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Rendimento di un impianto fotovoltaico: da cosa dipende e come incrementarlo

Cosa incide sul valore di efficienza di un impianto fotovoltaico? Dalle tecniche produttive a partire dalla materia prima alle accortezze da rispettare in fase di installazione, nel presente articolo vengono esaminate tutte le possibilità di ottimizzazione per incrementare la produzione del proprio impianto fotovoltaico.

L’efficienza di un pannello fotovoltaico è un parametro che caratterizza la quantità di radiazione solare che, incidendo sulla superficie del pannello, viene convertita in energia elettrica.

Grazie ai numerosi progressi nella ricerca e sviluppo, l’efficienza media di conversione dei pannelli è aumentata drasticamente negli ultimi anni, passando dal 15.89% ottenuto dall’Università della Florida del sud nel 1992 a ben oltre il 25% degli ultimi anni.

Un alto valore di rendimento garantisce una maggior produzione di energia elettrica a parità di superficie ed è un parametro da massimizzare sia per una questione di producibilità sia per ottimizzare le aree adibite ad installazione di impianti solari.

Il rendimento dell’impianto fotovoltaico è funzione di due fattori principali:

  • l’efficienza della cella solare, relativa alla tecnologia di produzione impiegata in fase di fabbricazione
  • ed il rendimento totale del pannello, funzione del suo design, della sua configurazione, installazione e dimensione.


Silicio monocristallino vs. silicio policristallino vs. film sottile

Questa sezione descrive le tecniche di produzione dei pannelli fotovoltaici a partire dalla materia prima.

Tradizionalmente, i pannelli sono realizzati in silicio (Si), un materiale semiconduttore che compone il 27.7% della crosta terrestre. Di seguito sono presentate le tre principali tecnologie con i relativi vantaggi, svantaggi e valori di efficienza.


Silicio monocristallino

Si tratta della tecnologia più datata e consolidata ma al tempo stesso di quella più costosa e prestante.
La cella che costituisce il pannello è ricavata sezionando un cristallo puro di silicio di dimensioni ragguardevoli processato mediante la tecnica Czochralski, il che dona ordine alla struttura cristallina e favorisce il trasferimento di elettroni a livello atomico. La forma del wafer di silicio monocristallino ottenuto dalla lavorazione è caratterizzata da angoli smussati.

Quando si discute di efficienza di funzionamento è doverosa una distinzione tra efficienza di funzionamento ottenuta in laboratorio ed efficienza dei moduli prodotti su larga scala ed impiegati in condizioni non controllate.

Nel primo caso il pannello viene testato in ‘Standard Testing Conditions’ (STC), caratterizzate da una temperatura costante di 25 °C e un’irradianza solare di 1000 W/m2, mentre nel secondo la temperatura e l’irradianza sono variabili e le condizioni atmosferiche influiscono negativamente sul parametro di efficienza.

La complessità produttiva ed il relativo costo non competitivo si giustificano con alti valori di efficienza, superiori rispetto alle altre tecnologie disponibili ad oggi sul mercato. Questa caratteristica si traduce in una maggiore produzione di energia elettrica a parità di superficie rispetto ai pannelli in silicio policristallino o film sottile.

Al giorno d’oggi, sono disponibili diverse varietà di pannelli al silicio monocristallino che si distinguono per differenti processi produttivi e di assemblaggio.

Ne sono un esempio le celle Passive Emitter and Rear Contact, normalmente dette celle PERC, che sfruttando la caratteristica riflettente di uno strato aggiuntivo di materiale posto al di sotto della cella per ridurre le radiazioni solari non trasformate in energia elettrica .

A dicembre 2022, è stato raggiunto il valore record di efficienza pari al 26,4%, ottenuta in laboratorio con un particolare pannello al silicio monocristallino. Il valore cala drasticamente quando il pannello si trova ad operare in condizioni non controllate e costanti come quelle di laboratorio. In questo caso l’efficienza risulta del 15-20%.


Silicio policristallino

I moduli fotovoltaici sono ottenuti dalla fusione e susseguente solidificazione del silicio in lingotti, successivamente tagliati in sottili sezioni in forma di wafer.

Il processo di solidificazione permette la formazione di multiple strutture cristalline che riducono la purezza atomica del materiale rispetto al silicio monocristallino ed influenzano negativamente il valore di efficienza e conseguentemente la quota di energia prodotta a parità di superficie. I moduli in silicio policristallino sono contraddistinti da una sezione con angoli retti e non smussati, che ne facilitano l’installazione.

A discapito della purezza ottenuta, il processo produttivo è meno complesso ed il pannello risulta disponibile sul mercato ad un prezzo più competitivo.

Da fonte Iren, il 69.8% dei pannelli installati in Italia sono realizzati con silicio policristallino, il che rende questa tecnologia la più diffusa in campo applicativo.

Il valore di efficienza è inferiore rispetto ai pannelli monocristallini, attestandosi intorno al 13-16% in condizioni di funzionamento non controllati.


Pannelli a film sottile

Il processo produttivo dei pannelli a film sottile richiede una minor quantità di materia prima e genera meno rifiuti, il che li rende una valida alternativa ai pannelli realizzati mediante i sistemi precedentemente descritti, ma ad oggi sono la tecnologia meno impattante in campo applicativo causa la bassa efficienza di funzionamento e la vita utile inferiore rispetto alla tecnologia cristallina (20 anni rispetto i 25 dei pannelli in tecnologia cristallina).

A causa della bassa efficienza, a parità di energia elettrica prodotta, una maggior superficie è necessaria rispetto alle tecnologie concorrenti. Uno svantaggio aggiuntivo sono i costi di installazione e manutenzione, che potrebbero rendere superflua la convenienza dovuta al minor costo di produzione.
Le celle a film sottile più comunemente usate sono costituite da silicio amorfo (a-Si), ma data la natura del mercato in costante evoluzione, altre soluzioni sono disponibili, come i moduli a tellururo di cadmio (CdTe) o al seleniuro di rame indio e gallio (CIGS).

Un ulteriore lato negativo dei pannelli realizzati in silicio amorfo è l’effetto Steabler-Wronsky, che causa la riduzione della conducibilità di buio e della fotoconducibilità spettrale, che porta ad una brusca riduzione di prestazione del modulo già nelle prime ore di funzionamento ed alla necessità di sovradimensionare l’impianto in fase di progettazione per evitare una resa energetica inferiore rispetto a quella richiesta. Nelle prime 300-400 ore di funzionamento, il pannello perde il 30% delle prestazioni di potenza dichiarate dal costruttore.

In fase produttiva, lo strato di silicio viene depositato su di una superficie di vetro o plastica e misura 1-2 micrometri di spessore, rendendo possibile la realizzazione di moduli flessibili ed aprendo ai pannelli a tecnologia film sottile un ampio campo di applicabilità.

L’efficienza dei pannelli a-Si raggiungibile in laboratorio si attesta al 18%, ed una più modesta efficienza di funzionamento in condizioni normali si aggira intorno al 6-10%, ma a differenza delle celle a silicio cristallino, non presentano un decadimento del rendimento all’aumentare della temperatura di esercizio.

Tipologie di celle solari. In evidenza le differenti sezioni e le composizioni cristalline.
Figura 1 – Tipologie di celle solari. In evidenza le differenti sezioni e le composizioni cristalline.


Celle di tipo P vs. celle di tipo N

La sezione precedente ha coperto il processo mediante cui la materia prima viene lavorata fino a formare un wafer di silicio. Questa sezione ha a che fare con il processo mediante il quale i wafer vengono drogati per trasformarli in celle solari funzionanti ed in grado di generare corrente elettrica.


Celle solari di tipo P

Le celle solari di tipo P sono realizzate a partire da un wafer di silicio drogato con il boro. Avendo il boro un elettrone in meno del silicio, il risultato è una cella caricata positivamente.

Le celle di tipo P sono affette dalla degradazione indotta dalla luce (LID), che causa un calo iniziale di produzione in seguito all’esposizione ai raggi solari, ma sono la tipologia di cella ad oggi più diffusa.


Celle solari di tipo N

Le celle solari di tipo N sono drogate con il fosforo o l’arsenico, atomi con cinque elettroni nell’orbitale esterno.

Dal momento che il silicio che compone il cristallo ne ha solamente quattro, si ottiene una cella con carica negativa e possibilità di flusso di carica al suo interno.

Le celle di tipo N sono immuni ai difetti boro-ossigeno e, di conseguenza, non sono influenzate dalla degradazione indotta dalla luce (LID). Hanno una vita di funzionamento più duratura e sono disponibili sul mercato come un’alternativa dispendiosa rispetto alle celle di tipo P.

I pannelli fotovoltaici che vantano i più alti valori di efficienza sono celle solari di tipo N.


Cosa influenza l’efficienza di un pannello?

La tecnologia di produzione del modulo fotovoltaico influisce direttamente sul valore di rendimento del sistema, ma esistono ulteriori fattori che determinano l’incremento o la diminuzione della quantità di irradianza incidente sulla superficie captante convertita in energia elettrica. Vediamo quali sono.

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