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Ristrutturazione interna all'edificio: il confine tra opera modesta e trasformazione edilizia con permesso obbligato

Gli interventi che vanno ad alterare, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica dell'immobile e comportano l'inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia.

Realizzazione di un soppalco con ampliamento della superficie interna dell'immobile, di due tramezzature, dei servizi igienici, fusione di due unità immobiliari, cambio di destinazione d'uso da magazzino a commerciale, accorpamento di due unità abitative.

Basterebbe questo elenco per dare un'idea - abbastanza logica - del livello delle opere edilizie e del contestuale titolo abilitativo obbligatorio per assentirle, ma nella sentenza 9201/2023 del 24 ottobre il Consiglio di Stato lo specifica ugualmente, visto che il privato arriva sino a Palazzo Spada per far valere le proprie ragioni.

La ristrutturazione interna

Nel caso specifico, si dibatte su alcuni interventi edilizi non autorizzati consistenti in “fusione di unità immobiliari per mq 30.00, cambio di destinazione da C2 a C1, diversa distribuzione di spazi interni”.

Ne conseguiva “la immediata sospensione dei lavori e diffida di esecuzione di qualsiasi altra opera”, impugnata con ricorso principale e, poi, l’ordinanza di demolizione impugnata con motivi aggiunti.

L'ordine di demolizione viene emesso indipendentemente dalla responsabilità del proprietario sull'abuso

Il TAR confermava quanto statuito dal comune, ponendo in luce come la realizzazione del cambio di destinazione, della fusione dei due locali e dell'ampliamento della superficie utile attraverso la creazione di un soppalco senza alcun titolo, fosse stata ammessa dai ricorrenti, che l'avevano, però, ricollegata ad interventi posti in essere dai precedenti proprietari, effettuati anteriormente all'acquisto dell’immobile da parte loro, avvenuto nel 2000.

Una simile circostanza, però, non risultava in alcun modo idonea ad incidere sulla legittimità dell'ordine di demolizione che, in quanto misura volta a ripristinare la regolarità edilizia violata, ben può essere emesso anche nei confronti del proprietario dell’immobile, indipendentemente dalla sua responsabilità per l'abuso.

Opere modeste o ristrutturazione edilizia conclamata?

Arriviamo però al punto centrale della questione.

Gli appellanti contestano la qualificzione delle opere di ristrutturazione edilizia da parte di comune e TAR, sostenendo che le opere realizzate sono assai modeste e, pertanto, non in grado di trasformare la costruzione e di condurre ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso, come richiesto dall'art. 3, c. 1, lett d), DPR n. 380/2001 - Testo Unico Edilizia.

Nella specie, gli interventi contestati, a giudizio delle appellanti, non integrano né un insieme sistematico di opere, né tanto meno hanno condotto ad un organismo edilizio diverso da quello preesistente.

Non rientrando nel genus della “ristrutturazione edilizia”, l’intervento realizzato prescinderebbe dal previo rilascio del titolo autorizzativo del permesso di costruire e, pertanto, non potrebbe essere sanzionato con l'ordine di demolizione.

Non si può frammentare l'intervento edilizio

L'appello è respinto dal Consiglio di Stato, in quanto, per giurisprudenza consolidata, cfr. da ultimo Consiglio di Stato sez. VI, 21/02/2023, n. 1766: “In caso di abuso edilizio, onde valutare l'incidenza sull'assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, deve essere compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione atomistica di ciascun intervento non consente di comprenderne in modo adeguato l'impatto complessivo effettivo”.

Pertanto, non risulta corretta la prospettazione di parte appellante che propone di frammentare l'individuazione della disciplina giuridica da applicare ai plurimi interventi abusivi oggetto dell’ordinanza di demolizione.

Anche la ristrutturazione interna richiede il permesso di costruire

Quest’ultimi, come correttamente rilevato dal TAR, rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia.

Per giurisprudenza costante, infatti, in materia edilizia, gli interventi che vanno ad alterare, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica dell'immobile e comportano l'inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia (ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 13 ottobre 2022, n. 8751).

Inoltre, è stato ribadito più riprese come rientrino nell’ambito della ristrutturazione edilizia quell’insieme di opere, come nella fattispecie, che danno vita ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso: tuttavia, laddove il manufatto sia stato totalmente trasformato, con conseguente creazione non solo di un apprezzabile aumento volumetrico (in rapporto al volume complessivo dell'intero fabbricato), ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli della struttura originaria, l'intervento rientra nella nozione di nuova costruzione (cfr. da ultimo, Cons. St., Sez. VI, 21 giugno 2023, n. 6092).


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Allegati

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