Resina
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I rivestimenti in resina. Progettazione e criticità

Progettazione e criticità dei rivestimenti in resina

Data di pubblicazione originale dell'articolo: 5/11/2014


Le pavimentazioni industriali realizzate in calcestruzzo sono tra i più comuni oggetti di contestazione sia in fase di messa in opera che successivamente per la mancata durabilità dell'intervento. Di conseguenza le finiture in resina soprapplicate anch'esse si inseriscono in un contesto di eventuale alta conflittualità. Gli esiti di una non adeguata meticolosità progettuale in fase di realizzazione del pavimento in calcestruzzo spesso si andranno ad evidenziare solo successivamente quando l'area verrà sottoposta a carichi di lavoro importanti e la verniciatura in resina già eseguita. Il pavimento industriale in calcestruzzo e la sua finitura sono il centro nevralgico delle azioni che si svolgono in una struttura ad uso industriale. Una superficie non adeguata, malfatta o progettualmente inadeguata rispetto ai bisogni di utilizzo è un serio ostacolo per lo svolgimento della produzione, per la movimentazione dei prodotti, per la solidità e la sicurezza dei sistemi di stoccaggio, per il mantenimento del corretto stato di pulizia, per la sicurezza dei lavoratori, e così via.

Per queste e per molte altre ragioni il moderno applicatore di sistemi resinosi non può esimersi da un'attenta valutazione delle criticità del cantiere, delle eventuali “debolezze” strutturali e dell'analisi del miglior intervento possibile.

Distaccamenti dei rivestimenti in resina: le cause e come ripristinarli

Le cause che possono determinare il distaccamento e di conseguenza i difetti di un rivestimento in resina sono molteplici. Normalmente, a prima vista, i difetti sono pressoché simili ma le cause che li hanno determinati sono certamente diverse, quindi generano le comuni discussioni tra applicatori, produttori, team di progettazione e committenza.
La prima cosa da fare, è analizzare bene le cause che li hanno generati.
I più comuni distaccamenti avvengono a causa di una cattiva preparazione del supporto, per incompatibilità tra le diverse resine che compongono un sistema di rivestimento in resina o per attese troppo lunghe tra una applicazione e l’altra, per presenza di umidità nel sottofondo. In certi casi anche le condizioni ambientali potrebbero provocarne il distacco.

Preparazione del supporto

La preparazione del supporto è la base di un lavoro eseguito a regola d’arte. La prima cosa da fare è la prova igrometrica da eseguire con apposito strumento al carburo. Questa prova ci eviterà il crearsi di bolle di distacco causate appunto dall’evaporazione dell’acqua.

I rivestimenti resinosi di norma accettano umidità del supporto relativamente basse (non superiore ai 3,5%) pertanto in questo caso sarà necessario realizzare una barriera all'umidità:
-  Umidità tra 3.6% e 6%: realizzare una barriera vapore con prodotti a tre componenti epossi-cementizi.
-  Umidità superiore al 6%: realizzare uno strato ad alte prestazioni ed isolamento con cementi osmotici per superfici in calcestruzzo industriale.


 
Ci sono diversi modi per eseguire una corretta preparazione a seconda del tipo di rivestimento.
- Per rivestimenti sottili (fino a 300 micron) e per i rivestimenti antipolvere (cioè quelli a totale assorbimento) sarà sufficiente una carteggiatura, o un lavaggio acido per rimuovere residui di calce o cemento. Lavaggio basico o con prodotti detergenti per eliminare tracce di olio grasso unto in genere.
- Per i rivestimenti a spessore sarà necessario irruvidire mediante scarificatrice e/o pallinatrice. Entrambi le macchine servono ad irruvidire il supporto migliorando l’adesione del successivo rivestimento. Esistono scarificatrici di diverse misure, ad avanzamento manuale o idraulico. Regolando la posizione in altezza a mezzo di una apposita manopola, del rullo contenete accessori diamantati, si riesce a rimuovere ad ogni passaggio, diversi mm di spessore. Il lavoro della pallinatrice, è meno invasivo. Essa rimuove spessori di supporto calcolati in decimi di mm. La finitura è molto somigliante ad una sabbiatura. L’aria compressa prodotta investe pallini di acciaio che colpiscono la superficie irruvidendola. Anch’essa è costruita in varie dimensioni, normalmente viene utilizzata per interventi su grandi superfici.
 
Rispetto delle prescrizioni

 
-  Tempi di asciugatura: le resine a due componenti (di natura epossidica o puliuretanica) più comunemente utilizzate per la realizzazione di rivestimenti, obbligano l’applicatore al rispetto dei tempi per la sovrapposizione tra uno strato e l’altro, oltre i quali diventa difficile l’adesione, soprattutto se ci troviamo nel periodo estivo dove le temperature sono più alte e riducono i tempi massimi di attesa. Essi variano dalle 6 alle 12 ore, ma non bisogna mai superare le 24 ore, qualora dovesse accadere, è necessario irruvidire tutta superficie rendendola in grado di assorbire nuovamente, quindi applicare nuovamente il prodotto o, se sono trascorsi alcuni giorni, allora è preferibile applicare nuovamente un fondo ancorante.



- Temperatura ambientale: le resine, in genere, sono molto sensibili alle temperature. Le temperature normalmente sono comprese tra +10°C e +30°C, quindi bisogna fare molta attenzione in inverno, perché le basse temperature ne aumentano la viscosità, quindi rendono più difficoltosa l’applicazione e spesso rallentano molto l’asciugatura. In questi casi è necessario porre in un ambiente caldo i vari componenti in modo che siano idonee all’applicazione e non creano eventuali distacchi nel tempo.

I fenomeni di distacco totale o parziale tra i vari strati di una finitura in resina, sono nella maggior parte dei casi completamente risolvibili. Le resine per loro stessa natura permettono un alto grado di ripristinabilità e lavorazione, a patto che si “rispetti” la natura del supporto e la destinazione d'uso. Una finitura a regola d'arte sarà possibile pertanto solo laddove la fase di studio e di selezione del sistema resinoso siano adeguate, in sintonia, con l'interno impianto progettuale.
  

 

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