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Lavori edilizi in appartamento: per la regolarità urbanistica non contano abitabilità e accatastamento

Ai fini della conformità urbanistica ed edilizia di un immobile, le risultanze catastali ed il certificato di abitabilità "non contano" dovendosi considerare, al riguardo, esclusivamente la verifica della corrispondenza tra lo stato di fatto ed il progetto presente presso gli archivi comunali.

Cosa serve per dimostrare la regolarità urbanistica di un immobile? Bastano l'accatastamento e il certificato di abitabilità?

A queste domande risponde il Tar Lazio nella particolare - ma interessante - sentenza 17270/2023 dello scorso 20 novembre, relativa al ricorso di un privato contro il divieto comunale per la realizzazione di lavori edilizi interni (tramezzature) assentibili con CILA.

I lavori del contendere e il problema del precedente abuso edilizio

La ricorrente aveva acquistato un appartamento e, per effettuare lavori di adeguamento, presentava una CILA per provvedere ad interventi di demolizione e ricostruzione di tramezzature interne, sostituzione di pavimenti e rivestimenti ed ammodernamento di impianti tecnologici.

Il comune, in una verifica, aveva riscontrato "delle difformità rispetto a quanto riportato nell’elaborato grafico allegato alla comunicazione in oggetto, nello specifico risulta un vano in più rispetto a quanto autorizzato": per questo, con apposito provvedimento, i lavori erano stati sospesi.

La ricorrente ricordava che l'immobile fa parte di un fabbricato per il quale il comune aveva rilasciato licenza di abitabilità nel maggio del 1963, attestandone la conformità con il progetto approvato nell'agosto del 1956.

Inoltre, per l'appartamento sovrastante l'immobile, sosteneva essere stata avanzata domanda di condono nell’anno 1987 comprensiva di foto dalle quali era evincibile l'esistenza del vano ad ella contestato. Insomma: sin da allora l'amministrazione comunale sarebbe stata posta a conoscenza dell'abuso rilevato col provvedimento impugnato.

Il comune, però, emanava il provvedimento di diniego con il quale, riscontrata la difformità tra il titolo abilitativo originario e l'elaborato grafico allegato alla CILA, intimava di non dar corso alle trasformazioni edilizie comunicate.

Abitabilità e accastamento non contano per la regolarità urbanistica

Il Tar evidenzia che, quanto alla dichiarazione di abitabilità del fabbricato al cui interno è situato l'appartamento e all'accatastamento dello stesso, ai fini della conformità urbanistica ed edilizia di un immobile, le risultanze catastali ed il certificato di abitabilità sono privi di rilievo dovendosi avere considerazione, al riguardo, esclusivamente per la verifica della corrispondenza tra lo stato di fatto ed il progetto presente presso gli archivi comunali, coerentemente del reso con il consolidato indirizzo pretorio sul punto (cfr. Cons. St., sez. VI, n. 177 del 21.1.2015: “L’accatastamento rappresenta una classificazione di ordine tributario, che fa stato a quegli specifici fini, senza assurgere a strumento idoneo (al di là di un mero valore indiziario) per evidenziare la reale destinazione d’uso di singole porzioni immobiliari e della relativa regolarità urbanistico edilizia”; ed inoltre, Cons. St., sez. VI, n. 8811 del 17.10.2022: “Il rilascio del certificato di abitabilità previsto dall'art. 221 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, presuppone l'accertamento dell'inesistenza di cause di insalubrità dell'edificio senza alcun collegamento col conseguimento di fini di carattere edilizio-urbanistico; pertanto, il rilascio di tale certificato non incide sul potere di reprimere gli abusi edilizi eventualmente commessi nella realizzazione del fabbricato dichiarato abitabile”).

Abusi edilizi: il certificato di agibilità non attesta la regolarità urbanistica

La mancanza del titolo edilizio depone per l’illegittimità del certificato di agibilità in quanto, attesa la specifica finalità di tale certificazione per come descritta dall’art. 24, comma 1, del Testo Unico Edilizia, non è possibile legittimamente rilasciare un certificato di agibilità se non sussiste la conformità ai parametri normativi di carattere urbanistico e/o edilizio.


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Estranietà all'abuso? Non importa, gli illeciti sono permanenti

Anche la questione dell'estraneità della ricorrente dall'abuso commesso non incide sulla legittimità del divieto di apportare modificazioni allo stato dell'immobile, visto che, in materia di abusi edilizi, i provvedimenti sanzionatori a contenuto ripristinatorio/demolitorio riferiti ad opere abusive hanno carattere reale e costituiscono illeciti permanenti, non essendo previsto l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto cui si imputa la trasgressione, con la conseguenza che la loro adozione prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell'occupante l'immobile, applicandosi gli stessi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell'irrogazione in un rapporto con la 'res', come la sua materiale disponibilità, tale da assicurare la restaurazione dell'ordine giuridico violato.


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Allegati

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L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.

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