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Messa in sicurezza sismica dei capannoni prefabbricati: evoluzione della normativa tecnica e delle soluzioni d’intervento

A oltre 10 anni dal sisma che nel mese di maggio 2012 ha colpito Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, formuliamo di seguito alcune considerazioni relative alla messa in sicurezza dei capannoni prefabbricati e all’evoluzione delle soluzioni d’intervento ricercate dai progettisti e della normativa tecnica e fiscale di settore.

Le vulnerabilità evidenziate dal sisma in Emilia del 2012

Per la prima volta un sisma di tale entità colpisce un’area a elevata densità industriale mettendo in luce la vulnerabilità delle strutture prefabbricate non progettate con criteri antisismici.

Sin da subito emerge la fragilità di questi edifici realizzati con pesanti elementi prefabbricati di copertura semplicemente appoggiati tra loro, privi di collegamenti nei nodi.

E tale mancanza di dettagli antisismici, inadeguata a garantire anche una minima sicurezza sismica per queste strutture, viene attribuita alla classificazione come non sismica della zona all’epoca di costruzione di gran parte degli edifici, incluse le strutture prefabbricate ad uso produttivo e commerciale.

I primi interventi d’urgenza post-sisma 2012 per rimediare all’assenza di connessioni efficaci, vengono realizzati semplicemente creando vincoli tra elementi strutturali, spesso dimensionati senza valutazioni specifiche e senza considerarne gli effetti complessivi. E, in particolare, pochi, subito dopo il sisma, si rendono conto della ridotta capacità di resistere alle azioni orizzontali dei pilastri non progettati per azioni sismiche.

Sismocell, invece, unica azienda nel 2012 e per prima, propone e realizza una soluzione alternativa: un dispositivo antisismico con funzionamento a fusibile dissipativo, certificato e brevettato già nel 2013.

Il successo dell’invenzione è confermato dall’evoluzione normativa nella direzione di realizzare ove possibile collegamenti duttili, dissipativi, in generale non rigidi, a conferma della lungimiranza di questa scelta.


Interventi di urgenza post-terremoto Emilia del 2012

A seguito degli eventi sismici del maggio 2012, la prima reazione del legislatore è stata l’emanazione del Decreto Legge 06/06/2012 n. 74 che all’art. 3, comma 7 indicava che:

“il titolare dell'attività produttiva, in quanto responsabile della sicurezza dei luoghi di lavoro ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (…), deve acquisire la certificazione di agibilità sismica rilasciata, a seguito di verifica di sicurezza effettuata ai sensi delle norme tecniche vigenti (…)”
e al comma 8 che:
“(…) in via provvisoria, il certificato di agibilità sismica potrà essere rilasciato (…) dopo che tali carenze siano state adeguatamente risolte:
1) mancanza di collegamenti tra elementi strutturali verticali e elementi strutturali orizzontali e tra questi ultimi;
2) presenza di elementi di tamponatura prefabbricati non adeguatamente ancorati alle strutture principali;
3) presenza di scaffalature non controventate portanti materiali pesanti che possano, nel loro collasso, coinvolgere la struttura principale causandone il danneggiamento e il collasso.”

Queste prescrizioni hanno quindi dato il via a interventi di messa in sicurezza d’urgenza con la creazione di collegamenti tra travi e pilastri e tra elementi di copertura.

Collegamenti che, considerata la necessità di garantire subito la continuità produttiva, vengono realizzati rapidamente con connessioni rigide mediante elementi di carpenteria metallica.

Da subito inizia l’attività di ricerca e sviluppo di Sismocell, volta allo sviluppo e alla realizzazione di un dispositivo antisismico che possa fornire una soluzione più efficace e innovativa: quella che poi si è dimostrata la più adeguata a ridurre le vulnerabilità evidenziate dalla normativa.

La realizzazione di collegamenti rigidi tra elementi prefabbricati

I collegamenti rigidi, utilizzati come prima risposta di urgenza alla vulnerabilità sismica dei capannoni industriali, diventano la tipologia di intervento più comune per la risoluzione delle problematiche legate all’assenza dei collegamenti tra elementi strutturali.

Questa tipologia di intervento però, agli occhi del tecnico esperto, evidenzia sin da subito come il problema della vulnerabilità sismica venga spostato dalla copertura dell’edificio alla base dei pilastri. La presenza di un collegamento rigido in copertura, infatti, se correttamente dimensionato, non fa altro che riportare l’azione dovuta alle masse sismiche che si concentrano sugli elementi orizzontali dell’edificio, alla base dei pilastri.

Le Linee Guida Reluis emanate nel 2012 ad esempio fin da subito evidenziano le problematiche che possono derivare dall’irrigidimento dei nodi di copertura, e in particolare dalla modifica dello schema statico originario.

“Le modifiche dello schema statico, ad esempio, possono determinare incrementi rilevanti della rigidezza della struttura, con il conseguente incremento delle azioni sismiche correlato ad una riduzione del periodo proprio di vibrare principale. D’altro canto, per le strutture non progettate per azioni sismiche, i pilastri non possono avere adeguate resistenze e duttilità e quindi l’incremento delle azioni sismiche legato ad un incremento di rigidezza può comportare la crisi per resistenza delle sezioni alla base dei pilastri."

“I collegamenti tra travi e pilastri e tra travi ed elementi di copertura non devono introdurre significativi momenti flettenti all’estremità degli elementi sui quali si interviene, per i quali la struttura esistente non risulterebbe probabilmente sufficientemente armata. Quindi, al fine di non modificare lo schema statico originario, i semplici appoggi devono essere trasformati in cerniere. L’eliminazione della carenza dei collegamenti può anche essere conseguita mediante l’installazione di ritegni tra le membrature suscettibili di spostamenti relativi opportunamente dimensionati. In tal caso, lo schema statico non è modificato, ma sono consentiti spostamenti relativi e scorrimenti.”

Esempi di collegamenti rigidi in carpenteria metallica tra travi e pilastri
Esempi di collegamenti rigidi in carpenteria metallica tra travi e pilastri

La fase successiva, prevista dalla normativa emergenziale D.L. 74/2012, è la verifica della vulnerabilità sismica dell’edificio nel suo complesso.

E le verifiche sui capannoni evidenziano sin da subito come, per garantire alla struttura una sufficiente capacità di resistere all’azione sismica in presenza di collegamenti rigidi, sia necessario rinforzare la base dei pilastri arrivando spesso a intervenire anche sulle fondazioni.

Se lo scopo della normativa era quindi quello di garantire la continuità dell’attività produttiva, si è tradotto spesso nella previsione di interventi invasivi, tali da comportare un fermo produzione per la realizzazione di costosi rinforzi strutturali all’interno dei capannoni, molto difficili da realizzare.


L’aggiornamento normativo a livello fiscale ed il riconoscimento dell’efficacia delle soluzioni dissipative

A livello nazionale, per incentivare la realizzazione di interventi volti alla messa in sicurezza sismica degli edifici, il decreto-legge n. 63/2013 introduce il cosiddetto “Sisma Bonus”, cioè la possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali anche per le spese relative alla messa in sicurezza sismica, in aggiunta a quelle sostenute per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente.

La novità per gli edifici industriali arriva solo in seguito, con il D.M. 58 del 28.2.2017 e ss.mm.ii. che prevede l’estensione delle agevolazioni fiscali anche alle attività produttive e l’introduzione della classificazione sismica degli edifici.

La normativa inoltre, sempre per quanto riguarda i capannoni prefabbricati, riconosce la possibilità di ritenere valido il passaggio alla classe di rischio sismico superiore con un metodo semplificato se vengono eliminate, tra le altre, le “carenze nelle unioni tra elementi strutturali (ad es. trave-pilastro e copertura-travi)”, aprendo così alla possibilità di usufruire della detrazione fiscale del 70% delle spese sostenute, in via speditiva con interventi locali e in assenza di una preventiva attribuzione della classe di rischio. Precisa poi il legislatore: “Nell’intervenire su tali costruzioni è comunque opportuno che il dimensionamento dei collegamenti avvenga con riferimento al criterio di gerarchia delle resistenze, adottando collegamenti duttili”.

Viene quindi riconosciuta, anche a livello normativo, l’efficacia dei collegamenti non rigidi in copertura per ridurre l’azione sismica alla base dei pilastri che, diversamente, comporterebbe la realizzazione di pesanti interventi di miglioramento delle prestazioni sismiche degli edifici.

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