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Tetto piano in legno… si, ma solo se

L’incrocio fra la tendenza architettonica attuale di realizzare tetti piani anche in zone umide e piovose e la crescente diffusione dell’uso del legno strutturale ha determinato un corto circuito da non sottovalutare perché potrebbe rivelarsi… pericoloso.
Ecco perchè diventa importante fare attenzione ad alcuni aspetti progettuali.

Ad ogni clima il suo tetto

Un aspetto che caratterizza lo skyline delle diverse regioni italiane e che ne denuncia, implicitamente, la tipologia del clima meteorologico è, sicuramente, la forma del tetto e della copertura delle case.

Laddove il clima è più piovoso, dove è frequente la neve, dove l’aria è più umida, le case sono coperte da tetti a falde inclinate, la cui inclinazione è anch’essa determinata proprio dalle peculiarità delle precipitazioni della zona o dall’orientamento solare.

In questi climi l’inclinazione delle falde del tetto è incaricata di svolgere compiti essenziali che riguardano la protezione dell’edificio dagli eventi meteorologici che investono la copertura e dall’umidità del clima. I compiti più importanti possono essere così sintetizzati:

  • l’allontanamento, il più rapidamente possibile, dell’acqua piovana. In tal modo non si dà alla pioggia né il tempo né il modo di accumularsi per poi penetrare all’interno della stratigrafia;
  • lo smaltimento, ragionevolmente rapido, della coltre nevosa che si deposita in copertura. La pendenza, complice il vento e il primo sole, induce la neve a scivolare verso valle alleggerendo così l’impegno della struttura portante. Le falde presentano pendenze tali da indurre lo scivolamento a valle ma anche tali da evitare che la coltre nevosa precipiti troppo velocemente e rovinosamente a terra. Sulle falde vengono, appositamente, installati sistemi di ritegno temporaneo della neve;
  • la ventilazione del tetto, che è una pratica antica anche se riscoperta di recente, che consente l’allontanamento dell’umidità dalla superficie esterna che rimane, pertanto, asciutta.

Nelle zone più calde e poco piovose, sia nella nostra penisola che nell’interno bacino mediterraneo, le case sono caratterizzate da coperture piane… che diventano terrazze e altane sulle quali trascorrere, come da film, festosamente le serate con gli amici…

La conformazione a copertura piana discende proprio dall’esiguità della piovosità e dalla subitanea comparsa del sole che permette una rapida evaporazione della superficie. Essendo zone poco umide non si rende necessario ventilare la copertura che si presenta, come le facciate, di colore bianco per limitare il surriscaldamento della superficie investita dal sole. Il ricorso, frequente, ai tendaggi, determina un utile ombreggiamento del forte irraggiamento solare.

In termini strutturali le coperture a tetto con falde erano realizzate con struttura lignea (fatta salva la seconda metà del secolo scorso in cui ha imperato il solaio in latero-cemento) mentre le coperture piane erano perlopiù strutture massicce e pesanti, necessarie per attutire l’energia dell’insolazione.


Il tetto piano diventa internazionale

Il Movimento Moderno, caratterizzato dall’estrema pulizia formale e dall’uso estensivo del concetto morfologico dell’angolo retto, ha introdotto, a livello internazionale, la copertura piana sia come elemento di riconoscibilità “stilistica” sia come soluzione tecnica conforme ai postulati teorici.

L’internazionalità dello stile ha significato una distribuzione della medesima soluzione formale in tutto il pianeta e in tutte le località indipendentemente dal fattore climatico, storico o paesaggistico del singolo sito. Si è così venuta a determinare una modifica della tradizione locale delle coperture.

Recentemente la purezza delle linee appartenenti a determinate espressioni storiche del Movimento Moderno quali il Bauhaus o ad esperienze “estreme” come la Farnsworth House di Mies van der Rohe o la Glass House di Philippe Johnson, è stata riscoperta, ripresa e utilizzata come riferimento culturale per la nuova architettura che si è sviluppata e diffusa in Europa e in Italia.


Attenzione incrocio pericoloso!

Questa nuova architettura prevede, nella maggior parte dei casi, una copertura piana e l’uso, soprattutto in quanto ecologico, del legno nella struttura portante. Era inevitabile che le due tendenze venissero, prima o poi, ad incrociarsi. Ma questo incrocio, fra la tendenza architettonica attuale di coperture piane, anche in zone umide e piovose, e la crescente diffusione dell’uso del legno strutturale, ha determinato un corto circuito da non sottovalutare perché potrebbe rivelarsi… pericoloso.

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Diciamolo chiaramente: una casa in legno ha pareti “leggere”. Ma, altrettanto chiaramente, dobbiamo dire che una casa in legno non è, per definizione, inadatta per i climi mediterranei ma, se ben progettata (come tutte le case, del resto), si adatta benissimo anche ai climi mediterranei.

Vediamo di capire perché.

Il legno è un materiale di origine naturale che, se esposto a determinate condizioni di umidità, tende a subire un degrado biologico. E di questa sua natura è necessario tenerne conto in sede di progettazione.

Sintetizzando si può dire che si rende necessario prendere queste minime precauzioni:

  • evitare che il legno venga a contatto con un ristagno d’acqua
  • permettere sempre e in qualsiasi punto una buona ventilazione in modo da mantenere una condizione di umidità del legno sotto il 20%, perché sopra questo limite può iniziare a manifestarsi un pericoloso attacco fungino
  • evitare che si instaurino fenomeni di condensazione interstiziale nelle stratigrafie strutturali, specie nei solai intermedi e di copertura;
  • evitare la formazione di ghiaccio superficiale;
  • evitare la formazione di condensa superficiale interna o esterna
  • evitare che l’umidità degli ambienti in cui è presente un elemento strutturale il legno sia così elevata da determinare la condizione di una sua umidità interna maggiore del 20%
  • gestire correttamente la neve. Infatti, l’accumulo della neve impedisce la ventilazione delle superfici di legno su cui si è depositata, poi, una volta sciolta e trasformata in acqua, essa può determinare un ristagno che può portare a pericolose infiltrazioni verso parti della struttura considerate, in condizione normale, abbastanza protette;
  • ricordare che il legno, essendo di origine naturale, è un materiale soggetto a modificazioni volumetriche come dilatazioni, allungamenti, accorciamenti, torsioni, che possono quindi determinare cavillature se non vere e proprie fessurazioni locali.

Come è immediatamente intuibile, le situazioni di “pericolo” appena elencate ce le ritroviamo, tutte nessuna esclusa, proprio nella progettazione e nella realizzazione di una copertura piana con struttura lignea. E vedremo che i problemi che si presentano sono così severi e complicati da risolvere e che le conseguenze sono così cariche di pericoli da giustificare il consiglio, indubbiamente tranchant che viene dato: evitare, possibilmente, di realizzare tetti piani in legno!

Se invece non è proprio possibile evitarlo, allora progettiamolo bene.

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Progettazione step by step

Prendiamo in considerazione la stratigrafia più semplice: assito in legno, che rappresenta la struttura portante, e il pannello di isolamento termico.

La prima cosa che ci viene spontaneo prevedere è la protezione della superficie del pannello isolante dalla pioggia, una protezione che eviti anche l’infiltrazione dell’acqua meteorica nel pacchetto e che sia realizzata in modo tale da far defluire utilmente l’acqua per evitare il suo ristagno.

La soluzione si presenta sotto forma di una guaina impermeabile, ben montata con i necessari sormonti fra i fogli e ben risvoltata sulle pareti perimetrali per evitare infiltrazioni da fiancheggiamento.

L’assito o il pannello coibente devono, a loro volta, garantire una pendenza della superficie pari al 2-3% per smaltire e allontanare, il più rapidamente possibile, l’acqua.

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La guaina impermeabile applicata sul pacchetto si trasforma, ben presto e contemporaneamente, da soluzione, perché ci garantisce la necessaria tenuta all’acqua, in problema, perché impedisce al vapore di fuoriuscire.

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