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Progettare bene è molto di più che rispettare le norme tecniche

Da ENEA alcuni elementi di discussione sugli aspetti tecnici inerenti la valutazione della sicurezza delle strutture esistenti.

Valutazione e interventi sugli edifici esistenti: c’è ancora molto da chiarire 

Introduzione

La recente sentenza 190/2018 della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della Procura di Grosseto contro il sindaco di Roccastrada, ha confermato il sequestro preventivo del plesso scolastico sito in Ribolla, precedentemente disposto dal G.I.P. e poi revocato dal Tribunale del riesame di Grosseto. La sentenza stabilisce, o ribadisce, alcuni principi che sembrano in contrasto con le Norme Tecniche per le Costruzioni, come quello che “in materia antisismica il pericolo legittimante l'adozione del sequestro preventivo …, nella non prevedibilità dei terremoti”, non possa prescindere dall'esistenza “di un pericolo in concreto”, ritenendo non sufficiente la non “violazione della normativa di settore”, bensì tenendo conto delle “possibili conseguenze sulla incolumità dei terzi”.
Nel presente articolo non si vuole esprimere un giudizio sulla sentenza, che rinvia a un nuovo riesame, ma fornire alcuni elementi di discussione sugli aspetti tecnici inerenti la valutazione della sicurezza delle strutture esistenti. Pertanto, nel seguito si esamineranno tali aspetti, a prescindere dall’episodio specifico. A tal fine, è fondamentale una sintesi preliminare del quadro normativo.

Valutazione e interventi sugli edifici esistenti

Per quanto riguarda la valutazione e gli interventi sugli edifici esistenti, la prima norma di riferimento è la OPCM 3274/2003, che ha introdotto (Art. 2, comma 3) “l’obbligo di procedere a verifica, da effettuarsi a cura dei proprietari” delle opere strategiche (con finalità di protezione civile) e di particolare rilevanza (quali scuole, ospedali, ecc.). Il termine ultimo, inizialmente stabilito in 5 anni dall’emissione dell’ordinanza, è stato più volte prorogato fino al 2013. Erano esentate dall’obbligo di una nuova verifica “le opere progettate secondo le norme vigenti successivamente al 1984”, sempreché la classificazione all’epoca della costruzione fosse coerente con quella della 3274/2003 (Art. 2, comma 5).

Nella circolare DPC/SISM/0083283 del 04.11.2010 sono stati forniti dei chiarimenti sulla gestione degli esiti delle verifiche sismiche condotte in ottemperanza all’art. 2, comma 3, dell’OPCM 3274/2003. In particolare, con riferimento alle costruzioni esistenti di particolare rilevanza o con funzioni strategiche, è stato ribadito che la verifica è obbligatoria ma non lo è l’intervento e che “la necessità di adeguamento sismico degli edifici e delle opere … sarà tenuta in considerazione nella redazione dei piani triennali ed annuali … nonché ai fini della predisposizione del piano straordinario di messa in sicurezza antisismica …”. È stato anche chiarito che “il termine adeguamento è usato in senso generico e può comprendere anche le fattispecie del miglioramento e della riparazione locale”.
Nella stessa Circolare DPC/SISM/0083283 si ricorda che le vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC-2008) dedicano un intero capitolo alle costruzioni esistenti (anche non strategiche né di particolare rilevanza), stabilendo i casi in cui la valutazione della sicurezza è obbligatoria (gravi errori di progetto o costruzione, cambio destinazione d’uso, interventi che interagiscano con la struttura) e quelli in cui è obbligatorio l’adeguamento (sopraelevazioni, ampliamenti, variazione di classe, interventi strutturali).

Nella Circolare Ministero Infrastrutture n. 617 del 02/02/2009 (par. C.8.3), applicativa delle NTC-2008, si chiarisce che gli interventi sono necessari e improcrastinabili solo nel caso in cui non siano soddisfatte le verifiche relative alle “azioni controllate dall’uomo” (carichi permanenti e altre azioni di servizio). In caso di inadeguatezza per “azioni non controllabili dall’uomo” (tra cui il sisma) non c’è l’obbligatorietà dell’intervento e “le decisioni dovranno essere calibrate in relazione alla gravità dell’inadeguatezza, alle conseguenze, alle disponibilità economiche e alla classe d’uso”; “saranno i proprietari o gestori delle singole opere a definire il provvedimento più idoneo”.

In definitiva, come è sintetizzato nella stessa Circolare DPC/SISM/0083283:
- ai sensi dell’OPCM 3274/2003, i proprietari e/o gestori di opere strategiche o di particolare rilevanza hanno l’obbligo di sottoporre a verifica sismica dette opere ma non hanno l’obbligo immediato d’intervento, bensì soltanto l’obbligo di programmazione degli interventi stessi;
- ai sensi delle NTC-2008 i proprietari di qualsiasi costruzione hanno l’obbligo di effettuare la verifica di sicurezza nel caso in cui ricorra una almeno delle 4 circostanze riportate al par. 8.3 (diminuzione capacità portante, gravi errori di progetto, cambio di destinazione d’uso, riduzione della resistenza o modifiche della rigidezza); le NTC-2008 specificano anche quando è obbligatorio l’adeguamento (sopraelevazione, ampliamento, variazione carichi in fondazione, trasformazione della costruzione) o il miglioramento;
- secondo il punto C.8.3 della Circolare n. 617 del 02.02.2009, “la gestione del risultato della verifica viene decisa dal proprietario o gestore dell’opera entro un tempo prestabilito definito in base alla vita nominale restante ed alla classe d’uso”.

Le NTC-2008, pertanto, “collegano la priorità dell’intervento alla vita nominale restante dell’opera, alle disponibilità economiche, alle esigenze di utilizzo”.
Per quanto riguarda i tempi di intervento, nella Circolare DPC/SISM/0083283 viene ricordato che sull’argomento si è espressa la Commissione Grandi Rischi, a seguito della protesta dei genitori degli alunni di una scuola di Bojano nel 2003, indicando nell’indice di rischio (più propriamente indice di scurezza) il parametro utile per stabilire il tempo entro il quale dovevano essere presi provvedimenti per la sicurezza (chiusura o intervento).

Nella Direttiva PCM 09.02.2011 “Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale” (approvata il 23.07.2010, quindi precedentemente alla Circolare DPC/SISM/0083283), si definiscono due parametri che possono fornire una misura del rischio:

- il fattore di accelerazione, pari al rapporto tra l’accelerazione di ancoraggio (al periodo T = 0) corrispondente allo stato limite di salvaguardia della vita effettivo della struttura e l’accelerazione di ancoraggio corrispondente allo SLV per VN = 50 anni;
- il tempo entro il quale attivare l’intervento in termini di “vita nominale compatibile con la capacità dell’opera” (vita nominale corrispondente al tempo di ritorno dell’azione sismica che porta la struttura allo stato limite di salvaguardia della vita).

Il Comitato Tecnico-Scientifico della Regione Emilia Romagna, nella seduta del 27.07.2010, chiariva il concetto di gravità dell’inadeguatezza commisurata alla vita nominale restante, assumendo quest’ultima come il tempo TINT entro il quale si attiva l’intervento che pone rimedio alla specifica inadeguatezza. Il CTS specificava che tempi d’intervento superiori a 30 anni non richiedono una programmazione immediata, accettando una modesta inadeguatezza per le costruzioni esistenti, mentre tempi d’intervento minori di 2 anni individuano “particolari elementi di rischio” e, pertanto, debbano indurre a adottare provvedimenti necessari alla riduzione del rischio nel minor tempo possibile.

Va ricordato che il CTS specificava anche che “a rigore, tale definizione ha senso solo in relazione alla tutela economica della costruzione e non anche della tutela delle persone e/o beni da essa ospitati. Tuttavia, essa è la sola che consenta una programmazione degli interventi nel tempo (dando per scontata l’impossibilità di adeguare in tempi rapidi l’intero patrimonio immobiliare) con un fondamento tecnico-scientifico che leghi la programmazione stessa alla gravità delle carenze strutturali”. In sostanza le considerazioni riportate sono utili esclusivamente per definire le priorità di intervento.

Più recentemente, nelle Linee Guida per la Classificazione del Rischio Sismico delle Costruzioni del 2017, l’indice di rischio viene meglio definito come indice di sicurezza, pari al rapporto tra l'accelerazione di picco al suolo relativa alla capacità (PGAC), che determina il raggiungimento dello Stato Limite di salvaguardia della Vita, e l'accelerazione di picco al suolo relativa alla domanda (PGAD), che la norma indica, nello specifico sito in cui si trova la costruzione per lo stesso stato limite, come riferimento per la progettazione di un nuovo edificio (definizione coincidente nella sostanza con quella precedentemente fornita nella Direttiva PCM 09.02.2011).

Dalla definizione si comprende che l’indice di sicurezza rapporta la vulnerabilità della struttura alla pericolosità del sito. Pertanto, uno dato valore dell’indice fornisce lo stesso grado di sicurezza sia in un’area ad alta sismicità sia in un’area a bassa sismicità.

L’azione sismica di progetto

Per la definizione dell’azione sismica di progetto le norme fanno riferimento alle mappe di pericolosità sismica fornite dall’INGV, definite su una maglia di lato pari a circa 5.5 km sul territorio italiano e espresse in termini di massima accelerazione orizzontale su suolo rigido PGAA. Ciascuna di esse è relativa a un valore della probabilità di superamento PNRC in 50 anni, fino a un valore minimo PNRC = 2% in 50 anni (Fig. 1b).

mappe-pricolosità-sismica

Fig. 1 – Mappe di pericolosità sismica relative a probabilità di superamento del (a) 10%, (b) 2% in 50 anni
(fonte INGV).

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All'interno dell'articolo i seguenti paragrafi:

  • L’INDICE DI SICUREZZA MINIMO
  • LA VITA NOMINALE RESTANTE
  • IL METODO PROBABILISTICO
  • L’IMPORTANZA DELLA VERIFICA STATICA
  • CONCLUSIONI

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