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Sanatoria straordinaria: che "livello" di completamento è richiesto ai fini del condono edilizio?

Con specifico riferimento al condono dell'abusivo mutamento di destinazione d'uso dell'immobile, il completamento funzionale dell'opera va inteso nel senso che "il manufatto deve essere già fornito delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile l'uso diverso da quello assentito" entro il termine ultimo fissato dalla legge.

Per chiedere e soprattutto ottenere un condono edilizio, che tipo di completamento edilizio è richiesto?

A questa, particolare domanda risponde il Consiglio di Stato nella sentenza 383 dell'11 gennaio 2023, inerente un'istanza di sanatoria riferita al «cambio di destinazione d’uso di un deposito attrezzi agricoli in civile abitazione» che l’amministrazione respingeva.

Il TAR Emilia-Romagna, in primo grado, respingeva il ricorso ritenendo il fondamento della dedotta tardività del completamento dell’intervento sul rilievo che il fabbricato, alla data del 31 marzo 2003, non fosse ancora «abitabile» risultando sprovvisto degli impianti elettrico, idraulico e di riscaldamento, del servizio igienico e dei pavimenti.

Alla fattispecie non veniva ritenuto applicabile il principio per il quale il completamento richiesto ai fini del condono richiederebbe unicamente l’ultimazione delle fondamenta, delle murature portanti, dei tamponamenti laterali e della copertura atteso che l’intervento non consisteva in una «costruzione o ristrutturazione abusiva» ma in un cambio di destinazione di una costruzione preesistente che, ai fini in esame, richiede un «completamento funzionale», ovvero, la «idoneità al nuovo uso».

Rilascio del titolo in sanatoria: le regole

Prima di tutto inquadriamo il tipo di condono, che è il Terzo condono edilizio cioè quello del 2003.

Quanto alla dedotta inapplicabilità in via retroattiva della L.R. n. 23/2004, Palazzo Spada osserva come la contestazione della violazione dell’art. 34, comma 1 è irrilevante ai fini dell’esito provvedimentale censurato dall’appellante.

Ai sensi dell’invocata norma, infatti, «non è ammesso il rilascio del titolo in sanatoria per gli interventi di ristrutturazione edilizia, come definiti dalla lettera f) dell'Allegato alla legge regionale n. 31 del 2002, realizzati in contrasto con la legislazione urbanistica o con le prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data del 31 marzo 2003».

Tuttavia, non può essere sottaciuto che l’istanza di condono veniva presentata ai sensi del D.L. n. 269/2003 (c.d. terzo condono: normativa di riferimento ai fini della concessione del condono richiesto) e il provvedimento impugnato in primo grado contesta espressamente la violazione dell’art. 32, comma 5, della fonte statale citata, ai sensi del quale «le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n.47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n.724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003come alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003».

È pacifico in giurisprudenza che qualora un atto sia supportato sotto il profilo motivazionale da più articolati, è sufficiente il fondamento anche di uno solo a sorreggere la legittimità del contenuto dispositivo dello stesso (ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2022, n. 7720).

L'onere della prova dell'ultimazione delle opere è del privato

In merito alla prova della tempestiva ultimazione delle opere da condonarsi, non può che richiamarsi il pacifico principio per il quale «l'onere della prova dell'ultimazione delle opere da sanare entro i termini di cui all'art. 32, comma 25, del d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003 n. 326 ovvero di quelle per cui il condono non è richiesto, perché realizzate legittimamente senza titolo, ratione temporis, incombe sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l'epoca di realizzazione del manufatto (cfr., ex multis, Cons.Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703, Id., sez. V, 12 ottobre 1999, n. 1440, Id., sez. VI, 5 marzo 2018, n. 1391). In difetto di tali prove resta pertanto integro il potere dell'amministrazione di negare la sanatoria dell'abuso e il suo dovere di irrogare la sanzione demolitoria» (Cons. Stato, Sez. VI, 4 marzo 2019, n.1498).

Quali 'prove' servono? Che tipo di completamento edilizio si chiede?

Ma nel caso di specie, tale onere non può considerarsi assolto dall’appellante che si limita ad allegare dichiarazioni rese da conoscenti nel gennaio 2007 (e solo a seguito del preavviso di diniego dell’11 gennaio 2007) che sono inidonee a confutare le risultanze del verbale di accertamento del 14 aprile 2004, con il quale, a distanza di oltre un anno dalla scadenza del temine legale del 31 marzo 2003, gli operanti, con attestazione fidefacente, come già anticipato, descrivevano l’immobile come sprovvisto delle opere e degli impianti necessari per essere destinato ad uso abitativo (assenza degli impianti idraulico ed elettrico; servizio igienico in corso di realizzazione e assenza di pavimentazione).

In difetto di tali realizzazioni, il cambio di destinazione ad uso abitativo non può essere assentito non essendo sufficiente, a tali fini, il completamento della struttura edilizia al rustico con ultimazione della copertura e dei tamponamenti.

Come, infatti, già raffermato dalla Sezione «con specifico riferimento al condono dell'abusivo mutamento di destinazione d'uso dell'immobile … il completamento funzionale va inteso nel senso che "il manufatto deve essere già fornito delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile l'uso diverso da quello assentito" entro il termine ultimo fissato dalla legge (Cons. St. sez. VI, n. 150 del 2019)» (Cons. Stato, Sez. VI, 1 febbraio 2021, n. 923).


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