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Collegio Consultivo Tecnico: cosa cambia con il correttivo 2024 e il ruolo della discrezionalità tecnica e il principio del risultato

Il Collegio Consultivo Tecnico, obbligatorio per gli appalti sopra soglia, è stato oggetto di un seminario all'Università di San Marino. L'articolo riflette sull'impatto del d.lgs. 209/2024, evidenziando l'estensione dei compiti del CCT, il suo ruolo proattivo nella gestione delle riserve, e la necessità di un'applicazione basata su discrezionalità tecnica, principi e obiettivi del nuovo Codice Appalti.

I corsi di Laurea in Ingegneria Civile dell’Università di San Marino hanno organizzato il 16 maggio un Seminario titolato: “Il ruolo interprofessionale del Collegio Consultivo Tecnico” con lo scopo di indagare le caratteristiche e le potenzialità di questo nuovo istituto reso oggi obbligatorio per gli appalti di lavori sopra soglia comunitaria i cui contenuti e modalità di espletamento sono stati ulteriormente modificati con d.lgs. n. 209/2024 (cosiddetto “correttivo”).
Di questo Seminario la Rivista INGENIO riporterà le relazioni dei due relatori (l’avvocato Leonardo Bernardini e l’avvocato Federico Gualandi) che ne hanno approfondito e sviscerato gli aspetti peculiari e anticipa qui alcune riflessioni a margine dell’ing. Ermete Dalprato che ha introdotto e moderato i lavori.


Sul Collegio Consultivo Tecnico avevo già scritto in precedenza (su INGENIO - 14.04.2023: “Collegio Consultivo Tecnico: inquadramento sistematico-concettuale” - 15.05.2023: “Nel Nuovo Codice dei Contratti Pubblici i principi ci sono, adesso bisogna applicarli” - 12.06.2023: “Nuovo Codice Appalti: poteri di nomina del Collegio Consultivo Tecnico”) perché fin dalla sua originaria istituzione ho ritenuto che questo nuovo strumento di “pre-composizione” (anzi di “prevenzione”) delle criticità che sempre si presentano nella conduzione di un lavoro pubblico (e non solo pubblico) fosse meritevole di una corretta applicazione rappresentando una modalità insolita ma certamente innovativa.

Pur confermando nella sostanza ciò che già avevo scritto si rende oggi necessario un approfondimento in sede accademica perché il recente “correttivo” di fine 2024 (il d.lgs. n. 209) ne ha sostanzialmente modificato applicabilità e contenuti rendendolo anche obbligatoriamente esteso alla disamina delle riserve e delle variazioni in corso d’opera.

 

Lacune e incongruenze non ne possono limitare l’applicazione

La formulazione del Collegio Consultivo Tecnico ha sofferto ripetute modificazioni (siamo alla settima versione) e anche l’attuale stesura normativa presenta lacune e alcune incongruenze; ciononostante – nei casi espressamente previsti dalla legge - la sua applicazione è obbligatoria.

Ciò può indurre imbarazzo e ritrosia negli operatori, che da un po’ di tempo in qua richiedono sempre più disposizioni di dettaglio per dare seguito con certezza (o almeno così sperano) alle norme legislative. Richiesta che va sempre delusa da qualsiasi testo scritto perché l’esperienza dimostra che la realtà supera sempre la più fervida fantasia del Legislatore (di qualsiasi livello).
Di fronte alle indeterminazioni legislative o ai vuoti normativi occorre dunque operare con il buon senso con riferimento agli obiettivi e ai principi posti dal Legislatore che ha finalmente scritto nero su bianco nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici all’articolo 4 che “Le disposizioni del Codice si interpretano e si applicano in base ai principi di cui agli articoli 1,2,3”.
Ripeto: non solo “si interpretano” , ma anche “si applicano”.

  

L’ausilio dei “principi”

I principi (rammentiamolo) sono quelli del risultato (articolo 1) e della fiducia (articolo 2) e buona fede contrattuale evidentemente sottesi all’economicità, efficienza ed efficacia già fissati dalla legge n. 241/90 che devono presiedere qualsiasi attività della Pubblica Amministrazione.
Naturalmente nell’inevitabile rispetto del sovraordinato principio di “legalità”.
Ma dove la legge non dispone espressamente è evidente che la sua applicazione deve essere ispirata ai sovrariportati principi, non necessariamente mediata da ulteriori normazioni di dettaglio ma direttamente messa in campo da parte dei titolari dei poteri.

 

(Crediti: Università di San Marino)

 

Evitiamo di gravare l’istituto con regolamentazioni improprie ed esercitiamo la legittima “discrezionalità tecnica”

Dico questo perché non vorrei che, laddove le disposizioni di legge non fossero chiare e cristalline, si fosse tentati di integrarle con regolamentazioni locali che altro non farebbero che irrigidire un sistema che il Legislatore ha inteso rendere snello e flessibile e … tempestivo.
Sarebbe un intervento contro natura, oltre che contro logica: cosa succederebbe se poi il Legislatore nazionale (come ormai è sua consuetudine) intervenisse con nuove disposizioni integrative confliggenti con una improvvida normazione locale?
D’altra parte è lo stesso Legislatore che dettando concetti di contenuto generale (“rapida risoluzione” delle controversie “o delle dispute tecniche di ogni natura”) autorizza (anzi sollecita) l’operatore ad esercitare quella discrezionalità tecnica necessaria di cui i tecnici spesso si dimenticano temendo di esporsi a illegittimità.
Invece è proprio la discrezionalità tecnica quella di cui occorre che “i tecnici” si riapproprino perché non solo non è disdicevole, ma è necessaria per dare gambe all’applicazione corretta, equa, ragionevole ed etica delle norme. (V. InGenio - 29.05.2023: “L'esercizio e i limiti della discrezionalità tecnica nel Codice dei Contratti Pubblici”).
Per cui le invitabili lacune (o vuoti legislativi) che indubbiamente ci sono, non devono essere intesi come ostativi all’applicazione dell’istituto, ma possono essere convertiti in opportunità di una corretta applicazione in funzione dei principi e della finalità che il Legislatore si è posto.

 

La consecutio logico-concettuale: principi-obiettivi-strumenti (e viceversa)

Per farlo, però, occorre cogliere qual era la finalità del Legislatore e condividerla.
Ripeto: Cogliere e condividere finalità. Senza non si va da nessuna parte.
Riportiamoci allora alla connessione logico concettuale:
il Legislatore fissa i principi, dai principi discendono gli obiettivi, dagli obiettivi gli strumenti attuativi
.
A ritroso: il Collegio Consultivo Tecnico è lo strumento per attuare l’obiettivo (la realizzazione delle opere) che integra il principio (di risultato).
Dalla sua funzione bisogna partire per implementarlo finalizzandolo all’obiettivo secondo i principi !
Per renderlo flessibile e “adeguato” ai casi specifici.
Sarà un caso ma il criterio dell’“adeguatezza” (che di per sé apparirebbe indeterminato e che tanto ha fatto discutere perché richiede l’esercizio della “discrezionalità”) è proprio quello assunto dal Legislatore come misura delle capacità richieste al RUP (articolo 15, co. 2 del Codice).

 

(Crediti: Università di San Marino)

  

Le lacune possono essere intese come opportunità di flessibilità dello strumento tramite l’esercizio della discrezionalità tecnica ispirata ai principi

Se condividiamo questo assunto l’integrazione del testo legislativo laddove fosse carente o incompleto è lasciato alla discrezione degli operatori in funzione dei poteri che possono (e se “possono” “devono”) esercitare per legge.
Non dice forse l’articolo 15 del Nuovo Codice che il RUP “assicura il completamento dell’intervento pubblico …. svolgendo tutte le attività indicate nell’allegato I.2, o che sono comunque necessarie ….”
L’espressione “comunque necessarie” introduce il principio di “residualità” nelle attività del RUP e le qualifica come prestazione di “risultato” (e non di meri “mezzi”).
In questa ottica le lacune legislative possono a buon diritto essere intese come opportunità di meglio applicare l’istituto per rispondere all’obiettivo e in sede di affidamento dell’incarico al CCT ben possono essere meglio specificati e (perché no?) integrati i suoi compiti consensualmente tra le Parti.
E così togliamo l’alibi della inapplicabilità a chi volesse assumere posizioni passive (se non addirittura ostative) all’applicazione della norma.
Se c’è la paura del “fare” (per evitare responsabilità) va detto che anche il “non fare” comporta responsabilità (omissive).

 

La parallela (e non casuale) innovazione dell’articolo 82-bis sugli “accordi di collaborazione”

Le considerazioni dianzi svolte aprono un interessante spazio di “accordo consensuale” preventivo Appaltatore/Stazione Appaltante da stabilirsi caso per caso in un rapporto contrattuale specifico.
Particolarmente significativo risulta in proposito l’innovativo articolo 82-bis (titolato “Accordo di collaborazione”) aggiunto nel Codice dei Contratti Pubblici dal “correttivo” che significativamente consente la sottoscrizione di accordi specifici tra le parti tesi a definire “le modalità e gli obiettivi della reciproca collaborazione al fine di perseguire il principio del risultato di cui all'articolo 1, mediante la definizione di meccanismi di esame contestuale degli interessi pubblici e privati coinvolti finalizzati alla prevenzione e riduzione dei rischi e alla risoluzione delle controversie che possono insorgere nell'esecuzione dell'accordo”.
Norma che bene declina il perseguimento del principio di risultato tramite modalità di confronto continuo dei reciproci interessi.
Dunque il Legislatore riconosce e legittima ogni forma collaborativa anche non legislativamente prevista, ma contrattualmente e liberamente definita al fine del perseguimento dell’obiettivo: la realizzazione delle opere.

Mi chiedo se questa affermazione di principio non sia esportabile anche ad altre materie fonti continue di conflitti interpretativi e ricorsi giurisdizionali: ne accelererebbe la definizione e alleggerirebbe i tribunali.
D’altra parte perché no? In fondo è l’applicazione del principio di “leale collaborazione” e “buona fede” (come da legge n. 241/90, art. 1, co. 2-bis).

 

Compiti estesi al monitoraggio per il CCT

Va poi precisato che nella nuova formulazione il CCT assume – laddove obbligatorio – una competenza più ampia di quella che aveva in precedenza, perché alla competenza di intervenire su richiesta si affianca ora un compito di controllo, verificazione in corso d’opera del coerente andamento dei lavori con onere di comunicazione all’Osservatorio dei CCT.
Un compito d’istituto “a prescindere” dall’attivazione delle parti che comporta anche una funzione di sollecitazione e stimolo laddove si riscontrassero inerzie
, compito questo solo indirettamente accennato nella previgente normazione e oggi invece soggetto ad una specifica e necessaria calendarizzazione dei tempi e modi di verifica da assumere già in sede di insediamento (v. articolo 3, co. 3 e 4, co. 3 dell’Allegato V.2).

 

In prospettiva

Mi siano consentite due considerazioni conclusive.
Personalmente credo nella bontà e nell’efficacia potenziale del Collegio a condizione che gli si voglia dare questo ruolo conciliativo che mi apre utile sia per il RUP, che per l’Appaltatore il cui successo dipende però da come lo si costituisce e da come lo si gestisce. (INGENIO 22.06.2023 - “Nuovo Codice Appalti: le modalità di scelta del Collegio Consultivo Tecnico integrano il principio della fiducia”).
Se lo si concepisce, come spesso succede, per disincanto o per disinteresse (non voglio pensare per cattiva volontà) come la solita sovrastruttura burocratica non sarà efficace, non se ne farà un uso diffuso e lo si applicherà malvolentieri e malamente solo nei casi in cui il Legislatore ne ha imposto l’obbligo.
Almeno In questi casi però – visto che è obbligatorio ed è “oneroso” – usiamolo bene, sennò non solo risulterà inutile, ma sarà anche comunque gravoso per le casse di entrambi i contraenti.
Il tema del “costo obbligatorio” può essere un interessante (anche se un po’ grezzo e prosaico) stimolo a “bene operare”.

A questo proposito vorrei far notare che l’obbligo di dover sottoporre le riserve al previo esame del CCT ne rende ulteriormente onerosa l’iscrizione (che fin qui non costava nulla presentare anche se infondate) perché comporteranno il pagamento aggiuntivo del corrispettivo della parte variabile del compenso al CCT.
Che possa essere un utile deterrente alla loro iscrizione per un’accelerazione dei lavori e un incentivo al previo accordo Impresa/Stazione Appaltante?

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
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Ermete Dalprato

Professore a c. di “Laboratorio di Pianificazione territoriale e urbanistica” all’Università degli Studi della Repubblica di San Marino

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