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The Online AECO Industry. Il Ruolo Strategico delle Piattaforme Digitali

Un articolo del prof. Angelo Ciribini

Moving forward, the world of borderless global business managed by monstrous hyper metadata, mysterious artificial intelligence and mandatory cybersecurity intertwined with mobilized blockchain will soon become new reality. _ Naseem Javed
 
'Silicolonisation' as the invasion and diffusion of Silicon Valley's culture and ideology across an increasing number of domains, including politics. The discourse of these Silicon Valley entrepreneurs has become increasing explicit in promoting practices that they claim can solve problems usually considered to be public ones. At the same time as they maintain their fundamental libertarian ways of thinking, they have allied themselves with neo-liberal demands and these 'digital gurus' have become severe critics of bureaucracy, conservatism and corporatism as explanatory factors for the inefficiency of public policies. _ Matthieu Montalban, Vincent Frigant e Bernard Jullien
 

Oltre la concezione tecnologica di Piattaforma Digitale

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La «piattaformizzazione» è senz'altro un fatto assodato, in continua espansione, anzitutto, nella società e nella politica, nonché in molti settori economici, ma avanza ora pure la Platformization & Datafication of the AECO Industry.
 
Si assiste, in effetti, attualmente, nel settore della costruzione e dell'immobiliare, a un fiorire di cosiddette «piattaforme digitali»: assumendone una accezione larga, evitando di operarne una attenta tassonomia che selettivamente ne ridurrebbe probabilmente il numero in modo drastico, è possibile, a livello internazionale, contarne, addirittura, diverse centinaia, preconizzandone facilmente un continuo aumento nel prossimo futuro venturo.
 
Tanto più che, nominalmente, qualsiasi BIM Library o BIM Server ambirebbe ad autodefinirsi BIM & Digital Platform, per non parlare dei Common Data Environment, per incrementare la propria attrattività.
 
In definitiva, la nozione di piattaforma tende a inglobare indistintamente «luoghi» in cui si propongono informazione e formazione, rassegne merceologiche di componenti e di dispositivi, applicativi, servizi professionali semi-automatizzati, scambi di flussi informativi, transazioni commerciali e affidamenti di contratti pubblici, generando una notevole confusione.
 

Le piattaforme digitali di carattere istituzionale

È chiaro, soprattutto, che, tra queste piattaforme, acquisiscono particolare importanza quelle che assumono una finalità di carattere istituzionale, ormai in corso di avvio o di consolidamento in molti Paesi, al fine di supportare la digitalizzazione, specialmente delle MPMI.
 
Tali piattaforme sono giustamente, sotto il profilo ideale, concepite al fine di generare simmetrie informative relative ai saperi e alle informazioni e di rendere maggiormente efficaci, trasparenti e competitive le transazioni che avvengono sui mercati, ma, al contempo, è necessario che coloro che le istituiscono siano consapevoli della effettiva posta in gioco che tali piattaforme riassumono, ben oltre le eventuali limitazioni nella loro concezione tecnologica.
 
Non si deve dimenticare, inoltre, che l'esigenza di strutturare i dati che sono implementati nelle piattaforme non corrisponde solo a una necessità di normalizzazione, ma pure di sfruttamento.
 
Esse si situano, perciò, entro il fenomeno della digitalizzazione dell'economia che sta operando una autentica trasformazione dell'assenza del capitalismo, cambiandone l'oggetto e, persino, la natura.
 

A proposito della Platform Economy

Vale la pena, infatti, a proposito della Platform Economy, di citare alcune affermazioni riepilogative della questione, offerte da Bernd Leukert, di Deutsche Bank: «the actual disruption that digitalisation triggers is not technological, but rather the emergence of completely new business models. The most successful and valuable companies in the world today are platform operators. Their biggest asset and the secret of their success are not actually products or the means of production, but direct access to customers, their preferences, desires and plans».
 
In realtà, l'orizzonte a cui allude Leukert sembra essere tipico della commodification delle esperienze, un passaggio cruciale il quale non tiene esenti gli individui né le organizzazioni in qualità di operatori economici.
Al contrario, sono proprio le micro e le piccole organizzazioni a essere più sollecitabili e influenzabili da questi avvenimenti epocali.
 
Del resto, accanto alle piattaforme digitali che (dis-)intermediano le relazioni tra micro committenti e piccoli artigiani, vi sono quelle relative alle prestazioni professionali degli architetti o quelle attinenti alle prestazioni del conglomerato cementizio armato in fase di getto grazie ai nano sensori.
 
Si tratta, dunque, tenendo certo in conto le tesi sul capitalismo della sorveglianza ormai universalisticamente note, ma non per questo interamente condivisibili, di Soshana Zuboff, di riconoscere, però, come ritiene Mariana Mazzucato, a proposito del feudalesimo digitale, che le piattaforme digitali debbano garantire la creazione di valore, in particolare per le iniziative di carattere pubblico, non solo la sua estrazione per il tramite degli algoritmi predittivi.
 
D'altra parte, come ricordato poc'anzi, poiché la loro configurazione non può, comunque, sottrarsi alla determinazione dei Business Model che esse abilitano e che rafforzano, tanto più all'interno delle policy relative allo European Digital Single Market, appare urgente che la loro conformazione non possa prescindere da questa istanza originaria.
 

Ecosistemi Prediction-Oriented: la natura economica, sociale e politica, delle piattaforme digitali

Per questa ragione, allorché ci si dedica a configurare una piattaforma digitale istituzionale bisogna stabilire come nonché in che misura attraverso di essa il settore e il mercato modifichino i propri assetti e i propri caratteri.
 
Non può bastare, evidentemente, augurarsi che la digitalizzazione migliori le condizioni degli operatori/utenti senza ulteriori approfondimenti: essa potrebbe, infatti, addirittura, renderli senza accorgersene asserviti a logiche eterodirette.
 
Si ricorda, infatti, come la mitigazione del rischio, vale a dire la previsione di accadimenti futuri che si vorrebbero certi, rappresenta il maggior valore aggiunto che gli investitori desidererebbero, il dividendo che presenterebbe i maggiori margini.
 
Non per nulla, è questo un punto decisivo anche per la piattaforma digitale nazionale WebIM in corso di realizzazione prototipale grazie a un programma di ricerca finanziato dal MIUR, con a capo l'Università Politecnica delle Marche.
 
È, del resto, stato reso palese dagli studiosi, sino allo sfinimento, come la trasposizione della logica delle piattaforme create negli ultimi decenni dalle Technology Company, colle relative loro «Factory», sia promossa, in emulazione, sempre più sovente dai maggiori produttori delle industrie di servizio, come quella inerente al banking, oppure di prodotto, come quello attinente all'automotive.
 
Che si gestiscano transazioni finanziarie, che si producano autoveicoli, che si costruiscano edifici, è chiaro, peraltro, che l'ambizione emulativa di tutti questi soggetti sia di fare dell'esperienza degli individui (dei cittadini e dei clienti/committenti) l'oggetto del business.
 
Di fatto, le piattaforme digitali tendono, in un primo tempo, a fornire i mezzi di connessione per coloro che propongono i mezzi di produzione, ma, in prospettiva, allorché l'esito della connessione diviene il prodotto principale, la situazione muta considerevolmente, trasformando gli articoli originariamente disintermediati in veicoli strumentali.
 
Se, infatti, una piattaforma digitale commerciale può, a titolo esemplificativo, mettere a disposizione degli operatori del settore i dati necessari per scegliere i componenti edilizi e impiantistici più idonei, magari già contenuti in una piattaforma istituzionale, la partita si gioca ormai nell'agire sulle motivazioni del destinatario delle decisioni, conoscendone in anticipo il modo di pensare.
 
Predire e, forse, condizionare i comportamenti, le emozioni, le preferenze e i desideri dei clienti/utenti è, dunque, la vera e propria centralità del nostro tempo, che trasla l'oggetto dalla produzione di manufatti tangibili all'erogazione di servizi immateriali, veicolati dai primi.
 
Il che, naturalmente, implica notevoli interrogativi di natura etica e sociale, oltre che economica, che non possono essere aggirati, più che risolti, in maniera irenica (di fatto deresponsabilizzata) immaginando genericamente di collegare e di mettere a disposizione degli operatori l'intero patrimonio informativo e conoscitivo tradotto in dati numerici, più o meno strutturati, più o meno leggibili dalla macchina.
 
Non è, infatti, praticabile, in automatico, una simile opzione, proprio perché ciò che conta maggiormente non è solo il procurare il dato, la conoscenza e l'informazione per assicurare il processo decisionale migliore, bensì comprendere le modalità di selezione adottare da parte degli utenti per indirizzarne, orientarne e modificarne, appunto, le scelte.
 
È, inoltre, non secondario il fatto che qualora tali piattaforme, da contenitori (o da contenitrici) di dati dovessero evolvere, nello specifico del settore, in gestori di affidamento di contratti pubblici, i behavioural data ottenuti in precedenza potrebbero, tanto alla Domanda Pubblica quanto ai Platform Provider (Privati, poiché molte delle piattaforme digitali istituzionali finanziate col denaro pubblico sono destinate ad autofinanziarsi in seguito), permettere di condizionare anticipatamente gli esiti delle procedure competitive.
 
In ecosistemi digitali Prediction-Oriented sarebbe, in effetti, molto rischioso adottare approcci «ingenui» alla progettazione delle piattaforme digitali.
 
Al contrario, se la loro configurazione nascesse da precise intenzioni di politica industriale, da policy ben definite, focalizzate sui Business Model, probabilmente inediti, almeno in parte, lo sviluppo delle piattaforme digitali istituzionali (e non) nel settore della costruzione e dell'immobiliare avrebbe ben altro rilievo.
 
D'altra parte, occorre domandarsi se sposare acriticamente il modello delle piattaforme digitali legate alla disintermediazione (o alla re-intermediazione) ideate per i Social Media, non faccia, da parte degli operatori tradizionali del settore, che agevolarne involontariamente l'ingresso nel Real World.
 
La sfida non può essere, d'altro canto, che quella di rivedere le logiche di filiera, di metterne in risalto convergenze e, soprattutto, contrapposizioni, di intuirne i nuovi sistemi di convenienze.
 
Senza, perciò, una strategia industriale dettagliata e condivisa le piattaforme digitali istituzionali potrebbero, quindi, non conseguire appieno i propri scopi.
Basti pensare a un esempio per tutti: i maggiori produttori di macchinari per il comparto stanno intensamente sostenendo la sensorizzazione e la connettività dei propri prodotti.
 
Dato che l'obiettivo risiede nel conoscerne meglio le prestazioni, intrinseche, al fine di erogare al mercato (alle imprese di costruzioni, in particolare) servizi predittivi a elevato valore aggiunto, non vi è particolare interesse a realizzare condizioni di interoperabilità tra le piattaforme digitali singolari sottese a tale iniziativa, non solo tra competitori, bensì specie nei confronti del soggetto imprenditoriale cui si vendono o affittano i mezzi di produzione.
 
Come emerge dalle sperimentazioni condotte presso l'Università degli Studi di Brescia, si potrebbe forse immaginare che, essendo l'inte(g)razione uomo/macchina il tema di maggior rilievo, essa possa indurre, a beneficio, delle imprese di costruzioni, una maggiore apertura e utilizzabilità dei flussi informativi generati.
La comprensione della vera natura, non tecnologica, bensì economica, sociale e politica, delle piattaforme digitali non dovrebbe, perciò, consentire approcci non sufficientemente meditati: come dimostra la nozione di Algorithmic Awareness Building presente nello EU Observatory on the Online Platform Economy.
 
L'argomento è assai vasto, di estrema complessità e dominio condiviso di molte discipline, ma all'interno di esso ci si pone sempre più l'esigenza di forme di regolazione, come testimonia, tra gli altri il recente saggio di Matthieu Montalban, Vincent Frigant e Bernard Jullien, apparso su Cambridge Journal of Economics, dal titolo Platform economy as a new form of capitalism: a Régulationist research programme.
 
Gli economisti francesi definiscono l'economia delle piattaforme come «economic activities where tangible or intangible resources are exchanged between providers and users by the way of centralised electronic platforms».
 
È palese che la centralizzazione dell'intelligenza ponga serie incognite, legata come è agli algoritmi predittivi, tanto più in quanto «platforms commodify relationships which were previously outside the economic space».
Su questa inclusività si gioca l'enjeu.
 
Serve avviare una cooperazione/confronto tra gli attori tradizionali e i nuovi protagonisti nel settore della costruzione e dell'immobiliare.
 
Gli economisti di Bordeaux affermano che «By influencing areas such as public transport, healthcare systems, training or housing, platforms can influence the norms and legislation that define the rules of the game to which firms must comply. As a private governance structure, platforms define their own rules, and most of them operate at the fringe of the law. If they are able to convince policy makers that they will operate more efficiently in these areas than would be possible under existing rules and policies, they legitimate their practices and their political demands».
 
Una volta trasposto il settore della costruzione e dell'immobiliare interamente nell'ecosistema digitale, occorre scontarne le premesse.
 
Non per nulla, Julie E. Cohen, autrice del fondamentale studio intitolato Between Truth and Power. The Legal Constructions of Informational Capitalism, recensendo il celebre saggio di Soshana Zuboff sul capitalismo della sorveglianza, ricorda che si tratta di una «brilliant retheorization of data-driven, algorithmic commercial surveillance as instrumentarian power, or power that is agnostic as to ends and radically behaviorist as to means».
Il che riguarda anche il settore dell'ambiente costruito.

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