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Le Comunità Energetiche Rinnovabili: alcune riflessioni critiche

Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e i Gruppi di Autoconsumo Collettivo (GAC) pare che vivano il loro “momento d’oro”. Come funzionano? Conviene, conti alla mano, costituirle? Quali sono le prospettive future? Un’analisi del Professor Roberto Napoli del Politecnico di Torino.

È il momento delle “Comunità Energetiche Rinnovabili” (CER)


Ma cosa sono esattamente le CER?

Questi nuovi soggetti giuridici sono associazioni non commerciali senza fini di lucro, con partecipazione aperta, volontaria di una pluralità di consumatori e produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili, collegati a una stessa cabina primaria e che, decidendo di condividere uno o più impianti di produzione (fino a 1 MW), maturano il diritto di produrre, consumare, immagazzinare e cedere l’energia elettrica rinnovabile prodotta ricevendo incentivi statali.

I membri di una Comunità possono essere attivi (ossia dotati di generatori rinnovabili) o passivi (ossia semplicemente consumatori).

L’elenco dei possibili partecipanti è molto esteso e comprende famiglie, piccole e medie imprese, enti territoriali, aziende del terzo settore, enti religiosi, associazioni, etc.

Quando i membri della Comunità appartengono allo stesso condominio o allo stesso edificio la Comunità prende il nome di “Gruppo di Autoconsumo Collettivo” (GAC).

L’introduzione di questi soggetti CER e GAC nella normativa italiana nasce sull’onda della direttiva europea REDII (2018/2001), la quale dispone che entro il 2030 la quota di energia rinnovabile deve raggiungere il 32% per il consumo finale e il 14% per i trasporti. Per arrivare a questi obiettivi i Paesi europei sono obbligati a fissare adeguati contributi economici nazionali.

La direttiva REDII si inserisce in un contesto regolatorio europeo (Clean Energy for All European Package, Protecting and Empowering Energy Consumers, etc..), che prevede una maggiore attenzione ai diritti degli utenti finali e un’ampia liberalizzazione del mercato elettrico europeo integrato.

Importante è il riconoscimento del diritto degli utenti finali di partecipare a pieno titolo alle opportunità di mercato anche tramite aggregazioni. Si tratta di un importante tassello della transizione energetica, che può apportare grandi vantaggi non solo ambientali ma anche economici e sociali.

È stata ultimamente predisposta una normativa italiana che prevede il parziale (molto parziale) recepimento della direttiva europea. Si tratta comunque di una prospettiva che può modificare profondamente la situazione energetica del Paese, rafforzando l’infrastruttura energetica e contribuendo al miglioramento dell’ambiente. Del resto, sole e vento sono fonti energetiche primarie libere e il loro uso è economicamente e strategicamente appetibile.


CER e normativa italiana

Per questa prospettiva delle Comunità sono in arrivo parecchi soldi, fra PNIEC e PNRR. Ciò naturalmente ha stimolato appetiti e animato il mercato.

ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) ha emanato il suo corposo documento TIAD (“Testo Integrato per l’Autoconsumo Diffuso”, delib. 727/2022/Reel) per definire vari aspetti tecnici, incentivi inclusi.

Successivamente il MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) ha preparato il decreto attuativo, che è stato trasmesso in bozza alla Commissione Europea per la preventiva approvazione, ancora non pervenuta.

La normativa italiana messa in piedi è complessa, confusa e contraddittoria, per cui c’è una grande incertezza su come fare e su cosa convenga.

I titoli della comunicazione mediatica sono molto attraenti: “Bisogna aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili”; “Bisogna modificare i consumi per sfruttare meglio l’energia prodotta”; “Ci sono molti incentivi in arrivo!”.


Quali preoccupazioni?

Se però andiamo a grattare più a fondo, matura la sconsolata preoccupazione che in realtà si sta prospettando la messa in pista di Comunità Energetiche Eunuche, ben menomate nella loro capacità di cogliere le grandi opportunità del cambio di paradigma elettrico verso le rinnovabili.

Questa preoccupazione trova robuste radici in alcune considerazioni.

Una legge economica, teorizzata e dimostrata negli USA quando si ruppe il monopolio telefonico AT&T, evidenzia che quando esiste un mercato a monte con prezzi in qualche modo vincolati, che alimenta un mercato utenti a valle non adeguatamente protetto, inevitabilmente gli attori del mercato a monte invaderanno il mercato a valle, ostacolando e inibendo ogni innovazione suscettibile di dare un potere concorrenziale al mercato utenti.

Nel caso elettrico è quindi ben prevedibile e ovvio che i protagonisti del mercato a monte dei contatori (distributori, etc.) facciano il possibile e l’impossibile per presidiare in tutti i modi il mercato utenti, accettando solo innovazioni che consolidino il loro potere e contrastando ogni innovazione a valle che possa mettere in discussione la situazione di mercato.

Una tradizione italica ben radicata è poi il contrasto a ogni liberalizzazione che alteri lo status quo, per cui, se è proprio necessario liberalizzare per effetto di qualche disposizione europea, ci si arrampica sugli specchi per fare quanto meno possibile il più tardi possibile.

La soluzione normativa prevista per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) italiane va quindi valutata con particolare attenzione, sia sotto l’aspetto del trattamento equo degli utenti finali sia per la visione prospettata per il futuro.


Come si costituisce una CER o un GAC?

Occorre anzitutto un progetto tecnico-economico. Occorre poi costituire un soggetto giuridico con propri organi. Le forme praticate sono quelle della Cooperativa o dell’Associazione non riconosciuta.

Nel caso dei Gruppi di Autoconsumo Collettivo GAC, il percorso giuridico è molto più semplice, perché basta una delibera assembleare. Se tutto è a posto, si può quindi passare a realizzare gli impianti di produzione, la cui potenza massima è attualmente limitata a 1 GW, che dovrebbe salire a 5 GW entro il 2027.

Le spese per tutte queste azioni preliminari sono a carico dei membri della CER o della GAC. È previsto il recupero fiscale di parte delle spese (per il 50%). In questa fase preliminare contributi finanziari sono previsti solo nel caso di interventi in comuni con meno di 5000 abitanti.

Il passo successivo è l’interazione con il GSE (Gestore dei Servizi Energetici), per poter poi accedere agli incentivi previsti dalla legge per 20 anni.


I vari tipi di incentivi

Ci sono tre tipi di incentivi, tutti valutati su base oraria.

Il primo incentivo (vendita diretta) consiste nella vendita dell’energia prodotta dai membri attivi in eccesso rispetto ai loro consumi. Questa energia prodotta in eccesso viene ceduta al GSE, che è obbligata a comprarla, ma a un prezzo che è ben minore (dalla metà a un terzo) del prezzo al quale viene venduta l’energia ai membri consumatori.

Non è il massimo dell’equità, anzi! Ogni ora il GSE registra l’energia in eccesso immessa in rete dai membri attivi e poi, fatti i conteggi mensili, versa periodicamente alla Comunità il ricavo della vendita. In teoria la Comunità potrebbe vendere ad altri l’energia immessa in rete, ma questa soluzione non è ancora praticamente perseguibile.

I generatori incentivabili sono quelli che saranno installati dopo l’entrata in vigore della nuova normativa.

Attenzione quindi a non avere troppa fretta. Per i generatori già in servizio, pazienza! In certi casi i generatori preesistenti possono essere computati, ma sino al 30% della nuova potenza installata.


Il secondo incentivo (“premio di ritorno”) ha lo scopo di incentivare i membri a spostare i loro consumi in sincronia con la produzione.

Si è introdotto il concetto di “energia elettrica condivisa”, pari al minimo, su base oraria, fra l’energia complessivamente immessa in rete e quella complessivamente consumata dalla Comunità. Ogni ora il GSE valuta questa energia condivisa, a cui corrisponde un premio di ritorno al massimo pari all’incirca fra i 10 e i 14 c€/kWh, a seconda delle caratteristiche della Comunità.

Il premio di ritorno orario è ovviamente nullo nelle ore in cui la produzione immessa è nulla. Se il consumo eccede la produzione immessa, il premio è limitato all’energia immessa in rete. Se il consumo è inferiore all’energia immessa, il premio è limitato al consumo.

Mensilmente il GSE farà i calcoli sommando i premi orari e verserà il corrispondente premio totale al referente della Comunità. Per i conteggi si è messo in piedi il meccanismo della virtualizzazione, per cui rete e contatori rimangono in mano esclusivamente al distributore locale. I membri consumatori pagheranno al loro venditore i consumi in bolletta esattamente come prima, come se la Comunità non esistesse. Sarà poi il GSE a fare tutti i conteggi per gli incentivi.
Dietro la soluzione proposta c’è un’alzata d’ingegno niente male, che garantisce che il mercato elettrico degli utenti rimanga saldamente in mano agli attori a monte dei contatori. Insomma, le Comunità devono essere tenute al guinzaglio, in modo da rimanere adeguatamente castrate e impossibilitate a diventare veri attori competitivi del mercato elettrico.

Non è ammesso che la Comunità abbia una propria infrastruttura elettrica, con punti di contatto e contatori specifici per l’intercambio globale con la Comunità. L’infrastruttura elettrica non viene minimamente toccata. Sembrerebbe ovvio ed equo per i membri della Comunità usufruire del cosiddetto “scorporo in bolletta”, defalcando dai consumi l’intera energia immessa in rete. Questa possibilità viene sottilmente adombrata, ma rimane prudentemente confinata nel limbo delle pie aspirazioni.

Il terzo incentivo economico riguarda un compenso per la riduzione delle perdite in rete, grazie al fatto che l’energia condivisa sgrava la rete, ma si tratta di un compenso molto piccolo, per cui qui, per semplicità, può essere trascurato.

Il modo in cui i vari pagamenti dal GSE debbano essere suddivisi fra i membri della CER o del GAC dovrà essere precisato nei patti stipulati all’atto della costituzione.


A questo punto le ovvie domande conclusive sono: conviene o no mettere in piedi una CER o una GAC? Quali sono le prospettive?

Le risposte non sono così semplici. Essenziale è partire da un progetto tecnico-economico ben fatto. Una volta stabiliti gli investimenti necessari e i costi di gestione, bisogna calcolare i tempi di ritorno degli investimenti.

Anzitutto bisogna valutare l’energia producibile e, quindi, il prevedibile ricavo della vendita al GSE.
Poi bisogna valutare l’incentivo di ritorno, che dipenderà dalle azioni prese per spostare i profili dei consumi verso le ore di produzione. Queste azioni dovranno essere in qualche modo automatiche, avvalendosi delle moderne possibilità offerte dalla domotica e dai controlli. Queste azioni prevedono dei cicli di previsione e di attuazione alquanto rapidi, con una infrastruttura necessariamente gestita dalla comunità.

Nel caso dei condomìni, bisogna valutare la disponibilità dei residenti a spostare i loro consumi nelle ore in cui la Comunità produce energia elettrica. Non è una valutazione semplice, per cui nelle offerte che cominciano ad arrivare ai condomìni il premio di ritorno semplicemente non viene esplicitato.

Mettendo tutto insieme e tenendo conto del recupero fiscale, con un progetto ben fatto stime probabilistiche arrivano a quantificare in 6-8 anni il tempo di ricupero dell’investimento. Non male. Siamo ancora nella fase iniziale, a nuova normativa ancora non in vigore. Si vedrà via via come andranno le cose. Sperabilmente le Regioni potranno intervenire stanziando delle somme, anche perché questa partita delle Comunità è veramente importante per il futuro energetico del Paese.


Il futuro dovrà essere profondamente diverso

Esiste un potenziale economico grandissimo per le Comunità, sia per gli aspetti energetici sia (soprattutto) per i cosiddetti servizi accessori, che riguardano il contributo al controllo e alla gestione della rete a monte.

Già oggi si preparano in vari Paesi piattaforme digitali per consentire alle Comunità di partecipare ai ricchi mercati accessori della capacità, della flessibilità, del controllo della tensione e della frequenza.

Negli USA è stato emesso l’ordine federale FERC 2022 (aprile 2021) per imporre al mercato elettrico l’apertura completa alle aggregazioni, rimuovendo le barriere che limitano le loro azioni. La logica è chiarissima ed esplicita: senza queste aperture, vengono drasticamente amputate le possibilità di ricerca e innovazione a vantaggio degli utenti e vengono indebitamente limitate le convenienze economiche.

A differenza degli altri normatori internazionali, a cominciare dall’Europa e dagli USA, queste prospettive non vengono minimamente prese in considerazione nei documenti italiani.

Sotto sotto siamo fermi alla difesa pervicace e cavillosa della riserva delle concessioni ai distributori, la cui salute economica va certamente salvaguardata, ma senza penalizzare irragionevolmente gli utenti. Così non si fa molta strada.

Solo la politica può imporre un cambio lungimirante, per esempio rompendo qualche tabù e autorizzando (e, anzi, incentivando) la realizzazione di qualche vera Comunità Energetica non castrata. Certo, le Comunità energetiche previste hanno vantaggi, ma sarebbe molto miope accontentarsi del “meglio che niente” e resistere a oltranza contro ogni vera liberalizzazione!


Si ringrazia l'Ordine degli Ingegneri di Torino per la gentile collaborazione.

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