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Uso del calcestruzzo fibrorinforzato: necessario intervento del Consiglio Superiore

Il calcestruzzo fibrorinforzato, una svolta nell'edilizia, unisce le tradizionali prestazioni del calcestruzzo con fibre che migliorano la resistenza al taglio. Tuttavia, le norme del 2018 impongono una certificazione CVT, rendendo l'Italia unica nel suo genere. L'autore, Andrea Dari, esorta il Consiglio Superiore, guidato dall'Ing. Massimo Sessa, a rivedere urgentemente le regolamentazioni per adattarle alle esigenze attuali del settore.

Il calcestruzzo fibrorinforzato ha rappresentato e rappresenta un importante passo avanti nell'evoluzione delle tecniche costruttive, poiché integra le tradizionali prestazioni del calcestruzzo grazie all'aggiunta di fibre corte, in genere costituite da acciaio o polimeri, con proprietà importanti, come la tenacità.

Le fibre infatti, anche se non incidono significativamente sulla resistenza a compressione del calcestruzzo, giocano un ruolo fondamentale nel suo comportamento al taglio. Questo aspetto è cruciale perché le fibre agiscono come un'armatura diffusa, riducendo le fessurazioni e incrementando la sua tenacità, con possibili applicazioni nella sostituzione parziale o totale delle armature tradizionali.

Aggiungo che in alcune specifiche applicazioni la possibilità di poter avere un prodotto che possiede queste caratteristiche in modo intrinseco, non solo facilita, ma rende possibile la realizzazione di soluzioni o l’applicazione di tecnologie innovative, con effetti sulla sicurezza dell’opera e sulla sua sostenibilità.

Tuttavia, sorge un problema: le norme tecniche del 2018 stabiliscono che il calcestruzzo fibrorinforzato, considerato un materiale speciale, sia soggetto a CVT, rendendo l'Italia unico Paese al mondo in cui il suo utilizzo può diventare problematico.

E le "Linea guida per l’identificazione, la qualificazione, la certificazione di valutazione tecnica ed il controllo di accettazione dei calcestruzzi fibrorinforzati FRC (Fiber Reinforced Concrete)" che dovrebbero essere il riferimento per tale certificazione hanno reso il problema irrisolvibile in alcuni ambiti.

 

Il calcestruzzo fibrorinforzato e i suoi usi.

La possibilità di poter avere un calcestruzzo con caratteristiche di tenacità importanti è un vantaggio che può essere speso in molti casi.

Oggi come oggi, i casi più diffusi di potenziale uso del calcestruzzo fibrorinforzato sono:

  1. spritzbeton
  2. conci di prefabbricazione
  3. prefabbricati strutturali
  4. manufatti cementizi strutturali
  5. manufatti cementizi non strutturali
  6. premiscelati strutturali
  7. calcestruzzi per pavimenti industriali
  8. calcestruzzi preconfezionati in genere

Queste categorie sono molto diverse tra loro.

Lo spritzbeton, già per le modalità di messa in opera ha caratteristiche diverse da tutti gli altri casi. In questo caso ci sono prestazioni come il rapido indurimento o la riduzione del cosiddetto rimbalzo che sono uniche nel loro genere. Il processo produttivo è diverso dagli altri casi e la regolamentazione quindi della fase di qualifica di prodotti e processi è da gestire con regole diverse dagli altri ambiti.

I tre successivi campi di applicazione - conci di prefabbricazione, prefabbricati strutturali, manufatti cementizi strutturali - possono essere accomunati da alcune caratteristiche: variabilità delle ricette molto ridotta, prestazioni elevate, processi ad alto tasso di industrializzazione e controllo. Si tratta quindi dell’ambito in cui la fase di qualifica dei processi raggiunge la standardizzazione più elevata, consentendo il rispetto di normative anche molto stringenti.

I premiscelati a base di cemento e fibre sono prodotti con processi industriali con un elevato controllo e costanza produttiva. L’applicazione di sistemi di certificazione dei processi e dei materiali quindi non genera particolari problemi, se non quello che il controllo dell’aggiunta di acqua, avvenendo in cantiere con sistemi non industrializzati, rappresenta forse la carenza qualitativa più importante da affrontare (quanto è importante il ruolo del Direttore lavori !!! quando c’è !!!!).

Nei manufatti cementizi non strutturali l’uso delle fibre in genere ha più un’esigenza estetica e di facilitazione dei processi produttivi, quindi le prestazioni richieste non decisamente di minore entità, e il grado di variazione delle ricette è molto limitato.

I due casi che riguardano invece il settore del calcestruzzo preconfezionato rappresentano probabilmente il campo di applicazione più vasto delle fibre  e il più complesso da gestire come controllo qualitativo.

Si prenda per esempio il caso dei calcestruzzi impiegati per pavimenti industriali, che si valuta che rappresentino circa il 20% del calcestruzzo prodotto in Italia.

Si tratta di un settore atipico, dove i cantieri durano pochi giorni, le imprese si muovono spesso su vasti territori, con una continuità di rapporto fornitore/impresa realizzatrice molto limitato. Dal punto di vista prestazionali parliamo di piastre strutturali di calcestruzzo di ampia dimensione e basso spessore, dove le classi di tenacità richieste sono basse rispetto alle altre strutture, ma le prescrizioni per evitare le fessurazioni da ritiro così come da carichi concentrati sono molto importanti.

Le fibre sono impiegate in genere per i pavimenti in cui è fondamentale ridurre il numero di giunti, che rappresentano il punto debole per l’uso industriale e logistico di queste opere. 

Si tratta quindi di un settore grande, importante per volumi, e molto diverso da tutti gli altri casi.

L’unica cosa che li unisce con l’ultimo caso dell'elenco è la grande vastità e variabilità delle ricette in fase produttiva.

Considerate queste caratteristiche oggi trovare un fornitore che abbia una ricetta di calcestruzzo fibrorinforzato certificata con un costoso CVT è impossibile.

 

Il calcestruzzo non può essere marchiato CE.

L’alta variabilità delle ricette rientra tra le tipiche caratteristiche dei calcestruzzi preconfezionati.

E’ il motivo per cui tra la fine degli anni ’90 e gli inizi del nuovo millennio quando di è prodotta la norma UNI EN 206-1 si è deciso di non far rientrare questa categoria di prodotti nella marcatura CE.

Una scelta saggia che il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha condiviso.

Nel 2008, infatti, con l’uscita delle NTC 2008, Marcello Mauro, che presiedeva il Consiglio Superiore in quegli anni, dando seguito all’interpretazione che già Aurelio Misiti suo predecessore aveva dato proprio nel periodo prima richiamato, aveva previsto che la produzione del calcestruzzo preconfezionato venisse qualifica attraverso la certificazione del processo di produzione, il ben noto FPC, e non attraverso una certificazione di prodotto.

Il Consiglio Superiore aveva quindi sposato il principio che il calcestruzzo preconfezionato fosse certificato attraverso il processo e non il prodotto.

 

Il calcestruzzo continua a non poter essere marchiato CE

Un fatto poco noto ma di grande importanza è che durante l'estate del 2023, si è tentato di inserire il calcestruzzo preconfezionato tra i prodotti soggetti alla marcatura CE, generando notevoli preoccupazioni nel settore.

Alcuni paesi hanno lanciato infatti la proposta che si cambiasse rotta per il settore e si arrivasse all’emanazione di un mandato per il calcestruzzo, cosa che per fortuna non è avvenuta. 

 

Ma perchè il calcestruzzo non può essere marchiato CE

Lo era 25 anni fa, lo è ancor più oggi.

Il cubetto che andiamo a rompere rappresenta il calcestruzzo di 28 giorni prima, non quello in produzione in quel momento.

I cementi, gli aggregati, cambiano in continuazione. Le condizioni di produzione cambiano. Se oggi piove la tramoggia contiene una sabbia talmente ricca di acqua che per quanto le sonde possano funzionare al meglio il suo comportamento nel calcestruzzo non sarà lo stesso. Se c’è molto vento ed è asciutto la parte fine svolazza per il piazzale più che finire nel calcestruzzo. Se l’autobetoniera arriva rovente sotto il punto di carico il calcestruzzo tenderà a perdere di lavorabilità più velocemente.

Non solo. Il numero di ricette è per ogni impianto elevatissimo. Alcune nel corso della loro «vita» non vengono neppure prodotte. Altre lo verranno una o due volte.

La sfida principale risiede quindi nella certificazione di un ampio sistema di ricette in continua evoluzione: le aziende più avanzate hanno abbandonato i tradizionali ricettari statici in favore di sistemi dinamici, basati sulle caratteristiche delle materie prime, sui risultati dei controlli di processo, sulle condizioni ambientali, sulle specificità di ogni singola fornitura.

In questo scenario mutevole, certificare staticamente ogni ricetta è impensabile.

 

Il vantaggio delle fibre per i pavimenti industriali

Il pavimento industriale, nei casi in cui è considerato struttura, può essere modellato come un campo di piastra su suolo alla Winkler. Per simulare lo scarico degli scaffali e il passaggio dei muletti sulle rispettive aree di competenza, si adotta un opportuno sistema di carichi concentrati. Eseguite le analisi non lineari globali si estraggono le sollecitazioni allo SLU in termini di momenti flettenti e taglio. I momenti flettenti, ovviamente, saranno minimi e massimi, cioè tendono, rispettivamente, le fibre superiori ed inferiori.
Ebbene, in fase di verifica della sezione, per assorbire le tensioni di trazione al lembo inferiore, viene posizionata una rete elettrosaldata. Per le tensioni al lembo superiore, in sostituzione della rete e per agevolare la stesura del calcestruzzo con laser screed, viene efficacemente prescritto un calcestruzzo FRC (fibrorinforzato).
Pertanto risulta molto vantaggioso utilizzare tali FRC.
Matteo Felitti

E allora perchè vogliamo certificare la singola ricetta i calcestruzzo preconfezionato con fibre ?

Alla luce di quanto visto il voler applicare la certificazione CVT ai calcestruzzi fibrorinforzati prodotti in ambito preconfezionato per i pavimenti industriali e per le opere non critiche appare una scelta sbagliata, che contrasta con le posizioni assunte in questi anni.

Sarebbe più corretto includere la qualifica di questi materiali nella certificazione FPC dell’impianto, al limite prevedendo una prequalifica prima dell’avvio del cantiere.

La ragione probabilmente risiede in una mancanza della conoscenza dei processi produttivi del calcestruzzo da parte di chi ha realizzato le "Linea guida per l’identificazione, la qualificazione, la certificazione di valutazione tecnica ed il controllo di accettazione dei calcestruzzi fibrorinforzati FRC (Fiber Reinforced Concrete)", portando a un documento non applicabile, come dimostra il fatto che in 5 anni sia stata rilasciata una sola certificazione nel settore del calcestruzzo preconfezionato.

Di conseguenza, questa normativa rappresenta una barriera invalicabile per il settore, ostacolando soluzioni che potrebbero migliorare le prestazioni e la sostenibilità del calcestruzzo.

E si tratta di una situazione ancor più sorprendente, alla luce della conferma della decisione della Commissione europea di non sottoporre il calcestruzzo alla marcatura CE.

Nel 2022 le Linee Guida sono state revisionate ma il miglioramento apportato non è risolutivo.

L’urgenza è quindi quella di rivedere la norma attraverso una commissione di composizione più ampia.

Se è fondamentale avere esperti accademici per la parte tecnico-scientifica e garantire l'attenzione agli aspetti relativi alle prestazioni, è altrettanto essenziale coinvolgere coloro che sono coinvolti direttamente nella produzione e nell'utilizzo di tali prodotti.

Non mi resta che fare quindi un appello pubblico al nostro Presidente del Consiglio Superiore dei LLPP, l’Ing. Massimo Sessa, che sulle orme di chi l’ha preceduto, penso a Mauro e Misiti, possa avviare in tempi brevi una nuova revisione del documento, che non consideri il calcestruzzo fibrorinforzato un unico prodotto ma tenga presenta anche gli specifici campi di applicazione, i livelli prestazionali richiesti, le caratteristiche dei diversi sistemi produttivi.

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