Abusi edilizi da difformità parziali: demolizione o multa? Quando ci si salva dalla ruspa
Le modifiche limitate all'utilizzo di alcuni materiali si qualificano come difformità parziali sanzionabili ai sensi dell’art. 34 del Testo Unico Edilizia, e non già ai sensi dell’art. 31, che presuppone la totale difformità dal titolo edilizio rilasciato. Pertanto, nel momento in cui la demolizione della parte eseguita in parziale difformità non possa avvenire senza arrecare pregiudizio alla parte eseguita in conformità, si dovrà applicare una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione.
Abbiamo parlato, qualche giorno fa, di difformità totali dell'opera edlizia rispetto al titolo abilitativo. Oggi parliamo invece di difformità parziali, che, come vedremo, sono molto meno 'gravi' tanto da non richiedere una demolizione ma una semplice sanzione pecuniaria.
Per fare chiarezza sull'argomento, seguiamo passo per passo i dettami della sentenza 3691/2023 del 12 aprile scorso del Consiglio di Stato, relativa al ricorso di una società contro l'ordine di demolizione del comune - confermato dal TAR competente - per "difformità rispetto alle prescrizioni, in particolare con riferimento alla tipologia dei materiali da utilizzare".
Gli abusi edilizi contestati
Nel 2019 la Società ha ottenuto il permesso di costruire per realizzare una struttura turistica ricettiva balneare di tipo stagionale, conformemente al progetto allegato alla istanza. Al permesso ha fatto seguito la presentazione di una SCIA in variante.
La struttura, così come approvata, prevedeva la realizzazione di un bar, servizi, piscina, aree relax e servizi annessi all’aperto, caratterizzati da facile amovibilità, in elementi naturali ed ecocompatibili, senza utilizzo di materiali cementati.
La struttura si sarebbe compendiata in una ampia pedana in legno, pilastri/travi in legno, suddivisa in zona pergolato con copertura di teli in materiali naturali e una zona vani servizi dotati di copertura in tavolato, pannello isolante e guaina bituminosa.
Il progetto prevedeva inoltre una piscina realizzata in struttura modulare, oltre ad arredi (divani, poltrone, tendaggi, etc.).
L’autorizzazione consentiva il mantenimento delle strutture da aprile a ottobre.
Successivamente, la Società ha anche comunicato al comune che avrebbe provveduto a collocare nell’area ricettiva due case mobili, ciascuna della superficie di 32 mq., per il periodo di 120 giorni di durata dell’attività di balneazione.
Subito dopo aver iniziato la posa delle case mobili in Comune sono giunte delle segnalazioni di presunti abusi edilizi, sicché gli agenti della Polizia Municipale hanno effettuato un sopralluogo, evidenziando la presenza, in fascia di rispetto del demanio marittimo, di due strutture abitative complete e abitate, appoggiate al suolo tramite plinti, realizzate in assenza di permesso di costruire; nonché, nelle altre strutture realizzate in sito, difformità rispetto alle prescrizioni, in particolare con riferimento alla tipologia dei materiali da utilizzare.
La Società depositava allora presso il Comune una richiesta di permesso di costruire per “interventi di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 380/2001”, precisando trattarsi di “richiesta di destagionalizzazione di opere realizzate e regolarizzazione installazione case mobili”. Nella relazione tecnica allegata si spiegava che l’istanza era diretta, da una parte, “a destagionalizzare le strutture in oggetto”, tenuto conto del fatto che le norme urbanistiche vigenti non impongono la rimozione delle strutture al termine della stagione balneare; d’altra parte a regolarizzare la posa, avvenuta il 25 giugno 2019, di due case mobili.
Il comune ingiungeva comunque la demolizione delle opere abusive.
Difformità parziali: cosa succede?
Leggendo con attenzione il verbale relativo all’accertamento condotto dalla PM - si legge nella sentenza -, gli agenti intervenuti hanno rilevato solo alcune difformità afferenti la tipologia di materiali utilizzati, dandosi atto, invece, della conformità dei manufatti relativamente alla struttura e dimensioni degli stessi.
E' quindi chiaro - evidenzia Palazzo Spada - che, con riferimento ai manufatti previsti nei titoli edilizi, le difformità rilevate sono limitate all’utilizzo di alcuni materiali: si tratta indubbiamente di difformità parziali sanzionabili semmai ai sensi dell’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001, e non già ai sensi dell’art. 31, che presuppone la totale difformità dal titolo edilizio rilasciato.
In pratica: anche per gli interventi realizzati in parziale difformità dal titolo abilitativo può scattare la demolizione (comma 1), ma "quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale".
Tradotto: nel momento in cui la demolizione della parte eseguita in parziale difformità non possa avvenire senza arrecare pregiudizio alla parte eseguita in conformità, si dovrà applicare una sanzione pecuniaria in luogo della demolizione.
Le case mobili rientrano nell'edilizia libera
Quanto alle due strutture residenziali, la Società appellante ha dimostrato – con fotografie - che si tratta di case mobili su ruota, senza collegamento permanente al suolo, semplicemente appoggiate su blocchi di cemento.
Tale posa costituisce, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. e.5), del D.P.R. n. 380/2001, intervento di edilizia libera se attuato nell’ambito di una struttura ricettiva esistente e già autorizzata.
Le suddette case mobili sono state posate previa comunicazione, al Comune, del 25 giugno 2019, quando la struttura ricettiva era già stata autorizzata.
Ne consegue che il suddetto intervento non richiedeva il preventivo rilascio di un permesso di costruire, e quindi era legittimo nel momento in cui veniva effettuato il sopralluogo del 21 ottobre 2019.
In definitiva, ha sbagliato il TAR 'parlando' di difformità significative, come risulta erroneo il riferimento all’art. 31 comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 - che l’ordinanza impugnata effettua con riferimento a tutte le opere abusive rilevate - venendo in considerazione, semmai, solo alcune difformità sanzionabili ai sensi dell’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001.
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