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Tra Sostenibilità e integrazione sociale: riflessioni sul riscatto delle periferie

Esplorate con noi l'urgente necessità di rinnovamento delle periferie urbane, dove sostenibilità e integrazione sociale si intrecciano per il riscatto di queste zone trascurate. Save the Children evidenzia l'importanza di un ambiente stimolante per i giovani, mentre le statistiche dell'Istat mostrano una realtà di povertà e difficoltà. Scoprite come un approccio olistico potrebbe portare a una trasformazione duratura, garantendo alle periferie un futuro sostenibile e integrato.

Il recente rapporto di Save the Children riporta all’attenzione un tema, quella del degrado e dell’abbandono delle periferie di molte città metropolitane italiane.

Assumere il punto di vista dei bambini e della loro emarginazione sociale e culturale chiama in causa direttamente tutti coloro che si occupano di territori urbani. E un'analisi seria dovrebbe partire dalla consapevolezza che in questi luoghi si concentra l'emarginazione e si creano le condizioni per sviluppare criminalità e disillusione, dove dolore o senso di abbandono e rabbia diventano due facce della stressa medaglia.

I numeri del rapporto ci dicono che migliaia di ragazzi vivono contesti privi di bellezza e di quegli stimoli necessari ad assicurare possibilità concrete di realizzazione come persone in un contesto sociale che potremmo definire normale. E se colleghiamo i dati di Save the Children a quelli forniti qualche giorno prima dall'Istat, che stima in oltre 2 milioni le famiglie in povertà e che oltre un 30% del totale fanno fatica ad arrivare a fine mese, la fotografia che abbiamo di fronte è drammatica. Ed è evidente che nelle periferie degradate delle città si concentrano quindi non soltanto giovani emarginati, ma anche giovani poveri.

Sono molte le riflessioni che ne derivano.

Ad iniziare dalla constatazione certo ovvia, ma visto che ben poco si è fatto e si sta facendo, che questo risultato è il prodotto di una sottovalutazione costante del problema, del fallimento di tanti progetti, di una visione politica miope e priva di coraggio.

Negli ultimi 20 anni la rigenerazione urbana e la riqualificazione delle periferie sono state spesso al centro di dibattiti, di proposte, di progetti.

Da alcuni anni l'interesse è scemato. Riprenderlo oggi provando a partire da questi numeri e guardando al futuro delle nuove generazioni ci offre una nuova occasione.

Ma è essenziale condividere un diverso approccio e soprattutto affrontare la questione in modo olistico. Credo che se noi assumessimo come riferimento la logica degli ESG, ovvero integrando fortemente la questione ambientale in senso lato - ovvero condizioni di vita in un contesto non solo dignitoso ma pensato per uno sviluppo economico e sociale nel rispetto degli obiettivi di sostenibilità; il sociale - ovvero mettendo al centro un sistema di relazioni basate sul rispetto reciproco e sul dialogo, accompagnandolo con un forte investimento in cultura e in educazione; un modello di Governance basato su una ampia partecipazione alle scelte territoriali di chi vi vive, valorizzando realtà locali sia economiche che di impegno sociale; potremmo provare a condividere una visione virtuosa, proiettata nel futuro, ma fortemente radicata nel presente.

Queste iniziali riflessioni di carattere generale costituiscono il contesto in cui inserire ulteriori considerazioni relative all’ambiente e agli spazi che caratterizzano le periferie, dove prevale da sempre la logica di aree impersonali e incapaci di essere fattore di identità, con la conseguenza di favorire l’affermazione di immagini negative.

Nelle periferie, così come nelle borgate storiche non vi sono cinema, né teatri, né biblioteche, né centri in cui ritrovarsi.

Come modificare e invertire questo stato di cose? Come intervenire sull’attuale conformazione spaziale? Come aprire le periferie all’integrazione? Come ricostruire connessioni e collegamenti con il resto della città, in maniera non episodica e improvvisata, ma con un progetto organico?

Si deve scegliere se procedere per “rattoppi”, per micro interventi, come suggerito qualche anno fa da Renzo Piano, e continuare a delegare l'assistenza e l'attenzione ai problemi socio economici a forme di volontariato o a risorse pubbliche residuali, oppure decidere di intervenire anche con modalità più radicali, superando la storica idiosincrasia tutta italiana verso la demolizione e ricostruzione.

Seguendo questa strada sarebbe possibile ricreare contesti diversi, seguendo il metodo dell’urbanistica partecipata, dell’ascolto e del confronto, mettendo in campo risorse culturali e relazioni innovative. Una concezione ampia e continuativa dello Stakeholder engagement potrebbe essere un riferimento metodologico a cui ricorrere per ogni intervento sul territorio, sin dalla pianificazione per poi calarlo nelle diverse fasi della progettazione, della realizzazione, fino alla gestione delle opere una volta messe a disposizione dei cittadini.

Sono convinto che dobbiamo concepire le periferie come delle micro città, degli ambiti urbani con una loro autonomia spaziale e relazionale che deve integrarsi con il resto della città e dell'area metropolitana sotto i diversi aspetti dell'economia e dei trasporti, ma anche in termini di pensiero e di scambio culturale, creando strumenti stabili e occasioni sistemiche.

E’ evidente che un approccio di questo tipo richiede modelli di gestione amministrativa e quindi di governance nuovi. Penso a Roma, dove vivo, alla incapacità di arrivare a una decisione auspicata e discussa da decenni di dare autonomia comunale alle circoscrizioni, in alcune delle quali vivono anche più di 150 mila persone.  E ognuna ha caratteristiche territoriali, ambientali differenti, con potenzialità di crescita e di miglioramento della qualità della vita che vengono tarpate da un sistema amministrativo arcaico e inefficiente. Micro ecosistemi urbani progettati e realizzati secondo i nuovi paradigmi della sostenibilità e della connessione digitale, favorendo anche forme di autogoverno e di democrazia partecipata in cui innestare modelli di integrazione sociale spinta favorita da una nuova offerta di qualità della vita e di servizi.

Anche guardando alle tante e diverse esperienze internazionali, che troppo spesso restano sulla carta o sui web, senza diventare occasione concreta di applicazione.

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