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Permesso di costruire in sanatoria: il comune deve motivare il diniego

Consiglio di Stato: il diniego del permesso di costruire in sanatoria deve essere preceduto dal preavviso di rigetto previsto dall'art. 10-bis della legge 241/1990

Le regole del diniego del permesso di costruire in sanatoria

Il comune deve motivare un preavviso di rigetto di una domanda di permesso di costruire in sanatoria: il principio, molto importante in urbanistica, è contenuto nella sentenza 484/2019 dello scorso 31 gennaio del Consiglio di Stato, che ha contraddetto la precedente pronuncia del Tar Campania di non accoglimento del ricorso con cui il proprietario di un compendio edilizio aveva denunciato che la domanda di sanatoria relativa alla realizzazione di un parcheggio abusivo era stata respinta senza che il comune avesse inviato il preavviso di rigetto in narrativa.

In quel caso il Tar aveva ritenuto il diniego un atto vincolato ricadente nell'ambito di applicazione dell'art.21-octies della legge 241/1990, con la conseguenza che tale provvedimento "non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Il preavviso di rigetto in urbanistica: le regole del gioco

Secondo Palazzo Spada, l'art.10-bis della legge 241/1990:

  1. esige che l'amministrazione enunci compiutamente nel preavviso di rigetto del provvedimento le ragioni che intende porre a fondamento del diniego e che le integri, nella determinazione conclusiva, con le argomentazioni finalizzate a confutare la fondatezza delle osservazioni formulate dall'interessato nell'ambito del contraddittorio attivato a mezzo di tale adempimento procedurale (Consiglio di Stato: Sez. VI, 27 settembre 2018 n. 5557 e Sez. I, 25 marzo 2015, n. 80); 
  2. mira a realizzare un "contraddittorio predecisorio" che dà modo all'amministrazione di mutare il proprio orientamento, ove le osservazioni dell'interessato dovessero rivelarsi in tal senso convincenti (Tar Emilia Romagna- Parma, Sez. I, 24 gennaio 2007, n. 17);
  3. ha la finalità di consentire, anche nei procedimenti ad istanza di parte, gli apporti collaborativi dei privati, allo scopo di porre questi ultimi in condizione di chiarire, già nella fase procedimentale, tutte le circostanze ritenute utili, senza costringerli ad adire le vie legali, "ben potendo la p.a., sulla base delle osservazioni del privato [...] , precisare meglio le proprie posizioni giuridiche nell'atto di diniego, che costituisce l'unico atto effettivamente lesivo della sfera del cittadino (Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6325) dimodoché la comunicazione del preavviso di rigetto è «certamente necessaria nelle ipotesi di diniego di rilascio del permesso di costruire" (Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 agosto 2013, n. 4111; T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 18 gennaio 2008, n. 46).

La giurisprudenza avversa

Per completezza, va osservato che in passato il Tar Campania (Salerno, Sez. II, 14 febbraio 2011, n. 240) si era espresso in modo diverso, enunciando che l'omissione della comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza comporta l'illegittimità dell'atto conclusivo soltanto nel caso in cui il soggetto non avvisato possa poi provare che, ove avesse partecipato al procedimento, avrebbe potuto presentare osservazioni, documentazioni, opposizioni che avrebbero avuto la ragionevole possibilità di avere un'incidenza nel provvedimento finale.

Non solo: lo stesso Consiglio di Stato (Sez. V: 29 aprile 2009 n. 2737; 29 luglio 2008 n. 3786) aveva osservato che l'art. 21-octies della legge 241/1990 va interpretato nel senso che il privato non possa limitarsi a dolersi della mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, "ma deve indicare e allegare gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione" perché solo dopo aver adempiuto a tale onere l'amministrazione "viene gravata del ben più consistente onere di dimostrare che, anche ove quegli elementi fossero stati valutati, il contenuto dispositivo del provvedimento non sarebbe mutato".

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