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Quando un pergolato diventa nuova costruzione?

Il pergolato è una struttura leggera, utilizzata principalmente per ombreggiare o decorare spazi esterni, caratterizzata da più telai piani collegati trasversalmente, senza coperture fisse né tamponature. La sentenza del Consiglio di Stato n. 2030/2025 conferma il rigetto di una sanatoria per un manufatto agricolo qualificato erroneamente come pergolato, sottolineando l’importanza della distinzione tra strutture accessorie e nuove costruzioni per garantire il rispetto delle normative e la tutela del territorio.

I pergolati e regole urbanistiche: cosa cambia con la copertura fissa

Un pergolato si presenta come una struttura leggera, generalmente costituita da montanti verticali e travi orizzontali, in legno o metallo. Non presenta una copertura fissa e delle tamponature di chiusura, infatti è pensato per offrire ombreggiamento e ornamento, spesso utilizzato nei giardini o su terrazze.

Generalmente un pergolato presenta le seguenti caratteristiche:

  • struttura semplice e smontabile;
  • nessuna copertura fissa;
  • assenza di grondaie, pluviali e tamponature laterali;
  • funzione decorativa e non abitativa;

Esso non viene generalmente conteggiato nella superficie edificabile, a condizione che rispetti le caratteristiche previste dalla normativa.

Se il pergolato si presenta con una copertura fissa, anche solo in parte, o non facilmente rimovibile, allora si devono seguire le stesse regole previste per le tettoie.
Questo dimostra come un dettaglio apparentemente insignificante possa incidere profondamente sulle norme edilizie e urbanistiche da rispettare.
Tutto ciò concorre a sottolineare come il pergolato si differenzi dalle altre strutture, come le tettoie, le quali pur avendo elementi simili che possono essere fissati all’edificio oppure essere autoportanti, si presentano chiuse almeno in copertura.
Quindi i pergolati rappresentano una tipologia di struttura esterna molto diffusa negli spazi residenziali e pubblici, utilizzata principalmente per creare zone d’ombra e di relax all’aperto. Ma se essi dovessero presentare strutture fisse, necessitano sempre di un’autorizzazione.

La distinzione tra pergolato e altre strutture più invasive, come tettoie o verande, è fondamentale per la corretta interpretazione degli strumenti urbanistici e per la richiesta del giusto titolo edilizio.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 2030/2025 chiarisce come i pergolati, per essere riconosciuti tali, debbano rispettare criteri di leggerezza, amovibilità e dimensioni contenute, evitando di configurarsi come ampliamenti o nuove costruzioni soggette a vincoli più restrittivi.

 

Pergolato o tettoia? La differenza che conta nelle autorizzazioni edilizie

Il Consiglio di Stato ha confermato il rigetto dell’istanza di una sanatoria per alcuni interventi eseguiti su un immobile a destinazione agricola. La sentenza del Consiglio di Stato distingue i pergolati da altre strutture come le tettoie, in base alla loro natura smontabile, alle dimensioni e alle modalità costruttive.

Il manufatto in questione ad uso agricolo è stato oggetto di una serie di lavori sia interni sia esterni. Tra i vari lavori vi era appunto il manufatto ligneo, inquadrato dai ricorrenti come pergolato, in contrasto con la posizione dell’amministrazione che lo definiva come una tettoia a tutti gli effetti. Considerato come una tettoia, la struttura comportava un incremento della superficie utile netta, in violazione delle norme urbanistiche locali.

Il Consiglio di Stato ha accolto integralmente le motivazioni del Comune e confermato la sentenza del Tribunale di Trento, che aveva rigettato il ricorso dei proprietari.

I ricorrenti ritenevano che la struttura, ai sensi del regolamento edilizio e d’igiene comunale, potesse essere realizzata senza incidere sugli indici urbanistici. Affinché ciò potesse avvenire, la struttura doveva presentare dei telai collegati tra loro, essere priva di fondazioni, facilmente amovibile, non presentare tamponature o elementi di copertura fissi, avere un’altezza massima di 2,50 metri e superficie non superiore a 15 mq.

Tuttavia, l’opera presentava caratteristiche ben diverse, in quanto occupava una superficie di ben 38 mq e risultava costituita da tre orditure sovrapposte, con pilastri di notevoli dimensioni. Inoltre dalle fotografie prodotte, emergeva che il manufatto era ben ancorato sia alla muratura dell’edificio sia a un muro in pietrame di contenimento. Queste particolarità contribuivano a smentire la natura precaria e reversibile dell’opera, facendo sì che si configurasse come una tettoia, soggetta pertanto ai vincoli edilizi in materia di nuove costruzioni per via dell'incremento di superficie utile.

Il Consiglio ha ribadito che “il manufatto realizzato all’esterno non soddisfacesse la definizione di pergolato contenuta nell’art. 97 del regolamento edilizio e d’igiene comunale (secondo cui «I pergolati e/o gazebi sono strutture composte da un telaio semplice, prive di fondazioni, ma ancorate seppur facilmente amovibili per smontaggio, formate da intelaiature idonee a creare ornamento, riparo ed ombra. La struttura dovrà avere altezza massima di m 2,50 e superficie massima di mq 15,00. Non possono avere né grondaie né pluviali, non possono essere tamponati, né possono essere coperti. Tali strutture non vengono considerate ai fini degli indici urbanistici»), in considerazione delle caratteristiche esecutive del manufatto medesimo, con superficie di 38 mq, realizzato mediante tre orditure sovrapposte, montanti verticali esterni e pilastri di significative dimensioni (cfr. punto IX della sentenza: «Tutti tali elementi conducono pertanto l’Amministrazione comunale a ragionevolmente concludere come lo stesso manufatto “deve trovare certamente solido ancoramento alla muratura della p.ed. 1058, CC., e, come appare dalla documentazione fotografica, anche al muro in pietrame di sostegno del fondo sopraelevato collocato fra la struttura di cui trattasi e la p.ed. 1058”»).

Quindi per essere definito un pergolato, la struttura deve mantenere caratteristiche di:

  • assoluta leggerezza;
  • temporaneità;
  • non rilevanza edilizia.

In caso contrario, essa potrebbe rientrare nella categoria delle costruzioni edilizie vere e proprie, con la necessità di titolo abilitativo per la realizzazione. L’opera in questione, superando le dimensioni consentite e presentando una conformazione stabile e strutturata, si pone in contrasto con l’art. 39 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Urbanistico, che a sua volta vieta nuove costruzioni e aumenti della superficie utile netta nelle aree agricole di pregio.

Inoltre il Consiglio di Stato ha evidenziato che “Il nuovo solaio ha diviso, per la prima volta, in due piani la volumetria interna del deposito e la sua superficie (...) impedisce che lo si possa considerare come un soppalco ai sensi dell’art. 77 del regolamento edilizio e d’igiene comunale (…).
In ogni caso, la relativa superficie è computabile ai fini della superficie utile lorda e, di conseguenza, della superficie utile netta dell’immobile in virtù di quanto è previsto dall’art. 3 (…) del decreto del Presidente della Provincia di Trento del 19 maggio 2017, n. 8-61/Leg, recante il regolamento urbanistico-edilizio provinciale in esecuzione della l.p. 4 agosto 2015, n. 15.”

Quindi viene confermato come l’ampliamento dell’intercapedine e la realizzazione del solaio ligneo abbiano di fatto comportato un aumento della superficie utile lorda. Per giunta, la nuova superficie soprastante non poteva in alcun modo essere trascurata o considerata come un semplice soppalco in quanto copriva quasi integralmente il piano inferiore. Essa poi presentava un accesso indipendente, assumendo caratteristiche di un vero e proprio piano aggiuntivo, comportando un ulteriore incremento volumetrico in contrasto con la disciplina vigente.
La sentenza ha inoltre escluso la possibilità di una sanatoria parziale, ritenendo che le difformità fossero sostanziali e lesive dell’assetto urbanistico del territorio.

In sintesi, il Consiglio di Stato ha confermato l’importanza nel distinguere le strutture accessorie, come i pergolati, da quelle edilizie vere e proprie. Infatti, tali manufatti, se realizzati con caratteristiche stabili, dimensioni eccessive o con caratteristiche permanenti, perdono la loro natura accessoria e devono essere valutati come vere e proprie costruzioni.

  

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO È SCARICABILE IN ALLEGATO.

Articolo integrale in PDF

L’articolo nella sua forma integrale è disponibile attraverso il LINK riportato di seguito.
Il file PDF è salvabile e stampabile.

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