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Sanatoria, doppia conformità nel Testo Unico Edilizia e opere di urbanizzazione primaria: i collegamenti

Non può esserci doppia conformità e quindi permesso di costruire in sanatoria ex art.36 del Testo Unico edilizia se le opere di urbanizzazione necessarie non sussistevano al momento della realizzazione dell'abuso, come non erano presenti neppure al momento della presentazione della domanda di sanatoria.

In quali casi la sanatoria 'postuma' (cioè la sanatoria ex articolo 36 del Testo Unico Edilizia, cd. doppia conformità o accertamento di conformità) non è possibile per l'illegittimità urbanistica originaria del manufatto realizzato?

L'accertamento di conformità per il manufatto abusivo

Un bel riassunto delle regole sulla sanatoria ordinaria (da non confondere con quella straordinaria dei tre condoni edilizi) è contenuta nella sentenza 8485/2023 del 22 settembre del Consiglio di Stato, riferita al caso della richiesta - respinta da comune e TAR competente - per la sanatoria di un manufatto composto da piano terra da adibire a palestra, primo piano destinato parzialmente ad abitazione del custode e parzialmente a ufficio pertinente alla palestra, realizzato su un fondo di proprietà.

La questione delle opere di urbanizzazione primaria e la doppia conformità mancante

Per ottenere la sanatoria, si presentava quindi un'istanza ex art.36 dpr 380/2001 (accertamento di conformità) per ottenere il cd. permesso di costruire in sanatoria, negato dal comune per "insufficienza delle opere di urbanizzazione primaria".

Il TAR Campania ha poi ritenuto che le opere di urbanizzazione primaria non fossero sufficienti e che gli appellanti non potessero valorizzare - al fine di sostenere la preesistenza nel luogo ove si trova il manufatto delle opere di urbanizzazione -, l’esistenza di una strada privata, trattandosi di infrastruttura a sua volta abusiva, già acquisita al patrimonio Comunale e rientrante in un programma di demolizione.

Ad avviso del giudice di primo grado, quindi, non vi sarebbe alcuna prova dell’esistenza di una rete viaria legittima ed ulteriore rispetto alla strada ove sorge lo stesso fabbricato da sanare e, più in generale, dello stato di urbanizzazione esistente nella zona interessata dall’edificazione.

In pratica, l’istanza era sprovvista di un progetto avente ad oggetto la realizzazione degli interventi di urbanizzazione primaria necessari.

Di conseguenza, il diniego di sanatoria costituiva atto dovuto, stante l'assenza del requisito della doppia conformità richiesto dall'art 36 dpr 380/01.

Il ricorso

Per gli appellanti, invece, la strada abusiva ed i relativi sottoservizi presenti in loco, benché acquisiti al patrimonio comunale da oltre un decennio, non sono mai stati oggetto di demolizione, e pertanto avrebbero dovuto essere presi in considerazione dall’amministrazione comunale al fine di valutare la sufficienza delle opere di urbanizzazione primaria: insomma, sarebbe irragionevole che un'amministrazione comunale procedesse alla demolizione di opere di urbanizzazione primaria, ancorché abusivamente realizzate ed acquisite al patrimonio comunale, per poi successivamente demolirle ed in ultimo a ricostruirle nuovamente, con un enorme dispendio di denaro pubblico.

A rinforzo, gli appellanti evidenziano che la società richiedente aveva allegato all’istanza di permesso di costruire in sanatoria uno schema di convenzione con la quale si impegnava a realizzare le opere di urbanizzazione prescritte dall'Amministrazione, sicché la sentenza impugnata sarebbe erronea anche nella parte in cui afferma che “mancherebbe un adeguato impegno da parte dei ricorrenti a realizzare direttamente gli interventi di urbanizzazione primaria necessari”.

Le prove dell'urbanizzazione primaria non ci sono

Palazzo Spada respinge il ricorso partendo dalla documentazione prodotta dagli appellanti, che non appare sufficiente a provare che l’area in questione fosse caratterizzata, al momento della realizzazione del fabbricato abusivo, da un sufficiente stato di urbanizzazione.

Nell'area in questione, infatti, nel caso di realizzazione di attrezzature ed impianti ad opera di privati, i proprietari devono realizzare e cedere al Comune a titolo gratuito le aree relative alle urbanizzazioni primarie.

Secondo il Consiglio di Stato, a detto fine deve ritenersi irrilevante la presenza della strada abusiva indicata da parte appellante, posto che la stessa è già oggetto di un progetto di demolizione da parte del Comune, che non può certo essere modificato per l’esigenza di sanare un manufatto a sua volta abusivo: la strada in questione, pertanto, non può essere tenuta in considerazione e parte appellante, inoltre, non ha dimostrato l’esistenza di ulteriori infrastrutture idonee.

Il progetto mancante

Inoltre, come correttamente evidenziato dal TAR, manca un serio e dettagliato progetto presentato da parte dei ricorrenti e diretto a realizzare direttamente gli interventi di urbanizzazione primaria necessari, per poi cederli al Comune.

A tal fine, infatti, è necessario che la parte richiedente presenti, in sede di domanda di permesso di costruite, un progetto esecutivo delle opere necessarie, mentre nel caso di specie parte appellante si è limitata a produrre uno schema di convenzione senza specificare quali siano le opere da realizzarsi nel concreto.

Abusi edilizi, non si scappa: l'unica sanatoria possibile richiede la doppia conformità

Cassazione: la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del Testo Unico Edilizia può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 dello stesso dpr 380/2001.


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Ma anche col progetto, sarebbe mancata la doppia conformità...

In ogni caso - ed è un aspetto interessante della sentenza - anche ammesso che ci fosse stato un progetto, esso non sarebbe stato sufficiente ai fini della dimostrazione della doppia conformità richiesta dall'art. 36 del Testo Unico Edilizia, in quanto è certo che le opere di urbanizzazione necessarie non sussistevano al momento di realizzazione dell'abuso, come non lo erano ancora al momento della presentazione della domanda di sanatoria, sicchè la sanatoria postuma non sarebbe stata possibile proprio per l'illegittimità urbanistica originaria del manufatto realizzato.

Del resto le NTA prescrivono di realizzare e gestire gli impianti sportivi “mediante concessioni temporanee rinnovabili”; pertanto la conformità urbanistica al momento della realizzazione dell'abuso richiedeva non solo l’esistenza delle opere di urbanizzazione, ma anche di una apposita convenzione con l’amministrazione, che ovviamente nel caso di specie non è stata stipulata, venendo in considerazione un fabbricato totalmente abusivo ed avendo l'accertamento di conformità oggetto limitato all'assenza di titolo edilizio nel caso di conformità originaria e attuale del realizzato alle prescrizioni urbanistiche.

Le caratteristiche amministrative dell'accertamento di conformità

Infine, Palazzo Spada sottolinea che il procedimento per la verifica di conformità ex art. 36 dpr 380/2001 sfocia in un provvedimento di carattere assolutamente vincolato, il quale non necessita di altra motivazione oltre a quella relativa alla corrispondenza (o meno) dell'opera abusiva alle prescrizioni urbanistico-edilizie vigenti sia all'epoca di realizzazione dell'abuso sia a quella di presentazione dell'istanza ex art. 36 dpr 380/2001 (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 14/03/2023, n.2660).

Nel caso di specie, dunque, il rigetto dell'istanza costituiva un atto dovuto alla luce dell'assenza delle opere di urbanizzazione primaria, che rendeva il fabbricato non conforme rispetto alla normativa vigente nei due indicati momenti.


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Allegati

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