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Sopraelevazione con demolizione di piano e modifica del tetto: le caratteristiche della ristrutturazione edilizia

La sopraelevazione del primo piano dell'immobile, previa demolizione del pre-esistente e con modifica del tetto, portato da due a tre falde, con la creazione di due lucernari/finestre, implica un intervento di ristrutturazione edilizia.

Oggi ci soffermiamo sulle caratteristiche e sulla qualificazione degli interventi di ristrutturazione edilizia che, ai sensi dell'art.3 lettera d) del Testo Unico Edilizia, possiedono determinate caratteristiche.

L'abuso edilizio per il quale si ricorre nella sentenza 8359/2023 del 15 settembre del Consiglio di Stato consiste nella sopraelevazione del primo piano dell'immobile, previa demolizione del pre-esistente e nella modifica del tetto, portato da due a tre falde, con la creazione di due lucernari/finestre di uno degli immobili in proprietà della parte appellante.

Dette opere risultano essere state realizzate in area classificata quale zona “A2.8” del P.R.G.C. – aree con carattere di pregio ambientale (L.R. 56/77 art. 24.2), inserita nella fascia di rispetto fluviale ex art. 142, comma 1, lettera c del D. Lgs. 42 del 22/01/2004”, inserita nella carta del P.A.I. IIIb2 “Aree edificate ed edificabili a determinate condizioni dopo la realizzazione di interventi di riassetto territoriale”… “in assenza dei quali sono consentiti manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativoristrutturazione senza aumento di superficie e di volume, ampliamenti per adeguamento igienico-funzionale, costruzione di box e locali tecnici non interrati”.

Per questi motivi, il comune aveva ordinato la demolizione delle opere edilizie abusive, suffragato poi dal TAR Piemonte.

Le caratteristiche dell'opera

Palazzo Spada evidenzia che, quanto alla consistenza degli interventi, può ritenersi processualmente provato che la parte ricorrente abbia proceduto alla demolizione del primo piano dell'immobile, successivamente ricostruito con rifacimento delle murature esterne, nonché alla modifica del tetto, portato da due falde a tre, con apertura di due lucernari.

Lo stesso immobile, inoltre, presenta, ora, un'altezza difforme, in aumento, da quella originaria.

In particolare, il primo piano dell'immobile è stato ricostruito non in muratura, come in origine, ma in conglomerato cementizio semplice ed armato e a struttura metallica, come si può evincere dai reperti fotografici.

La qualificazione dell'intervento edilizio

Si tratta quindi di 'qualificare' l'intervento, e Palazzo Spada non ha dubbi che si tratti di ristrutturazione edilizia di cui all'art.3 lett. d) del dpr 380/2001, avendo l’intervento, tra l’altro “sostituito alcuni elementi costitutivi dell’edificio originario e inserito nuovi elementi, dopo aver demolito e ricostruito quest’ultimo”, secondo le definizioni contenute nella disposizione citata.

In area vincolata il cerchio si restringe ulteriormente

Il Consiglio di Stato va comunque oltre perché - considerando che l'area dove è stato realizzato è situata nel pieno centro storico e rientra nella fascia di rispetto fluviale, e considerando la modifica del numero di falde del tetto, l'apertura di finestre e l'innalzamento dell'altezza dell'edificio - il ridetto intervento di ristrutturazione era da ritenersi non ammissibile, alla luce di quanto previsto dall'ultima parte della lett. d) dell'art.3 citato, in quanto modificava sagoma e prospetti dell'immobile.

Così recita infatti l'art.3 lett.d) ultimo periodo:

Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria.

A tutto ciò va aggiunto infine che, per realizzare l’intervento, completamente privo di titolo, ovviamente non era stato neppure acquisito il parere ambientale dell’autorità preposta alla tutela della fascia di rispetto dal fiume e che comunque, trattandosi di interventi su immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 42/2004 e smi, in particolare ex comma 4 dell’art.167 gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti erano assentibili soltanto ove rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente. Circostanza che, nel caso di specie, non ricorreva.

Intervento in contrasto con le norme del PRG

In ogni caso, se non bastasse, si evidenzia come questo intervento fosse in contrasto con le norme di PRG che, nella zona di piano A2.8 quale quella in esame, non ammettono gli interventi di ristrutturazione edilizia definiti di tipo B dalle NTA, ossia il “rifacimento e nuova formazione delle finiture con conservazione e valorizzazione degli elementi di pregio; il consolidamento, sostituzione e integrazione degli elementi strutturali con tecniche appropriate.”

Sempre tra le opere di ristrutturazione di tipo B è ricompreso anche il “rifacimento di parte dei muri perimetrali portanti purché ne sia mantenuto il posizionamento” (art. 5.4.B delle N.T.A.)

Di conseguenza, nell'area in questione le norme di piano comunque non ammettono sopraelevazioni e quindi si tratta di abuso edilizio, per il quale correttamente il comune ha ingiunto la demolizione.


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Allegati

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