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La gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione

La gestione dei rifiuti da costruzione e demolizione. La Direttiva europea 98/2008/CE, Direttiva Quadro sui Rifiuti, ha introdotto di recente due importanti novità che potenzialmente potrebbero determinare una svolta decisiva nel settore del riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione

In Italia il settore del riciclaggio dei rifiuti inerti è stato avviato negli anni ’80 e, sebbene si sia sviluppato fino ad oggi andando a costituire un vero e proprio comparto industriale (ANPAR rappresenta in Confindustria, tramite FISE, il settore del riciclaggio dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione), la sua crescita è avvenuta senza un adeguato controllo da parte delle Istituzioni. Basti pensare che ad oggi non esiste un censimento ufficiale degli impianti di trattamento, non esistono dati certi ed affidabili né sulla produzione di rifiuti da C&D né sulla loro gestione e non esistono strumenti tecnici e norme aggiornate relativi all’utilizzo degli aggregati riciclati.

La crescente attenzione della Comunità Europea verso questo settore ha tuttavia stimolato nel tempo anche in Italia un interessamento da parte della Pubblica Amministrazione.

La Direttiva europea 98/2008/CE, Direttiva Quadro sui Rifiuti, ha introdotto di recente due importanti novità che potenzialmente potrebbero determinare una svolta decisiva nel settore del riciclaggio dei rifiuti da costruzione e demolizione. Essa, infatti:

  1. definisce un target di recupero dei rifiuti inerti pari al 70% da raggiungere entro il 2020;
  2. introduce il concetto di end of waste.

Tali novità dovrebbero spingere le istituzioni da un lato ad approfondire la conoscenza del settore degli aggregati riciclati e dall’altro a sorvegliare sulla qualità del prodotto per garantirne un intenso uso nel territorio.

Ovviamente per il raggiungimento del target fissato dalla Commissione Europea, è innanzitutto necessario conoscere con buona precisione il dato di produzione annuale di rifiuti da C&D.

A questo proposito si è osservato che nell’arco di una decina di anni la produzione annuale di rifiuti da C&D dichiarata da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, già APAT, Agenzia per la Protezione dell'Ambiente e per i servizi Tecnici) è aumentata da 14 milioni di tonnellate agli attuali 56,7 milioni di tonnellate. Al riguardo, si può presumere che non vi sia stata una crescita così importante della produzione, ma semplicemente si siano cominciati ad affinare gli strumenti di calcolo. Il dato attuale, seppure già molto significativo, potrebbe quindi essere ancora sottostimato dal momento che in alcune realtà italiane, come ad esempio la provincia di Trento, sono stati stimati indici di produttività notevolmente superiori a quelli indicati da ISPRA.

Anche per quanto concerne i dati relativi alla gestione di questi rifiuti, sempre ISPRA non è in grado di fornire dati specifici ed attendibili, anche se nell’ultimo “Rapporto Rifiuti Speciali 2012” si ipotizza che essi vengano quasi interamente destinati al riciclo/recupero.

Ciò rende necessaria una riflessione preliminare su cosa si intenda per riciclo/recupero.
È infatti importante distinguere una corretta attività di riciclaggio, che porta alla produzione di aggregati di qualità, veri e propri materiali da costruzione, da attività in cui i rifiuti da C&D sono usati tal quali o dopo semplici trattamenti di riduzione volumetrica.

L’apparente semplicità delle operazioni di recupero dei rifiuti da C&D ha suggerito a molti operatori di entrare in questo mercato, anche se spesso con una evidente improvvisazione.

In molti cantieri sono intervenuti gli organi di controllo rilevando non conformità con la normativa ambientale sul recupero dei rifiuti, così come molti direttori lavori hanno dovuto affrontare i problemi creati da materiali inadatti per l’uso a cui erano stati dedicati.

In sostanza è necessario fare ancora chiarezza su un tema molto delicato che è stato oggetto già di numerosi interventi normativi in questi ultimi venti anni: il passaggio da rifiuto a prodotto, il cosiddetto end of waste.

È opportuno e necessario che si fissino precisi criteri per determinare il momento in cui il rifiuto diventa prodotto anche, e soprattutto, in funzione delle sue caratteristiche e prestazioni. Si tratta di dettare precise regole sulle caratteristiche geotecniche e ambientali che gli aggregati devono possedere per essere definiti tali e trovare opportuna applicazione.

A parere di ANPAR, sarebbe opportuno che, nell’ambito del calcolo dell’obiettivo europeo, si distinguesse la quota dei materiali effettivamente destinati a riciclaggio per la produzione di aggregati riciclati che possono essere considerati manufatti da costruzione (raggiungimento dell’end of waste), da quella dei rifiuti da costruzione e demolizione destinati ad altre attività che non costituiscono un vero e proprio recupero, ma semplice “ricollocamento” di detti materiali.

Fatta questa doverosa premessa, si intendono affrontare più nel dettaglio le problematiche all’interno del cantiere edile.
Nella versione estesa dell'articolo si considerano noti i concetti di: rifiuto, produttore di rifiuti; intermediario, sottoprodotto, rinviando all’art.183 del D.Lgs. 152/2006 per l’esatta definizione. 

In allegato la versione integrale dell'articolo

Allegati:

1. Stralcio dell’elenco CER (capitoli 13, 15, 16 e 17).
2. Formulario – esempio di compilazione.
3. Registro di carico e scarico – esempio di compilazione


 

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