazione, il volume totale si riduce e abbiamo nuovamente una contrazione».

Il fatto che il calcestruzzo non sia stabile volumetricamente ma sia sempre vincolato, perché ovviamente le strutture o alla base o ai lati o da qualche parte sono vincolate «crea tensioni, quindi fessurazione».

Di Tommaso ha poi affrontato il terzo tema «il calcestruzzo non è continuo, perché è molto difficile gettare una vasca o una struttura di grandi dimensioni tutta insieme, a parte che sarebbe sbagliato perché si insorgerebbero delle tensioni che porterebbero a delle fessurazioni importanti. Il programma di getti mi crea dei giunti, che sono delle discontinuità artificiali».

Ecco perchè per quanto ci si impegni a rendere impermeabile una struttura in calcestruzzo sia tanto complicato.

Calcestruzzi sostenibili e omogenei

Per risolvere questi tre problemi cosa possiamo fare ?

Michel di Tommaso ricorda che «non stiamo parlando della scienza dei razzi. Per rendere innanzitutto il calcestruzzo omogeneo bisogna cercare di formulare delle miscele riducendo il cemento portland, visto che oggi l'impronta del carbonio è un tema importante, massimizzare il volume di aggiunte minerali e di cementi di miscela, che già di per sé garantiscono una riduzione generale dell’impermeabilità.»

Ma non basta. Occorre vi sia «una progettazione strutturale che già abbia in mente che il calcestruzzo si dovrà fessurare, ma deve sapere dove, per poter poi identificare dove andare a sigillarlo prima che entri in esercizio, e queste sono le misure diciamo standard.»

Per compiere le corrette scelte strategiche è fondamentale porsi altre domande, per esempio cosa succede se permea l’acqua, qual’è la funzione dell’opera, quale durata minima deve garantire. Di Tommaso ricorda un esempio a Dubai, negli emirati arabi: «per un tunnel metropolitano a Dubai non posso permettermi di avere una struttura che dopo 10-15-20 anni permea acqua, perché a Dubai ho acqua con una concentrazione di sali tipo le nostre salamoie; qui non posso solo pensare di mettere in opera un calcestruzzo ben fatto, ma di fare un progetto con un dettaglio strutturale tale per cui controllo il rischio della fessurazione stia sotto lo 0,2 mm.»

Le fessure capillari non creano problemi

Michel Di Tommaso ricorda che «le fessure piccoline capillari non sono un grosso problema perché in presenza d'acqua si cicatrizzano quasi naturalmente. Quindi il fatto che il calcestruzzo sviluppi una microfessurazione capillare non è
problematico. Il problema è sono le fessure aperte. Ecco quindi se io mi trovo in situazioni in cui la permeabilità è critica, perché penetrano cloruri, e quindi ho un rischio di corrosione, l'acqua può creare reazione alcali aggregati, espansioni solfatiche, allora devo usare misure ridondanti cioè devo capire che non posso solo affidare al calcestruzzo e allo strutturista la soluzione del problema.»
Ecco perchè allora è necessario aggiungere delle misure perché se una fallisce e subentra un'altra se una seconda fallisce ce n'è una terza che entra in funzione. «Per esempio tra le misure ridondanti c'è sicuramente l'uso di inibitori di corrosione, che anche se c’è un ingresso di acqua non voluto quell'acqua non causerà la corrosione.»
Questa è la prima cosa che si può mettere in campo, ma ci sono altre soluzioni. «Negli ultimi 15 anni quelli che conoscete come additivi cristallizzanti, quindi additivi che promuovono ulteriori capacità auto cicatrizzanti del calcestruzzo anche per fessure un po' più larghe di 0,2 micron.»

Il rapporto acqua/cemento

Matteo Felitti ha chiesto quanto conta il rapporto acqua/cemento ai fini della garanzia dell’impermeabilità.

E Michel DI Tommaso ha evidenziato che è «importante, lo sanno tutti, sono 100 anni che si sa che il rapporto acqua/cemento è fondamentale. Se uno fa una prova di permeabilità con l'acqua in pressione con un calcestruzzo di rapporto a/c pari a 0,50 trova 20-25 mm che è il limite che in Germania veniva dato per l'impermeabilità del calcestruzzo.

Ma non basta questo numero. Quando si entra in campi dove l'impermeabilità diventa il fattore critico allora occorre andare oltre. Io sono stato costretto a lavorare negli Emirati Arabi con rapporti acqua/cemento di 0,30 - 032 perché le miscele dovevano raggiungere una durabilità talmente elevata in situazioni in cui non sarebbe stato possibile fare manutenzione di servizio per cent’anni, che non vuol dire che per cent'anni la struttura vive felice e contenta al centuieunesimo anno collassa, è chiaro, che vuol dire cercare di estendere il più possibile la vita in servizio e ritardare le manutenzioni ordinarie.»

Un problema che nasce anche dagli strumenti di produzione, "il controllo del contenuto d'acqua negli impianti di betonaggio può o no essere di buon livello. Quindi se non c'è una prova qualitativa che almeno saltuariamente durante la produzione dimostri che l'impianto sta veramente producendo con un contenuto d’acqua voluto è molto facile convincere il proprio cliente che calcestruzzo non abbia dentro tanta acqua ma ce l’abbia».

Quattro diversi tipi di ritiro

Subentra nell’analisi anche Roberto Marino, storico esperto del settore del calcestruzzo.

«Dobbiamo considerare che il calcestruzzo ha quattro ritiri: il plastico, l’igrometrico, il termico e l’autogeno. Io ho avuto direttamente esperienze su questi problemi: noi facevamo alle travi in alta resistenza che a distanza di pochissime ore
si erano tutte fessurate; il giorno dopo le nuove travi le abbiamo coperte come se fossero un bambino appena nato e non è venuto fuori più niente. Ecco, quindi, bisogna conoscere bene questo discorso, perché ad ogni forma di fessurazione non dico che ci sia l’antidoto, non dico che ci sia un vaccino, però si può fare molto.»

Altro concetto base è quello del mix design «io ho notato che molto spesso permane ancora questa grande volontà di mettere quantità per esempio dell'aggregato grosso in maniera consistente: io la penso proprio in maniera contraria perché l'aggregato grosso in effetti ha la sua funzione ma poi crea dei problemi a livello di compattezza diciamo del calcestruzzo stesso».

Roberto Marino ricorda che nella norma UNI EN 206 «nella prescrizione del diametro massimo c'è ovviamente una forchetta, con il diametro inferiore massimo e il diametro superiore massimo, ecco cosa vuol dire ?
una volta c’era una prescrizione semplice, per esempio del diametro massimo 32 mm, oggi invece c’è un range.»

Quali le scelte di Roberto Marino ? «Io sono uno che sovrasabbio, faccio un impiego di filler a tutto spiano, non uso lo slump ma uso la tavola scosse, e allora ho visto che le cose sono molto diverse e questo mi ha portato sicuramente da aumentare i fini, ad aumentare la sabbia ma soprattutto a ridurre anche in maniera consistente l'aggregato massimo, cioè quello che voglio dire che il calcestruzzo diventa più compatto, più robusto e quindi migliora la propria impermeabilità.»

La curva granulometrica

Riprende la parola Michel Di Tommaso, proprio per allacciarsi a quanto detto da Roberto Marino «è essenziale avere una curva granulometrica a più frazioni, perchè più grossolana è più tende a segregare.

Ad oggi l'aggregato grosso serve nella tecnologia delle pavimentazioni, per esempio quando io devo fare slip form, quando devo creare pavimenti dove l’interlock, cioè il rapporto degli aggregati grossi e la frizione mi garantisce la portanza necessaria, ma detto questo la tecnologia moderna chiama miscele tendenzialmente più fini, pompabili, superfluide in cui il raggiungimento della lavorabilità diventa facilitato dalla stessa composizione granulometrica invece che opporsi. Quindi forzare un grano massimo per poi cercare un grosso spandimento con aggregati grossi è una ricetta per segregare la miscela, e una miscela segregante in opera crea quella disomogeneità di cui vi parlavo prima e che è una delle cause principali poi della mancanza di impermeabilità di una struttura."

Strutture esistenti in calcestruzzo e impermeabilità

Matteo Felitti chiede a Michel Di Tommaso di entrare nel merito anche del problema del ripristino dell’impermeabilità delle strutture in calcestruzzo esistenti.

Michel Di Tommaso ricorda i 10 capitoli della norma EN 1504 che descrivono per intero i processi, i materiali, i criteri per la riparazione delle strutture. Sottolinea però che sono soluzioni che consentono di ritardare il processo di degrado.

Uso del Self Compacting Concrete in Svizzera

Roberto Marino chiede a Michel se in Svizzera si usa SCC.

Di Tommaso evidenzia come in Svizzera soprattutto tedesca e francese è abbastanza prodotto soprattutto per ridurre il problema del rumore. In Svizzera si sta utilizzando sempre di più anche l’Ultra fiber performance concrete, ovvero prodotti con più di 150 MPa a compressione e 17 MPa a trazione, in particolare per gli interventi sui ponti.

L’evento si è concluso con la risposta ad alcune domande del pubblico.

Video

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