Innovare l’abitare: il coraggio di sperimentare per rispondere alle sfide contemporanee
Come allora, è necessario che casa e servizi rappresentino il focus delle politiche pubbliche. Oggi, però, il mutamento rapido dei fabbisogni richiede anche importanti innovazioni sul fronte del processo di produzione e gestione.
Un anniversario nel segno dell’innovazione dell’abitare
La città di Marsiglia celebra i 70 anni dal completamento dell’Unité d’Habitation di Le Corbusier, inaugurata il 14 ottobre 1952 e patrimonio Unesco dal 2016, nota come il primo passo verso la costruzione della cosiddetta Cité Radieuse. Una ricorrenza importante per chi si occupa di architettura e urbanistica, perché questa realizzazione dimostra che la sperimentazione sul fronte dell’abitare apre continuamente a nuove modalità di convivenza. Una lezione per l’attualità.
Spazi familiari e pubblici integrati
Merita ricordare che l’idea dell’Unitè, seppure interrotta, ha rappresentato un rinnovamento radicale nel linguaggio e negli obiettivi dell’architettura dell’immediato dopoguerra. La risposta all’esigenza contingente e drammatica di dare un alloggio alla popolazione trasferita dalla zona bombardata del vecchio porto e destinata ad una ricostruzione post-bellica in chiave tradizionalista e speculativa costituisce l’occasione per Le Corbusier di immaginare un nuovo manufatto – città per 1600 abitanti.
Oltre alle soluzioni estremamente innovative di cui è dotata sul fronte della distribuzione interna e delle piante degli alloggi, interessa qui sottolineare come l’Unitè proponga un modello insediativo collettivo che sa coniugare l’abitazione privata con lo spazio comune, ricco di attrezzature e aree commerciali, inserito in un contesto urbano dove predominano il verde attorno e il viale alberato di accesso. Gli spunti di riflessione per l’attualità sono molteplici: flessibilità, pluralità, sostenibilità.
L’Unité d’Habitation a Marsiglia (foto Laura Pogliani).
Quali sfide contemporanee
Innovare e rilanciare il progetto dell’abitare rappresenta un contributo decisivo per la rigenerazione urbana e territoriale e, in ultima analisi, per la modernizzazione del sistema Paese. La casa è infatti un tassello del sistema urbano complessivo e, insieme all’istruzione, alle infrastrutture e alla cura della salute, costituisce uno dei fattori sostantivi del welfare pubblico. L’abitare è un diritto sociale e, pertanto, garantire un accesso equo alla casa, in termini di distribuzione territoriale e di costi, può contribuire fattivamente al riequilibrio delle disparità sociali, che oggi sono un fattore di instabilità in crescita soprattutto nei grandi centri urbani.
Per questa ragione è indispensabile aumentare l’attenzione e le risorse delle politiche pubbliche in questa direzione, facendo convergere anche una parte del settore privato per assicurare complessivamente un’adeguata quantità e qualità di abitazioni sociali, sia pubbliche che affordable.
Casa e rigenerazione urbana
Occuparsi dell’innovazione dell’abitare significa includere nel progetto del manufatto edilizio anche i servizi materiali e immateriali connessi (dagli spazi per i servizi comuni ai luoghi per le attività sociali e per la didattica, dai trasporti agli orti condivisi ai centri per la formazione e il lavoro). È un’occasione concreta per ripensare ai modelli abitativi e spaziali nelle città, confrontandosi con i temi della rigenerazione urbana, del riuso e riqualificazione dell’ingente patrimonio immobiliare pubblico e privato dismesso, di una produzione edilizia ispirata alla sostenibilità ambientale e sociale ed all’efficienza energetica, della rivitalizzazione delle aree di fragilità sociale e territoriale.
Alcuni progetti urbanistici provano a ragionare fattivamente sulle innovazioni da oltre un decennio. A Milano, Il Contratto di Quartiere Stadera aveva aperto la strada al disegno di un insediamento integrato di edilizia pubblica e sociale con servizi sulla base di un processo aperto agli abitanti. Sul fronte del terzo settore, i progetti della Fondazione Housing Sociale presentano a loro volta un connubio interessante di mixitè sociale e generazionale, spazi e attrezzature collettive, aree aperte condivise.
Quartiere via Cenni a Milano. La corte centrale con gli spazi collettivi (foto Laura Pogliani)
Alcune proposte
L’Istituto Nazionale di Urbanistica si impegna sul fronte della casa dal dopoguerra, preparando studi e proposte per contribuire alla costruzione delle politiche abitative nel campo della pianificazione. Oggi concentra l’attenzione sui requisiti importanti di flessibilità e innovazione per rispondere in modo adeguato alla domanda plurale attuale e per ridefinire gli aspetti processuali e di coordinamento delle prassi amministrative. Obiettivo primario è predisporre quadri conoscitivi delle diverse componenti del fabbisogno e scenari regolativi, per incentivare gli interventi, per valorizzare le risorse esistenti (il grande patrimonio dei quartieri di edilizia pubblica), per recuperare quote di patrimonio pubblico e privato sottoutilizzato o inutilizzato e infine anche per valutare gli esiti degli interventi progettuali. Serve una cabina di regia che sappia coordinare e mobilitare risorse, attori, pluralità di azioni e che governi e monitori il processo attuativo.
Monitorare il contributo dei PINQUA
Sono sfide complesse che solo in parte vengono colte dalle politiche nazionali e locali. Il bando Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare (PINQUA) ha provato meritoriamente a lanciare il tema, ma si è limitato prevalentemente alla dimensione fisica del recupero di alloggi pubblici, senza riconoscere il costo degli interventi nel campo sociale. Molti Comuni hanno però saputo cogliere la sfida, integrando finanziamenti comunitari, nazionali e regionali e risorse proprie, presentando un progetto di sistema che, attraverso il recupero di aree dismesse, produce nuovi alloggi sociali, nuovi servizi a infrastrutture in un disegno più ampio al servizio della città.
Masterplan Pinqua Imola. Infrastruttura verde e mobilità sostenibile per la rigenerazione urbana (comune di Imola).
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