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Riqualificazione energetica green degli edifici: normativa europea ed italiana

L’efficienza energetica degli edifici rappresenta uno dei modi più efficaci dal punto di vista economico per rafforzare la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e ridurre le emissioni di gas a effetto serra e di altri inquinanti. Circa il 40% del consumo finale di energia è, infatti, assorbito da case, uffici pubblici e privati, negozi e altre categorie di edifici, buona parte del quale è di fatto imputabile al riscaldamento degli ambienti. Vediamo insieme alcune strategie per migliorare l’efficienza energetica del settore.

Efficienza energetica degli edifici: la prima direttiva europea sul tema risale al 1993

Il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici rappresentano una delle sfide più urgenti del nostro tempo. Il settore delle costruzioni, responsabile del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas serra, gioca un ruolo significativo in questo contesto. È evidente quindi che migliorare l'efficienza energetica degli edifici è una priorità ineludibile. L'Unione Europea si è posta all'avanguardia nella lotta per la sostenibilità con l'ambizioso Green Deal, che mira a rendere il nostro continente il primo a raggiungere emissioni zero entro il 2050, con un obiettivo intermedio di riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030.

L'Italia ha seguito le direttive europee implementando normative mirate a ridurre i consumi e migliorare le prestazioni energetiche degli edifici. Negli ultimi anni, sono stati introdotti incentivi fiscali come l'Ecobonus, il Sismabonus e, più recentemente, il Superbonus, al fine di incentivare il rinnovamento del patrimonio immobiliare italiano.

L'Europa ha iniziato ad affrontare la questione dell'efficienza energetica nell'edilizia con una serie di normative fin dal lontano 1993, con la direttiva 1993/76/CEE, conosciuta anche come SAVE, che mirava a ridurre le emissioni di biossido di carbonio. Tuttavia, è solo a partire dal 2002 che sono state introdotte diverse leggi comunitarie (Energy Performance of Buildings Directive, EPBD, I - II - III e EED), che stabiliscono obblighi e criteri prestazionali, facilitando la certificazione energetica degli edifici e promuovendo l'uso di fonti rinnovabili e la diversificazione delle fonti energetiche.

Questo ha segnato l'inizio di un cambiamento nel modo di progettare gli edifici, incoraggiando il recupero e il miglioramento dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente, verso edifici a basso consumo energetico alimentati da fonti di energia pulita come il fotovoltaico, l'agrivoltaico, il geotermico, l'eolico, l'idroelettrico e le biomasse.

 

(Crediti: iStock)

 

L'Italia, invece, aveva già anticipato questi sviluppi vent'anni prima. Già nel 1976, con la Legge 373/76, intitolata "Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici", furono introdotti criteri sull'isolamento termico degli edifici e sulla progettazione degli impianti termici. Successivamente, con la Legge 10/91, sono stati regolati, e in parte continuano a esserlo, gli aspetti progettuali e la gestione del sistema edificio/impianto. A partire poi dal Decreto Legislativo 192/2005, il nostro Paese ha iniziato a seguire la normativa europea, adattando i suoi contenuti alle esigenze nazionali.

La prima normativa italiana che affrontava il tema dell’efficienza energetica nell’edilizia è stata dunque la Legge 373/76. La crisi energetica del 1973 si generò a causa della guerra arabo-israeliana che causò l’interruzione del flusso di approvvigionamento di petrolio dai paesi dell’OPEC generando la crescita incontrollata del prezzo del greggio, che arrivò in molti casi a triplicarsi.

L’instabilità dei territori mediorientali, primi fornitori di materia prima energetica fossile, causò un enorme shock nel mondo industrializzato occidentale e portò ad una riflessione globale sulle fonti energetiche. In Italia, l’effetto principale a livello legislativo fu l’emanazione della prima normativa energetica italiana. La Legge 373/76 (G.U. 7 giugno 1976, n. 148: "Norme per la riduzione del consumo energetico negli edifici"), ora non più in vigore, insieme al suo regolamento di esecuzione, il D.P.R. 1052/77, stabiliva principalmente requisiti sull'isolamento termico degli edifici e normative riguardanti la progettazione degli impianti termici. La Legge 373/76 era strutturata in tre sezioni: la prima concernente gli impianti termici, la seconda relativa all'isolamento termico degli edifici e la terza dedicata alle sanzioni per le non conformità alla legge.

La Legge 9 gennaio 1991, n. 10, volta all'attuazione del Piano Energetico Nazionale riguardante l'uso razionale dell'energia, il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, rappresenta invece il primo quadro normativo che regola, in parte ancora oggi, le modalità di progettazione e gestione del sistema edificio/impianto.

L'applicazione di questa legge è stata dettagliata attraverso due successivi decreti: il DPR 412/93 e il DPR 551/99, che disciplinano vari calcoli, incluso quello del FEN (fabbisogno energetico normalizzato), facendo riferimento a diverse norme tecniche (UNI 5364, UNI 8065, UNI 9182, UNI CIG 7129, ecc.). Il DPR 26 agosto 1993 n. 412, noto come "Regolamento per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici per il contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'art. 4 della legge 9 gennaio 1991, n. 10", stabilisce la verifica del FEN basata sui Gradi Giorno della zona climatica e sul rapporto S/V. Questo decreto classifica l'Italia in sei zone climatiche da A a F, in base ai Gradi Giorno (GG), indipendentemente dalla posizione geografica.

Successivamente, con il decreto ministeriale del 13 dicembre 1993, sono stati introdotti i modelli standard per la compilazione della relazione energetica richiesta dall'articolo 28 della legge 9 gennaio 1991, n. 10 (ancora utilizzati tutt’oggi con il nome di Relazione Tecnica ex-legge 10), attestando la conformità alle prescrizioni per il contenimento dei consumi energetici degli edifici.

Nel 2005, recependo la direttiva europea 2002/91/CE, fu poi emanato il Decreto Legislativo 192/2005, che impone limiti al fabbisogno di energia primaria, espressi in kWh/mq/anno. Questo decreto rende più stringenti i requisiti per la redazione della relazione tecnica da presentare al comune, come richiesto dalla legge 10 del 1991, includendo i calcoli anche per il periodo estivo; questo segna l'inizio del concetto di edificio certificato dal punto di vista energetico. L'aspetto più significativo era l'obbligo di calcolare le dispersioni termiche, che dovevano essere limitate entro un certo valore massimo, mediante l'isolamento termico dell'involucro edilizio.

Il primo passo significativo invece a europeo, invece, risale alla Direttiva 93/76/CEE del 13 settembre 1993, intesa come norma tesa a limitare le emissioni di biossido di carbonio migliorando l’efficienza energetica (SAVE). La direttiva si proponeva di guidare le azioni degli Stati membri verso l’obiettivo di ridurre le emissioni di biossido di carbonio attraverso un potenziamento dell'efficienza energetica.

Questo obiettivo doveva essere perseguito tramite lo sviluppo e l'attuazione di programmi in diversi ambiti, come la certificazione energetica degli edifici, la fatturazione delle spese di riscaldamento, climatizzazione e acqua calda basata sul consumo effettivo, il finanziamento di investimenti in efficienza energetica nel settore pubblico tramite terze parti, l’isolamento termico dei nuovi edifici, il controllo periodico delle caldaie e le diagnosi energetiche per le imprese con un elevato consumo di energia.

 

Dagli anni 2000 arrivano provvedimenti sempre più dettagliati, con la novità della verifica delle prestazioni energetiche

Se questa Direttiva certamente metteva le basi di un programma a più lungo termine definendo fin da subito quali fossero gli obiettivi verso cui il continente doveva muoversi, è a partire dagli anni 2000 che l'Europa ha iniziato a giocare un ruolo sempre più fondamentale e centrale nell'impulso all'innovazione energetica e ambientale nel settore edilizio. A partire dal 2002, con l'emanazione di provvedimenti sempre più dettagliati, si è delineata una prospettiva di cambiamento nel campo delle costruzioni, considerata strategica nella lotta contro i cambiamenti climatici e per la riduzione dei costi energetici per le famiglie e le imprese, nonché per il miglioramento delle città.

Le evidenti conseguenze dei cambiamenti climatici, sottolineate globalmente dal Protocollo di Kyoto del 1997 (il primo accordo internazionale che impegna i paesi industrializzati a ridurre le emissioni di gas serra responsabili dell'innalzamento della temperatura del pianeta), hanno spinto l'Europa a promulgare una serie di direttive sull'efficienza energetica nel settore edilizio.

La Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico degli edifici può essere considerata l'inizio di un processo che ha sensibilizzato anche l'Italia sull'importanza del miglioramento degli standard nel settore edilizio per contribuire alla riduzione delle emissioni nocive per il clima.

Questa direttiva è stata recepita in Italia attraverso il Decreto Legislativo 192/2005, il quale stabilisce criteri, condizioni e modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici, promuovendo lo sviluppo e l'integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica.

Tra le novità introdotte vi sono le verifiche delle prestazioni energetiche, dei coefficienti di trasmissione termica e l'obbligo di utilizzare sistemi di schermatura esterna per mitigare gli effetti dell'irraggiamento solare durante i mesi estivi. Nel calcolo del rendimento energetico di un edificio, vengono ora considerati tutti i possibili consumi di energia: riscaldamento, raffreddamento, acqua calda sanitaria, ventilazione e illuminazione.

All’art.7, la direttiva obbligava gli Stati membri ad adottare, in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l’attestato di certificazione energetica (ACE), messo a disposizione del proprietario al futuro acquirente o locatario, con validità di dieci anni al massimo.
L’Italia con Decreto Legislativo 19/08/05 n. 192, modificato ed integrato con il D. lgs. n. 311/06, ha dato attuazione alla direttiva europea SAVE individuando i criteri per il miglioramento energetico degli edifici, sia di nuova costruzione che per quelli esistenti.

Con l'emanazione del DPR 50/09, in ritardo di tre anni rispetto ai tempi previsti, è stata definita la normativa riguardante l'efficienza energetica degli edifici, attuando la Direttiva Europea 2002/91. Tale testo stabilisce criteri, metodi di calcolo e requisiti minimi per l'efficienza energetica, confermando le norme già stabilite nell'allegato I del D. lgs. 192/2005. Tra le novità introdotte, c'è l'imposizione di un limite massimo per la prestazione energetica per il raffrescamento estivo dell'involucro edilizio, che deve essere inferiore a 40 kWh/m2 anno nelle zone climatiche A e B e 30 kWh/m2 anno nelle zone climatiche C, D, E e F.

Il tema della certificazione energetica è stato affrontato di nuovo con l'entrata in vigore del D. Lgs. 311/2006 il 2 febbraio 2007, recependo le Direttive e modificando parzialmente il D. Lgs. 192/2005. Questo decreto ha introdotto l'obbligo di certificazione energetica per gli edifici esistenti superiori a 1.000 mq a partire dal 1° luglio 2007, estendendolo a tutti gli edifici dal 1° luglio 2008 e alle singole unità immobiliari dal 1° luglio 2009 in caso di trasferimento di proprietà. Il Decreto Ministeriale del 26 giugno 2009 ha stabilito le Linee Guida Nazionali per la certificazione energetica degli edifici e ha fissato una durata massima di dieci anni per la validità dell'attestato ACE di certificazione energetica.
La nuova Direttiva 2010/31/UE sul rendimento energetico nell’edilizia, fu quella che mandò in pensione la Direttiva 2002/91/CE o EPBD e, per questo, è definita EPBD II “Recast”.

Questa Direttiva promuove il potenziamento delle prestazioni energetiche degli edifici, considerando le condizioni locali e climatiche esterne, nonché le prescrizioni riguardanti il clima interno e l'efficienza dal punto di vista dei costi. Il provvedimento definisce un approccio per il calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici, considerando le proprietà termiche dell'edificio, gli impianti di riscaldamento e acqua calda sanitaria, climatizzazione, ventilazione, illuminazione, progettazione, posizione e orientamento dell'edificio, sistemi solari passivi e protezione solare, condizioni climatiche interne e carichi interni.

Il calcolo delle prestazioni energetiche varia a seconda della tipologia di edificio. Per i nuovi edifici, viene posta particolare enfasi su tecnologie come sistemi di fornitura energetica decentralizzati basati su fonti rinnovabili, come cogenerazione, teleriscaldamento o teleraffrescamento, e pompe di calore.

La direttiva impone che, a partire dal 1° gennaio 2021, tutti i nuovi edifici siano "edifici a energia quasi zero" (NZEB), in cui il consumo energetico deve essere così basso o nullo da poter essere sostanzialmente coperto da fonti rinnovabili, inclusa quella generata in loco o nelle vicinanze. Inoltre, la Direttiva sottolinea l'importanza di promuovere l'efficienza energetica degli edifici attraverso incentivi che possono variare da paese a paese.

Il decreto legislativo 28/2011 attua la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'utilizzo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Grazie all'allegato 3, si è finalmente completato il quadro normativo riguardante gli obblighi di installazione di fonti rinnovabili per soddisfare i fabbisogni termici ed elettrici delle abitazioni.

 

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Nel proseguo, oltre a completare l'analisi sulle direttive riferite all'efficienza energetica, ci sarà un paragrafo specifico dedicato alla Direttiva Case Green.

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