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Implementazione della digitalizzazione nelle Strutture Tecniche delle Amministrazioni Pubbliche: il dilemma delle due modalità

Nella prospettiva, peraltro imminente, della emanazione del nuovo Codice dei Contratti Pubblici e, soprattutto, di quella che, almeno prima della sua pubblicazione, resta la soglia temporale di riferimento principale, vale a dire il 2025, è opportuno soffermarsi in queste brevi note in ciò che, se interpretato rigorosamente, si presenta come un vero e proprio dilemma.

Non si può più "sfuggire" alla digitalizzazione

Se, infatti, quale che sia la sua effettiva cogenza erga omnes, l’obbligatorietà delle misure contenute nel decreto ministeriale 560/2017 e s.m.i., a prescindere dalla sua natura regolamentare o meno, è stata sino a un certo momento considerata da molte stazioni appaltanti e da molti enti concedenti quale un vincolo relativamente remoto o formale, esso inizia, ora a palesarsi nella sua interezza, a dispetto di molte soluzioni parziali adottate (per usare un eufemismo), come il ricorso a locuzioni curiose riferite alla fantomatica «modalità BIM» oppure alla certificazione dei profili professionali citati dalla prassi di riferimento UNI/ACCREDIA.

Vi è, peraltro, da ricordare che, in attesa pure del nuovo Testo Unico dell’Edilizia, la digitalizzazione riguarderebbe anche i processi autorizzativi attinenti alla pianificazione urbanistica e all’edilizia privata, incluse le attività produttive, interessando un novero maggiore di unità organizzative (come lo Sportello Unico per l’Edilizia o lo Sportello Unico per le Attività Produttive, attualmente interessati da processi di dematerializzazione dei documenti, erroneamente intese come di digitalizzazione dei processi).

Per questa ragione, anzitutto per quanto riguarda gli enti locali, l’implementazione settoriale della digitalizzazione dovrebbe ricomprendere entrambe le tematiche.

La strategia digitale dell’ente locale.

La duplice veste della digitalizzazione nell'Amministrazione Pubblica

Sotto questo profilo, l’amministrazione pubblica si vedrebbe investita dalla digitalizzazione nella duplice veste dell’affidamento e della esecuzione dei contratti pubblici di servizi, di lavori e di forniture e dei processi autorizzativi finalizzati agli investimenti immobiliari dei soggetti privati e, ancor prima, al sistema gestionale della programmazione pluriennale e della acquisizione di finanziamenti di varia natura e specie.

La espressione Digital Building Permit, peraltro, non può considerarsi limitata al permesso propriamente detto, o ad altri titoli abilitativi, quali la SCIA o la CILA, ma deve intendersi estesa a ogni genere di processo autorizzativi, di carattere urbanistico, edilizio e infrastrutturale, compresa, evidentemente, a tutti i livelli, la gestione della conferenza di servizi.

La digitalizzazione dei processi autorizzativi nell’edilizia privata.

Trasformazione digitale della PA

Sennonché, proprio il decreto ministeriale medesimo, pur contenendo tempistiche di adozione progressive e puntuali nei confronti dei singoli investimenti pubblici e procedimenti tecnico-amministrativi, aveva tempestivamente sottolineato la centralità di un approccio all’Information Management basato sul livello dei processi della amministrazione pubblica in quanto tale, specificamente attraverso la redazione dell’atto organizzativo, del programma formativo e del piano strumentale.

L’atto organizzativo, d’altronde, appare potenzialmente connesso, in genere, ai sistemi gestionali e, in particolare al sistema di gestione per la qualità e al sistema di gestione BIM, così come definito nella apposita prassi di riferimento di UNI.

In definitiva, la maturazione digitale delle amministrazioni pubbliche richiede la trasposizione dell’implementazione dei metodi e degli strumenti dal livello del singolo procedimento amministrativo a quello della intera organizzazione e la sua integrazione con i sistemi di gestione.

L’ecosistema digitale delle funzioni settoriali della amministrazione pubblica.

Questa impostazione è ancor più cruciale nella misura in cui essa si colloca pienamente nell’alveo della trasformazione digitale della amministrazione pubblica italiana, del Polo Strategico Nazionale e degli European Data Space.

Tale approccio è tanto più significativo in quanto, per un verso, la normazione internazionale e sovranazionale (della serie UNI EN ISO 19650) enfatizza la necessità di configurare un processo di definizione dei requisiti informativi articolato, da quelli inerenti alla organizzazione e al patrimonio sino a quelli che confluiscono, al termine dell’iter, nel cosiddetto capitolato informativo e nella sua rilevanza all’interno della fase a evidenza pubblica dei processi di affidamento dei contratti pubblici e di gestione dell’esecuzione degli stessi, mentre, per un altro canto, l’interazione crescente tra Portfolio/Programme/Project Management, Risk Management e Information Management fa sì che, ancora una volta, non si possa più prescindere da una dimensione corporate-wide.

D’altra parte, il portato logico delle precedenti considerazioni non potrà che rendere contigui e interoperabili gli ecosistemi digitali che si riferiscono alla programmazione pluriennale degli investimenti pubblici (relazionata al sistema informativo di adozione, di monitoraggio, di controllo e di rendicontazione), all’acquisizione dei contratti pubblici (relazionata alle piattaforme telematiche dell’e-Procurement) e alla gestione dell’esecuzione dei contratti pubblici (attraverso l’Ambiente di Condivisione dei Dati: per ora solo di commessa o di procedimento, ma destinato inevitabilmente a estendersi alla intera organizzazione nella gestione del portafoglio degli investimenti pubblici e partenariali e nella gestione patrimoniale del ciclo di vita dei beni indisponibili e disponibili).

I livelli gestionali dell’ecosistema digitale.

Ovviamente, tale continuità dei flussi informativi e dei processi decisionali che coinvolgono i soggetti, interni ed esterni alla stazione appaltante o all’ente concedente, implica la presenza di una anagrafe digitale geo-spaziale del patrimonio immobiliare e/o infrastrutturale che esalti l’obiettivo finale della digitalizzazione, consistente nella gestione del ciclo di vita utile di servizio dei cespiti e nella ottimizzazione della loro fruibilità e funzionalità.

E’ tuttavia, di una evidenza palmare che una tale condizione sia attualmente rinvenibile in ben poche amministrazioni pubbliche, cosicché, per le restanti che saranno, nei prossimi anni, incrementalmente assoggettate ai vincoli di legge, si imporrebbe, estemporaneamente, al cospetto di quanto menzionato in precedenza, l’esigenza di predisporre capitolati informativi, per così dire, autoreferenziali, che divengano un termine contrattuale considerevole, a cui si associ la configurazione di un Ambiente di Condivisione dei Dati.

Prospettive future di rischio

Il ricorso alla via più breve, in apparenza, forzata (forse anche da una certa sottovalutazione dei modi e dei tempi di adozione delle misure), rischia di ricondurre, riduzionisticamente, l’opportunità a un adempimento formale, sintetizzato, nel migliore dei casi, in un documento statico, il capitolato informativo, decontestualizzato nei confronti sia del percorso a livello dell’organizzazione poc’anzi descritto sia del Quadro Esigenziale, del Documento di Fattibilità delle Alternative Progettuali e del Documento di Indirizzo alla Progettazione.

È probabile, dunque, che la risposta dei candidati alla procedura competitiva e degli affidatari nella negoziazione avvenga negli stessi termini con l’offerta e con il piano di gestione informativa, presumibilmente intesi in una versione statica.

É chiaro, allora, che si palesi il rischio di banalizzazione e, in definitiva, di neutralizzazione del beneficio che la digitalizzazione possa arrecare.

Nell’attesa, perciò, di un approccio metodologico di medio-lungo termine all’adozione dei processi digitalizzati, si pone l’esigenza di supportare il versante della Domanda Pubblica di istradare, esattamente nei termini contemplati dalla decretazione ministeriale, nel percorso corretto, non potendo, altresì, trascurare che il corno attinente al singolo procedimento tecnico-amministrativo non possa che determinare la presenza del capitolato informativo e dell’Ambiente di Condivisione dei Dati.

É palese, però, che sia necessario evitare che si creino discontinuità metodologiche e confusioni strumentali allorché si debbano instaurare le due modalità dell’adozione per cogenza ravvicinata e dell’implementazione per interiorizzazione meditata.

Il problema consiste, dunque, nel contemperare logiche ed esigenze che si dipanano lungo orizzonti temporali differenziati.

Il capitolato informativo e la contestualizzazione nei processi digitalizzati.
La gestione dell’investimento e la gestione del patrimonio.

Per provare a risolvere il dilemma occorre, dunque, che si possa mettere a disposizione delle amministrazioni pubbliche una sorta di documento di riferimento che metta in chiaro elementi operativi per una transizione dalla condizione congiunturale a quella strutturale, unita a fondamenti metodologici che conferiscano alle stazione appaltanti e agli enti concedenti ormai in futuro qualificati dall’AUSA (Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti) la possibilità di non creare cesure e contraddizioni tra eventuali conformità ravvicinate agli obblighi di legge e una impostazione di medio-lungo periodo, connessa a una più elevata maturità digitale degli attori pubblici e degli operatori economici.

La transazione dei dati e dei documenti.

É evidente, quindi, che tale situazione transitoria non possa che ulteriormente riflettersi nelle dimensioni socio-tecniche (investite dal cambiamento delle culture e degli assetti) e giuridico-contrattuali (per cui al diritto amministrativo si affianca l’informatica giuridica).

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