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Abusi edilizi: quando scatta la demolizione per tettoie, soppalco e pensilina senza permesso

Se le opere edilizie realizzate, attraverso numerosi interventi, di non ridotte dimensioni e comportanti un significativo aumento di superficie e di volumetria, danno luogo ad una rilevante trasformazione dell’immobile, sono abusive senza permesso di costruire e quindi soggette alla sanzione della demolizione.

Non c'è niente da fare: la realizzazione di varie opere abusive e, in particolare, di 2 tettoie (mq 4), di un locale ripostiglio/lavanderia, di una pensilina in legno e tegole, di un soppalco con struttura di sostegno in legno adibito a deposito e la realizzazione di un servizio igienico laddove era previsto un ripostiglio, muratura in pietra calcarea all’esterno, recupero abitativo del sottotetto, con mutamento della destinazione precedente, trasformazione di un vano balcone in finestra, in difetto di titolo abilitativo, vanno demolite.

Lo ha precisato il Tar Napoli nella sentenza 1188/2024 dello scorso 20 febbraio, interessante perché 'tratta'' di alcuni interventi edilizi che possono sembrare 'a basso impatto' ma che, invece, mutano la situazione edilizia preesistente e peraltro sono realizzati in zona abusiva, dove come sappiamo, a prescindere dal titolo abilitativo, l'illecito edilizio si demolisce.

 

Il ricorso

Il ricorrente contesta la sussistenza dei presupposti di legge per l'esercizio del potere sanzionatorio di cui al provvedimento di demolizione impugnato, asserendo di aver legittimamente eseguito lavori di ristrutturazione, assentiti in virtù dell’autorizzazione edilizia del 1995 e che, in ogni caso, le opere contestate non implicherebbero incrementi di volumetria, per cui sarebbe stata erroneamente applicata la sanzione demolitoria in luogo di quella meramente pecuniaria.

 

Abusi edilizi conclamati: ecco perché

Il TAR evidenzia che le opere, nel loro complesso realizzate, non trovano copertura nel titolo autorizzativo cui intende riferirsi il ricorrente, atteso che autorizzazione edilizia del 1995 faceva salvi volume e superficie dell’opera e implicava, in ogni caso, che non vi fosse alcuna modifica della destinazione d’uso.

Nella predetta autorizzazione si legge espressamente che “i lavori consistono in:

  • realizzazione di solaietti d’isolamento del terrapieno a piano terra per risolvere il problema dell’umidità;
  • riparazione del solaio e delle murature del bagno pensile;
  • riparazione della scala sul lato nord e del balcone collegato;
  • consolidamento delle volte estradossate;
  • impermeabilizzazione e messa in opera di tegole alla napoletana sul tetto a falda inclinata demolizione del solaietto di controsoffitto alle volte dei due vani sul lato nord;
  • rifacimento degli intonaci degradati interni e esterni;
  • rifacimento degli impianti idrico ed elettrico;
  • messa in opera dei pavimenti;
  • riparazione/rifacimento degli infissi in legno;
  • tinteggiatura interna ed esterna".

A tanto va anche aggiunto che l’art. 26 della L.R. n. 35/87, richiamato dall’ordinanza impugnata, stabilisce che “È consentito l'uso di solai in cemento armato, ferro o misti, in sostituzione di preesistenti solai in legno e mai in sostituzione di archi e volte in muratura”.

Ma nella realà, le opere realizzate, attraverso numerosi interventi, di non ridotte dimensioni e comportanti un significativo aumento di superficie e di volumetria, risultano aver dato luogo ad una rilevante trasformazione dell’immobile, implicanti anche la realizzazione di solai in luogo delle volte, in violazione della sopra richiamata disposizione della legge regionale n. 35/87 oltre che in assenza di permesso di costruire ex art.10 DPR n.380/2001, dell'autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. 42/04 e del deposito dei calcoli strutturali presso il competente Ufficio sismico comunale.

 

Abusi edilizi in zona vincolata: demolizione inevitabile, non è ammesso frazionare gli interventi

In caso di abuso edilizio, specie se in zona vincolata, non è possibile scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni.


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No alla sanzione pecuniaria alternativa: in zona vincolata si demolisce di default

In questo caso, osserva il TAR, non può neppure applicarsi la cd. fiscalizzazione dell'abuso, cioè tramutare la sanzione demolitoria in pecuniaria.

Ciò in primis in quanto le opere sono state realizzate senza titolo in zona  A1 “di particolare interesse storico ed artistico” e comportanti anche modifiche prospettiche (tra cui, in particolare, rileva la demolizione di soffitti voltati e realizzazione di solai piani in latero-cemento),

Queste opere sono state quindi considerate del tutto correttamente in un contesto unitario, atteso che, al contrario, una visione atomistica che prendesse a riferimento separatamente ogni singolo intervento si sarebbe rivelata parziale e quindi incompleta.

In tal modo, tali opere sono state plausibilmente ritenute idonee a determinare un mutamento del contesto edilizio e paesaggistico di significativa rilevanza, tenuto conto della loro oggettiva consistenza e dell’intorno in cui si colloca la loro edificazione.

In aggiunta, e infine, si ricorda che nelle zone assoggettate, come nella specie, a vincolo paesaggistico, a prescindere dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l'intervento edilizio (DIA/SCIA o permesso di costruire), ciò che rileva è il fatto che lo stesso è stato posto in essere in assoluta carenza di titolo abilitativo e, pertanto, ai sensi dell'art. 27 comma 2 del DPR 380/2001 (ovvero ai sensi dell'art. 31 dpr 380/2001) deve farsi applicazione della sanzione demolitoria.


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Allegati

Abuso Edilizio

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