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Riforme e nuove regolamentazioni: necessario considerare il ruolo abilitante dei processi di digitalizzazione

Oltre il Super Bonus 110%. Presto la riforma del Codice dei Contratti, la riscrittura del Testo Unico dell’Edilizia e la Legge sulla Rigenerazione Urbana. In questo scenario occorre considerare il ruolo abilitante dei processi di digitalizzazione poiché la digitalizzazione può divenire effettivamente un instrumentum.

La digitalizzazione oltre il Super Bonus 110%

La tormentata vicenda nota, in senso generale, come Superbonus 110%, si è dipanata nel corso degli ultimi anni tra due polarità (e due contrastate polemiche):

  • la qualità degli esiti conseguiti in termini di efficienza energetica e di decarbonizzazione;
  • la sostenibilità della misura stessa in materia di spesa pubblica, con particolare riferimento alla contabilità nazionale e comunitaria.

Si tratta di una dualità destinata, ovviamente, a riprodursi nei riguardi delle prospettive che sono sollecitate dalla nuova Direttiva Comunitaria sulla Efficienza Energetica, a sua volta al centro di un intenso dibattito, alla quale sarebbe consigliabile affiancare l’attenzione a temi connessi che vanno maturando in sede comunitaria, quali, ad esempio, lo Smart Readiness Indicator for Buildings e, ancor più, il Digital Building Logbook, per non dire della sfida epocale costituita dagli European Data Space.

A questo proposito, occorre dire chiaramente che il Regno Unito stia rafforzando, nei confronti dei mercati internazionali, la propria offerta di servizi digitalmente abilitati, a partire dal Digital Twinning, che la Germania, a livello federale, ha già in essere programmi settoriali relativi a GAIA-X e che la Francia, a partire dall’ambito infrastrutturale, è fortemente concentrata nel rendere strutturali le iniziative di sistema che vertono sulla continuità dei flussi di dati e sugli Spazi Europei.

Da ciò si può dedurre l’entità del potenziale ritardo che si generi a sfavore del Nostro Paese in assenza di misure di accompagnamento dei testi legislativi e di azioni mirate a tematiche che si riveleranno decisive nel medio termine.

Occorre, tuttavia, al contempo, per prima cosa, volgere lo sguardo ad aspetti complementari, ma, in prospettiva, di fatto, centrali: al netto di una certa diffusione dell’informatizzazione legata a singoli dominî, la (scarsa) maturità digitale mostrata dagli operatori nel corso della saga degli interventi sul costruito contrassegnati dalla possibilità della detrazione, dello sconto in fattura e della cessione dei crediti fiscali e la (acerba) innovativa articolazione di reti configurate tra il ceto professionale (non solo tecnico) e quello imprenditoriale.

A prescindere dalla conclusione dell’epopea del Super Bonus 110%, almeno nelle vesti conosciute, che ci si augura, ovviamente, positiva, non si può, peraltro, affermare che, sotto la prospettiva della digitalizzazione, l’occasione sia stata propizia per effettuare un salto di livello: né avrebbe, del resto, potuto essere così in assenza di una politica industriale.

Transizione digitale dovrebbe essere concepita traguardando assieme i differenti disposti legislativi

Parimenti, sarebbe opportuno riflettere sulla possibilità di istituire una continuità tra la riforma del Codice dei Contratti Pubblici, la riscrittura del Testo Unico dell’Edilizia e la regolamentazione della Rigenerazione Urbana: perché, entro questo perimetro si giocano alcuni elementi salienti, quali la riconfigurazione della catena di fornitura, la cultura partenariale della amministrazione pubblica, la relazione tra il settore della costruzione e dell’immobiliare e quello della finanza.

È palese, infatti, che qualora non si provvedesse a ricomporre questo mosaico in maniera coerente e lungimirante, l’approccio alla Rigenerazione Urbana, tendenzialmente estemporaneo, perché affidato ai singoli soggetti, in assenza di un disegno strategico a livello urbano e territoriale, approccio ora perseguito su una scala relativamente minore, si riproporrebbe in un contesto ancora più impegnativo.

Per questa ragione, è necessario considerare il ruolo abilitante dei processi di digitalizzazione per il comparto in un’ottica meno angusta e circoscritta alle singole innovazioni tecnologiche e alla loro natura puramente strumentale, poiché la digitalizzazione può divenire effettivamente un instrumentum, ma nel significato di instrumentum regni.

Per prima cosa, è necessario osservare come il Super Bonus 110%, in quanto, appunto, frutto di iniziative singolari ed episodiche da parte dei singoli proprietari immobiliari, abbia favorito, nel migliore dei casi una maggiore diffusione della informatizzazione degli attori, specialmente degli operatori economici, restando assai distante dalla cultura del dato e da una più credibile digitalizzazione.

Questo rilievo vale anche per il ricorso alle cosiddette piattaforme digitali utilizzate gestite sia dai soggetti pubblici sia da quelli privati, che si sono rivelate, di fatto, soluzioni utili prevalentemente alla dematerializzazione documentale.
Sotto questo profilo, non è assolutamente pensabile immaginare che una strategia rigenerativa delle città e dei territori possa avvenire alla stessa stregua.

Vale, pertanto, la pena di ricordare come la digitalizzazione debba agire, anzitutto, proprio attraverso le piattaforme digitali e i digital marketplace, per supportare ecosistemi in cui interagiscano collaborativamente (non nel senso stucchevole e irenico che a questo avverbio si attribuisce solitamente) culture, identità, saperi e operatività eterogenee e parcellizzate, che presentano una storica attitudine antagonista: e, di conseguenza, intimamente anti-industriale, secondo una certa accezione della cultura industriale.

Questa è la prima e prioritaria forma di digitalizzazione a cui fare riferimento, poiché essa verte su un intento non velleitario di ricomposizione delle logiche e degli interessi in gioco, indispensabile per poter immaginare di favorire un dialogo costruttivo (nel senso letterale della edificazione: di sostituzione) tra la componente committente, quello professionale, quella immobiliare, quella produttiva e quella costruttiva.

È proprio l’esperienza del Super Bonus 110%, nella dimensione dei processi inflattivi e della crisi della logistica, a dover suggerire agli operatori economici qualche riflessione sulla gestione prospettica della catena del valore e della sua rinegoziazione in termini, per così dire, digitali.

In definitiva, la digitalizzazione (e, in futuro, la semi-automazione) dei processi di autorizzazione degli interventi e dei processi di acquisizione dei contratti si situa entro questo alveo.

Naturalmente, accanto a questa pre-condizione, sussiste l’urgenza affinché l’amministrazione pubblica si evolva nella direzione di una propensione complessiva ad attuare l’essenza del partenariato pubblico privato, pure all’interno delle dinamiche di trasformazione digitale che i governi italiani hanno promosso negli scorsi anni, sotto l’egida della Unione e della Commissione Europea.

Sotto questo profilo, a prescindere dall’esperienza del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza in materia di sistema informativo per l’attuazione e per la rendicontazione, le politiche di rigenerazione urbana debbono assumere sempre più un carattere geo-spaziale, devono essere digitalmente supportate dalla capacità di simulazione degli interventi a livello urbano e territoriale.

L’approccio geo-spaziale è ineludibile nella misura in cui sia appropriato divisare investimenti strutturali: in quei «modelli» (3D City & Land Model), interoperabili con le tecnologie satellitari e con i modelli informativi (BIM) si allocano, infatti, dati strutturati che riguardano sia il fatto che la rigenerazione urbana debba essere, in primo luogo, rigenerazione sociale e comunitaria (per validare il proprio contenuto immobiliare) sia la constatazione che qualsiasi azione di natura fisica sulle agglomerazioni debba confrontarsi colle categorie valoriali della sostenibilità e della circolarità.

Il che vale poiché il rapporto del settore della costruzione e dell'immobiliare col mondo finanziario, a prescindere dal mercato della cessione dei crediti fiscali (in via di scomparsa), oggi sempre più sollecitato da requisiti regolamentari che attengono agli indicatori non finanziari e di impatto, oltre che passare per una maggiore rigidità relativa ai parametri finanziari (testimoniata dalle Linee Guida della EBA, della European Banking Authority), sarà imperniato sui criteri ESG (Environmental Social Governance) oggetto dei recenti documenti normativa dello EFRAG, vale a dire dello European Financial Reporting Advisory Group.

Sarebbe, quindi, necessario ragionare sul ruolo della digitalizzazione nella riduzione della complessità (nel senso di una maggiore predittività dei fenomeni) al fine di mitigare i rischi connessi agli investimenti pubblici, privati e partenariali.

Per tale motivo, la transizione digitale nel settore dell’ambiente costruito dovrebbe essere concepita traguardando assieme i differenti disposti legislativi: assieme anche a una strategia industriale, in assenza della quale è puramente illusorio credere che i singoli applicativi e i singoli dispositivi digitali possano sortire alcun effetto determinante.

Ipotizzare di proporre un elenco e un catalogo di innovazioni digitali, hardware e software, al di fuori di una progettualità sistemica comporta, infatti, oltre a una certa ingenuità, la elevata probabilità di incorrere in cocenti delusioni.

Lo scenario del settore dell’ambiente costruito è, infatti, attualmente così polverizzato, così atomizzato, che occorre prefigurare forme di digitalizzazione che, al netto di M&A, di fusioni e di acquisizioni, e di processi aggregativi sia sul versante della domanda pubblica sia sul versante dell’offerta privata, facilitino o accompagnino la valorizzazione delle relazioni tra componenti a oggi irriducibili del sistema, per la maggior parte, sideralmente lontane dai gerghi e dai costrutti di una comunità avanzata di studiosi e di operatori.

Terminata la stagione decennale delle grandi narrazioni sui benefici presunti della digitalizzazione, spesso considerata autoreferenzialmente, si inaugura ora il tempo della adozione e della implementazione: ardua in assenza, appunto, di un lavoro preparatorio che agisca sulle premesse: che sono tecniche e gestionali, ma anche giuridiche e sociali.
E non bisogna dimenticare che ciò avviene allorché il settore vede, in prospettiva, l’allontanamento, per ragioni anagrafiche, di molti esponenti qualificati del lavoro intellettuale o manuale e la difficoltà ad attrarre le migliori emergenze di nuove generazioni.

L’urgenza è data dalla necessità di mettere a punto infrastrutture digitali a livello nazionale, interoperabili con quelle di altri Paesi e della Unione, che possano ospitare le transazioni di cui si è detto, al fine di non decontestualizzare le singole iniziative e allo scopo di permettere che i flussi informativi avvengano in ambienti idonei e in accordo a una strategia intenzionale, consapevole della posta in gioco.

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