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I Percorsi di Medio Periodo per la Digitalizzazione delle Stazioni Appaltanti

La riflessione del prof. Angelo Luigi Camillo Ciribini, Università degli Studi di Brescia.

Nuovo Codice Appalti: quale ruolo per la digitalizzazione

Quale che sia la versione finale del Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, sotto la voce, meritoriamente analitica, da esso proposto, della digitalizzazione, insiste una tematica di fondo che evidentemente nessun testo legislativo, nonostante le encomiabili intenzioni, possa risolvere autonomamente, per quanto sia in grado di agevolarne l’inveramento.

Tale tema riguarda la possibilità di assicurare una continuità dei flussi informativi a supporto di quelli decisionali tra le differenti fasi temporali della formazione degli investimenti pubblici (a partire dalla programmazione pluriennale, già implicita nel sistema di pianificazione, di monitoraggio, di controllo e di rendicontazione, rafforzata dalle richieste contemplate dal Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza e destinata a sopravvivere ad esso), in quello di acquisizione dei contratti (per mezzo delle piattaforme telematiche), in quello della esecuzione dei contratti stessi (entro l’ambiente di condivisione dei dati).

Mettere a sistema Multi Project Management, l’e-Procurement e l’Information Management

Detto in termini gergali, si tratta di mettere a sistema, entro l’ampio ecosistema degli investimenti pubblici in servizi, in lavori e in forniture, il Multi Project Management, l’e-Procurement e l’Information Management, in uno scenario che passi attraverso il Polo Strategico Nazionale e le Banche Dati interoperabili della Amministrazione Pubblica.

In altre parole, la disciplina dei lavori pubblici, nel suo significato più esteso, dovrebbe entrare a far parte del quadro complessivo dell’Italia Digitale e degli European Data Space: finalità che, naturalmente, non può appartenere al Codice in se medesimo.

Sfide e obiettivi

Non si tratta solo, però, di permettere la maggiore interoperabilità tra i sistemi informativi, ma anche di avviare un’azione di sensibilizzazione o di acculturamento delle stazioni appaltanti e delle amministrazioni concedenti in materia di acquisto e di gestione di dati strutturati in funzione del ciclo della vita dei progetti, nell’accezione dei procedimenti tecnico-amministrativi, e dei cespiti immobiliari o infrastrutturali.

Il passaggio decisivo risiede qui, infatti, nella comprensione del valore che la società e il mercato sappiano attribuire ai corredi informativi adeguati associati ai cespiti fisici, vale a dire, alla dimensione immateriale accostata a quella tangibile.

Il che non si verifica spesso, poiché la gestione del procedimento tecnico-amministrativo che riguarda la realizzazione di un intervento (e di un investimento), allorché accompagnata dalla configurazione di strutture di dati, si risolve e si esaurisce in sé al momento del collaudo tecnico-amministrativo, cosicché il valore dell’asset digitale si smarrisce, non essendo nemmeno più aggiornato.

É, invece, proprio la continuità della evoluzione della struttura di dati a poter contare: dalla formazione della volontà dell’investimento, anche in rapporto alla conoscenza del luogo dell’intervento, sino alla conclusione dei lavori, finalizzati alla fruizione del bene.

É chiaro, perciò, che tale fine sia reso più difficoltoso da una concezione individuale dell’investimento, se esso avvenga isolato da una strategia complessiva, da una piattaforma unitaria e, addirittura, a opera di soggetti che hanno come missione la conclusione solo di una o più fasi temporali del Project Life Cycle.

Ciò significa che, nell’economia più generale della gestione patrimoniale delle amministrazioni pubbliche, oltre l’ambito di applicazione della disciplina dei contratti pubblici, specie per quanto attenga all’attraversamento amministrativo e all’affidamento dei contratti, serva che le amministrazioni, non solo in funzione di stazione appaltante o di ente concedente, acquisiscano questo approccio.

È, infatti, il dato, preferibilmente strutturato, considerato nel tempo lungo della vita del cespite, a ergersi a protagonista e a promettere, tra gli altri, prospetticamente interessanti, per quanto inquietanti, sviluppi grazie all’applicazione dell’Intelligenza Artificiale.

La qual cosa vale soprattutto in quanto la diffusione di alcuni metodi e strumenti legati alla digitalizzazione ha messo in evidenza come la focalizzazione debba spostarsi dal singolo procedimento tecnico-amministrativo (oggi ridenominato progetto, in relazione al Project Management) all’intera organizzazione della amministrazione pubblica e in che misura tutte le unità organizzative di quest’ultima debbano essere coinvolte paritariamente nella gestione digitalizzata degli investimenti pubblici.

Sarà, in effetti, questo obiettivo uno dei principali nell’evitare che le singole tematiche della programmazione, dell’affidamento e della esecuzione dei contratti pubblici, tutte menzionate sistematicamente nel Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, siano intese separatamente.

Di fatto, anche la stessa impostazione della normativa internazionale sul Project Management sta spostando l’attenzione dal singolo progetto al programma e al portafoglio, vale a dire alla pluralità degli investimenti promossi, oltreché alle dimensioni del Pre e del Post Project.

Atto organizzativo BIM: documento fondamentale per le Stazioni Appaltanti

Queste considerazioni spiegano come la stesura del cosiddetto atto organizzativo, già previsto dalla disciplina previgente sulla gestione informativa, divenga cruciale, in quanto essa presuppone la riconfigurazione dei processi organizzativi e il coinvolgimento, entro di essi, di tutte le componenti dell’organizzazione: amministrative, tecniche, giuridiche, finanziarie.

Una volta, pertanto, approvato il nuovo testo legislativo, ed entrato in vigore, sarà necessario, pure al di fuori del suo ambito propriamente detto, persino a prescindere dai contratti in cui certe modalità digitali risultino cogenti o meno, riconoscere che la principale necessità delle stazioni appaltanti, che, del resto, si ricollega alla qualificazione delle stazioni appaltanti stesse, stia nella mappatura dei processi per come essi analogicamente sono e per come dovrebbero essere.

Non a caso, anche nella sede della normativa volontaria, si pone l’esigenza, nei prossimi anni, di trasporre in norma una prassi di riferimento esistente che riguarda il sistema di gestione digitalizzato delle organizzazioni che operano nei settori della costruzione e dell’immobiliare.

Per fare ciò, paradossalmente, sarebbe opportuno traslare la digitalizzazione dei contratti pubblici, in primo luogo dei servizi di architettura e di ingegneria e dei lavori, entro un contesto più dilatato di digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche, che in parte fuoriesce dal campo dell’obbligo puntuale, sia che esso riguardi l’e-Procurement sia che investa l’Information Management.

Del resto, proprio la innovativa natura manualistica e multidisciplinare con cui è stato concepito il testo legislativo invita ad andare oltre la logica dell’obbligo ovvero del divieto, proprio perché fiducia e risultato vi sono intrinseci.

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici favorirà la trasformazione digitale?

In questo senso, il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici può sicuramente favorire la trasformazione digitale, ma la sua implementazione paradossalmente può dipendere pure da fattori a esso estranei: o meglio, da una azione maieutica, ma non astratta, che a fianco di esso si possa svolgere.

Qui, in verità, si può anche cogliere il fatto che la aggregazione e la riduzione del novero delle stazioni appaltanti, di là di criteri dimensionali e di indicatori prestazionali, si giochi fattualmente sulla oggettiva evoluzione culturale e operativa delle amministrazioni più consapevoli (si direbbe digitalmente più mature) che traguardino la gestione degli immobili e delle infrastrutture.

Tra l’altro, la delega di committenza ristretta all’affidamento dei contratti (dei singoli contratti) appare progressivamente riduttiva rispetto alla sua estensione alla loro esecuzione e, su un orizzonte temporale a oggi riservato a contesti internazionali, si profilano contratti attribuiti e gestiti esclusivamente sui dati, in assenza di documenti, che richiedono la presenza di un capitale umano che andrà formato e valorizzato sul lungo periodo.

Non è questo, ovviamente, l’orizzonte entro cui ci si possa oggi muovere, se non in via sperimentale, ma non si può altresì trascurare come il dato, affrancato dal documento, rappresenti la linea di tendenza ineludibile e, soprattutto, in che entità segni un ordinamento tecnico-giuridico che sarebbe da riscrivere in modalità leggibile dagli algoritmi.

Così come il focus passa alla gestione integrata, verticalmente e orizzontalmente, di un insieme di investimenti e di procedimenti, la loro programmazione si sposta nell’ambito geo-spaziale, abilitato da quello che abitualmente si definisce come 3D City Modelling: il che sta a dire che sulla modellazione dello stesso territorio si giocano, nella Rigenerazione Urbana, partite che coinvolgono più soggetti, pubblici e privati, molteplici esigenze, diverse basi di dati che permetteranno di comprendere meglio la coerenza dei programmi di investimento e delle politiche delle amministrazioni pubbliche, ma anche, come inizia già ad accadere, il coinvolgimento dei soggetti interessati e i loro sentimenti, per non dire dei loro comportamenti.

La priorità andrebbe, dunque, all’obiettivo di creare modelli, nel senso originario del termine, geo-spaziali del vissuto dei territori, nel senso dei contenitori, naturali e costruiti, e dei loro fruitori, entro cui promuovere politiche di salvaguardia e di sviluppo tramite gli investimenti in lavori pubblici e in opere pubbliche.

Il nuovo testo legislativo si propone naturalmente, utilizzando diverse declinazioni della digitalizzazione, di sollecitare il versante della domanda pubblica per stimolare successivamente quello della offerta privata.

L’intenzione è, perciò, quella di favorire la crescita di committenti e di gestori attrezzati che, sulla scorta delle loro esigenze e delle loro richieste, sempre più pressanti, costituiscano una formidabile leva per la maturazione, non solo evidentemente digitale, del mercato, ma, in prospettiva, il soggetto a cui indirizzare certi ragionamenti sulla potenzialità della digitalizzazione è dato, in prima istanza, dal mondo della finanza che abilita gli investitori e che si deve sempre più confrontare con criteri di valutazione finanziaria e non (quelli legati, appunto alla finanza sostenibile e ai criteri ESG).

In questa accezione, il vero obbligo alla digitalizzazione e alla sostenibilità può risiedere presso i soggetti finanziari, che lo ripercuotano sulle catene di fornitura del settore, direttamente o tramite intermediari.

Sotto questo profilo, la valutazione della affidabilità degli operatori economici del settore, da parte dei finanziatori e degli investitori, a iniziare dalle operazioni privatistiche, potrebbe includere nella stessa catena, domanda e offerta.
Non è un caso che il tema dell’informazione, nel Nuovo Codice, sia associato a quello del progetto, nell’ottica, Performance-Based, del risultato, si stia riconnettendo a quello del rischio.

Per questa ragione, nell’ambito della normativa nazionale volontaria, dell’UNI, dapprima, col rapporto tecnico UNI/TR 11337-2:2021, poi con l’imminente rapporto tecnico dedicato alle relazioni intercorrenti tra Information e Project Management e, infine, col futuro documento inerente alle relazioni di questi ultimi due col Risk Management, si cerca di fornire un quadro esaustivo.

Si può, quindi, immaginare che la transizione digitale per le stazioni appaltanti si articoli e si dipani con velocità e su piani differenziati.

Da una parte, sarà necessario svolgere un’azione di informazione e di disseminazione corretta che agevoli l’adozione di prassi corrette di una digitalizzazione elementare, che si chiami Management of the Projects, e-Procurement o Information Management (dello stesso Codice si è giustamente sottolineato il risvolto manualistico), che sostanzialmente efficienti le prassi tradizionali per una porzione maggiore delle stazioni appaltanti.

Da un altro canto, tuttavia, il percorso verso una digitalizzazione più avanzata non solo coinvolge alcune organizzazioni che ne abbiano maggiore esperienza, ma che, soprattutto, ragionino sulla natura degli investimenti pubblici e partenariali in maniera più olistica, per attuare davvero le grandi operazioni attese di Rigenerazione Urbana e di Infrastrutturazione Territoriale.

Si tratta di divisare una serie di sentieri della digitalizzazione che accompagnino non solo il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, ma anche il Nuovo Testo Unico dell’Edilizia e la rivisitazione di altri fondamentali disposti legislativi relativi alla Pianificazione Urbanistica e Territoriale.

Occorre, però, essere consapevoli che se attualmente il tema dell’appalto integrato può ancora suscitare notevoli controversie, per motivi comprensibili, ma anche evidenziare, nell’avversione a esso, limiti di cultura industriale del settore, le linee tendenziali del l’avvenire potrebbero essere ancor più problematiche: da un lato, metodologie predittive potrebbero portare a escludere a priori operatori economici dalle procedure competitive; da un altro lato, l’oggettivazione del quadro regolamentare, ma anche di quello esigenziale, potrebbe condurre a un riduzionismo eccessivo nella negoziazione e nella progettazione.

I sentieri di cui si ragiona sono accidentati sia perché ora sembrano poco praticabili e futuribili, ma anche perché, successivamente, potrebbero essere percorsi a-criticamente.

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