Abusi edilizi in zona vincolata? Senza titolo abilitativo si demolisce: le regole del Testo Unico Edilizia
Per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio in aree paesaggisticamente vincolate vige un principio di indifferenza del titolo necessario all'esecuzione degli interventi, configurandosi legittima la demolizione in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio (SCIA o permesso di costruire) ritenuto più idoneo e corretto.
Ci sono precise regole che bisogna osservare per realizzare delle opere edilizie, per di più in zona vincolata.
La sentenza 740/2024 dello scorso 29 gennaio del Tar Napoli contiene una serie di indicazioni interessanti in materia di normativa urbanistica, da ricordare nel caso si vogliano effettuare dei lavori edilizi.
Gli abusi edilizi del contendere
Si discute dell'ordinanza di demolizione, impartita da un comune, per opere consistenti in “un fabbricato al piano terra, costituito da pilastri e travi in ferro, solaio di copertura con pannelli coibentati, pavimentazione con massetto tipo industriale, chiusura perimetrale (sui lati sud ed est) costituita da muratura in conglomerato cementizio di altezza m. 1,80 sormontata da pannelli coibentati fino al raggiungimento di un'altezza totale di m. 6,30; installazione di pannelli verticali a chiusura del lato nord. Su tutti i varchi di accesso (lato ovest) sono stati installati tendoni avvolgibili con funzione di chiusura degli ingressi. Il corpo di fabbrica occupa una superficie di mq. 380,00 circa, ed un volume di mc. 2.331,00 circa. La superficie esterna antistante, di mq. 806 circa, è stata pavimentata in conglomerato bituminoso; detta area è stata recintata con un muro in conglomerato cementizio dell'altezza di m. 1,80 circa, sormontato da pannelli metallici tipo orsogrill alti m. 2,00 circa. In detta area è stata installata una pesa per autocarri.”.
L'abuso edilizio va valutato nel suo complesso
Prima di tutto, il Tar Napoli - al quale si è rivolto il proprietario dell'edificio sopracitato, e secondo cui siamo in presenza di opere che non necessitavano del permesso di costruire - ricorda che l'abuso edilizio va valutato complessivamente e non esaminando singolarmente gli interventi realizzati: “la valutazione degli abusi edilizi e/o paesaggistici richiede una visione complessiva e non atomistica delle opere eseguite, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio o al paesaggio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall'insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesistico e nelle reciproche interazioni”.
In zona vincolata SCIA o permesso cambia poco: senza titolo si demolisce
Tra l'altro, anche a voler considerare autonomamente la realizzazione delle singole opere, deve rilevarsi che con riferimento alla asserita natura pertinenziale degli interventi, anche supponendo che fossero assogettate al regime della SCIA “risulterebbe comunque appropriata la comminatoria della sanzione demolitoria, atteso che l’art. 27, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 non distingue tra opere per cui è necessario il permesso di costruire e quelle per cui sarebbe sufficiente la mera SCIA, imponendo, viceversa, di adottare un provvedimento di demolizione per tutte le opere che siano state realizzate senza titolo in aree sottoposte a vincolo paesaggistico. Difatti, per le opere abusive eseguite in assenza di titolo edilizio in aree paesaggisticamente vincolate vige un principio di indifferenza del titolo necessario all’esecuzione di interventi in dette porzioni di territorio, configurandosi legittimo l’esercizio del potere repressivo demolitorio in ogni caso, a prescindere, appunto, dal titolo edilizio (SCIA o permesso di costruire) ritenuto più idoneo e corretto per procedere all’edificazione in zona vincolata.
Nel caso di specie, considerati i vincoli esistenti nell’area interessata e tenuto conto della mancata richiesta di autorizzazione paesaggistica, ne consegue che l’ordine di demolizione ingiunto al ricorrente è coerente con la normativa inderogabile poste a tutela dei vincoli sussistenti in zona.
Zone vincolate: la tettoia abusiva priva di titolo abilitativo e autorizzazione paesaggistica si demolisce di default
Per gli abusi edilizi eseguiti in assenza di titolo edilizio e di autorizzazione paesaggistica in aree vincolate l'esercizio del potere repressivo è legittimo a prescindere dal titolo edilizio ritenuto più idoneo e corretto per realizzare l'intervento edilizio nella zona vincolata.
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Pertinenze? No, c'è notevole carico urbanistico
Ma, in ogni, caso le opere contestate non possono essere considerate, secondo il TAR Campania, alla stregua di semplici pertinenze e, in quanto tali, sottoposte a SCIA con conseguente illegittimità dell’ordinanza di demolizione impugnata.
Infatti, ribadisce il TAR, in urbanistica ed edilizia la nozione di pertinenza è meno ampia di quella definita dall'art. 817 c.c.; la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad una oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma deve essere anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all'edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico (cfr. ex multis T.A.R. Catania n. 4564/2010), sicché gli interventi che, pur essendo accessori a quello principale, incidono con tutta evidenza sull'assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire.
Inoltre, manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera, come ad es. una tettoia, che ne alteri la sagoma.
In definitiva, nel caso di specie, non si può dubitare del fatto che servisse il permesso di costruire del fabbricato realizzato che, come descritto nell'ordinanza di demolizione impugnata, già solo per la dimensione non modesta, in quanto occupa “una superficie di mq 380,00 circa ed un volume di mc 2.331,00 circa”, non può qualificarsi pertinenza ai fini urbanistici, sì da escludere che lo stesso intervento sia sottoposto al preventivo rilascio del permesso di costruire.
E il muro di recinzione? Le regole: tra SCIA e permesso di costruire
Con riferimento al regime edilizio applicabile al muro di recinzione si richiama l'orientamento giurisprudenziale prevalente, secondo il quale, in assenza di precise indicazioni ritraibili dal Testo Unico Edilizia, le opere funzionali alla delimitazione dei confini dei terreni, quali recinzioni, muri di cinta e cancellate, non devono essere riguardate in base all'astratta tipologia di intervento che incarnano, ma sulla scorta dell'impatto effettivo che determinano sul preesistente assetto territoriale: ne deriva, in linea generale, che tali opere restano sottoposte al regime della SCIA ove non superino in concreto la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia, per essersi tradotte in manufatti di corpo ed altezza modesti, mentre abbisognano del permesso di costruire ove detta soglia, come nella fattispecie, risulti superata in ragione dell'importanza dimensionale dell'intervento (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 2 agosto 2022, n. 5234 e la giurisprudenza ivi richiamata: Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 gennaio 2016 n. 10 e 4 luglio 2014n. 3408; Cass. Pen., Sez. III, 11 novembre 2014 n. 52040).
E in effetti, quando il progetto prevede la realizzazione di una recinzione caratterizzata da un muretto di sostegno in calcestruzzo e rete metallica o inferriata sovrastante, come nel caso di specie, si determina una modifica notevole dell'assetto urbanistico e territoriale.
La recinzione viene dunque classificata come nuova costruzione e necessita del permesso di costruire. La valutazione sulla necessità, o meno, del permesso di costruire, va compiuta in base ai parametri della natura e delle dimensioni delle opere e della loro destinazione e funzione.
Demolizione illegittima per in pendenza di richiesta di sanatoria? No. Ecco perché
L'ultimo motivo di ricorso verte sul fatto che, secondo il ricorrente, l'ordine di demolizione deve ritenersi illegittimo qualora adottato in pendenza dell'istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del dpr 380/2001.
Non è affatto così, spiega il TAR. Infatti:
- l'accertamento di conformità va effettuato su iniziativa dell’interessato e non dell’amministrazione;
- la normativa urbanistica non pone alcun obbligo in capo al Comune, prima di emanare l’ordinanza di demolizione, di verificarne la sanabilità;
- la domanda di accertamento di conformità determina un arresto dell’efficacia dell’ordine di demolizione delle opere abusive, operante in termini di mera sospensione e non di inefficacia definitiva. In caso di rigetto dell'istanza di sanatoria, l’ordine di demolizione riacquista la sua efficacia e non vi è, dunque, una automatica necessità per l'Amministrazione di adottare, se del caso, un nuovo provvedimento di demolizione.
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Abuso Edilizio
L'abuso edilizio rappresenta la realizzazione di opere senza permessi o in contrasto con le concessioni esistenti, spaziando da costruzioni non autorizzate ad ampliamenti e modifiche illegali. Questo comporta rischi di sanzioni e demolizioni, oltre a compromettere la sicurezza e l’ordine urbano. Regolarizzare tali abusi richiede conformità alle normative urbanistiche, essenziale per la legalità e il valore immobiliare.
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